L’estate sta arrivando, e con lei anche i primi caldi. Qualcuno le chiama stagioni. Qualcun altro si lamenta che le stagioni non ci sono più. Altri ancora, specialmente negli appuntamenti dedicati alle previsioni meteo, lo chiama già “caldo record!”.

Aspettavo trepidamente di rivedere uno di quei servizi al telegiornale con le classiche immagini di repertorio (anziani che si asciugano la fronte con il fazzoletto, giovani che fanno il bagno nella fontana…) che danno le previsioni meteo e con titoli da urlo come “40 gradi percepiti in città” “In arrivo l’anticiclone africano”, o ancora l’immancabile “Caldo record!”. E ogni volta mi chiedo…

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Ma “record” rispetto a che???

Per stabilire un record, bisogna che ce ne sia uno precedente. Se ad esempio prendiamo come riferimento l’estate del 2003, che fu molto calda, allora ci può stare. Ma se invece non facciamo alcun riferimento, possiamo ancora parlare di record?

L’uso della parola “record”, senza un preciso riferimento, rende il tutto molto vago e vanifica il senso del termine stesso. D’altra parte è una parola magica che, se pronunciata in apertura delle previsioni meteo, vi terrà certamente incollati allo schermo!

La geniale invenzione del caldo percepito nelle previsioni meteo

Fino a pochi anni fa non esisteva. È la combinazione di temperatura e umidità che, insieme, danno una maggiore percezione del caldo. Ed ecco che i “40 gradi percepiti” rendono possibili titoli mirabolanti. Chi avrebbe altrimenti potuto citare i 40 gradi senza ricorrere alla fatale combinazione?

Lo stesso meccanismo vale naturalmente anche in inverno: “L’Italia nella morsa del gelo” è un titolo che potremmo definire un ever green. È proprio il caso di dire che le notizie sono come le stagioni. Insomma, qual è la notizia? Tutti gli inverni fa freddo, e tutte le estati fa caldo! Nessuna novità.

Italia nella morsa del gelo!

Il ciclo delle notizie

Il ciclo vitale delle notizie ha una sua dinamica: dallo scoop all’irrilevanza più assoluta in soli 7 giorni. Proprio come nelle previsioni meteo, sentirete spesso parlare insistentemente dello stesso argomento per 7 giorni, in modo più o meno approfondito, circostanziato, futile, banale o banalizzato, finché la notizia non tira più e non se ne trovano altre che possano continuare a mantenere alta l’attenzione su quell’argomento. Poi, si passerà alla novità successiva, finché lo stesso ciclo non si esaurirà.

Ricordo vividamente quando, alcuni anni fa, avvenne un grave incidente ferroviario di cui ovviamente diedero notizia tutti i mezzi di comunicazione. Sono cose che purtroppo accadono, raramente per fortuna. Quella settimana i media davano notizia di un incidente ferroviario al giorno, andandolo a cercare anche dove non c’era. Se ne parlò in tutte le salse per una settimana, fino a che diedero la notizia di un gruppo di pendolari rimasti bloccati in un vagone di un treno regionale a causa di alcune porte bloccate. Ma che notizie è?

“Nuovo incidente a Milano Centrale: pendolari intrappolati in un vagone”. Ricordo ancora le immagini: i viaggiatori impazienti dietro i vetri delle porte a soffietto in attesa che qualcuno le aprisse. Ma era davvero un incidente ferroviario quello? O semplicemente un disguido? A seguire, naturalmente, le previsioni meteo.

Ovviamente il servizio diede ampio spazio alle lamentele dei passeggeri una volta scesi dal treno. A noi esseri umani piace tanto lamentarci così tanto da dare modo di creare format televisivi basati proprio sulla lamentela: Quarto Grado, Quinta Colonna, Presa Diretta, solo per citarne alcuni.

Ma questa è un’altra storia e ne parlerò in un prossimo articolo.

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Silvio Malvolti

Silvio Malvolti

Ho fondato BuoneNotizie.it nel 2001 con il desiderio di ispirare le persone attraverso la visione di un mondo migliore. Nel 2004 ho costituito l'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, che oggi gestisce questa testata: una sfida vinta e pluripremiata.

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