L’innovazione digitale emerge come un elemento sempre più centrale nello sviluppo del comparto produttivo del nostro Paese. L’analisi dell’impatto della crisi pandemica sulla stabilità delle aziende evidenzia che la digitalizzazione è stato un forte antidoto alle difficoltà indotte dalle restrizioni sanitarie. Tra le strategie adottate anche lo smart working, reso possibile grazie agli investimenti tecnologici messi in campo dalle imprese, anche grazie alle politiche industriali.

Le risorse per la transizione tecnologica

Sull’innovazione digitale l’Italia investirà ingenti risorse per colmare i gap strutturali che la vedono in ritardo rispetto ad altri Paesi occidentali. Alla transizione digitale è destinato il 20 per cento della quota che spetterà al nostro Paese. Oltre 800 miliardi di euro verranno infatti erogati dall’Unione Europea nell’ambito del programma Next Generation UE (NGEU). L’Italia, il principale beneficiario insieme alla Spagna, ha inoltre destinato a progetti di innovazione digitale circa il 27 per cento dei 235 miliardi di risorse comprese nel proprio Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (222 miliardi).

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Innovazione tecnologica e professioni ICT

Il ruolo dell’Information and Communications Technology è in costante crescita come si può notare dalla crescita significativa delle professioni ICT. Hanno raggiunto nel 2020 il 4,3 per cento dell’occupazione totale nei Paesi dell’Unione Europea, il 3,6 per cento in Italia. Tra le imprese piccole o medie, quindi con almeno 10 addetti, più della metà del personale usa ormai quotidianamente computer connessi a Internet nell’attività lavorativa (il 56 per cento nell’UE 27 e il 53 per cento in Italia). Rimane tuttavia ancora un certo divario da colmare con le principali economie europee. Nel 2020 il numero di specialisti è aumentato di circa il 77 per cento in Francia, del 50 per cento in Germania e solo del 18 per cento in Italia.

Innovazione digitale: indicatori dello sviluppo

Il livello di sviluppo della digitalizzazione nel sistema delle imprese italiane viene rilevato attraverso lo studio delle modalità di gestione dei flussi informativi, della valorizzazione dell’informazione (Big data), dell’acquisizione di servizi cloud (posta elettronica, spazio di archiviazione, applicativi aziendali). A ciò si aggiunge lo studio della diffusione del commercio elettronico, dell’impiego di strumenti di automazione, delle tecnologie emergenti dell’intelligenza artificiale e della stampa 3D. In Italia si è passati dal 23 al 59 per cento per l’insieme dei servizi cloud, collocandoci al terzo posto in Unione Europea. Su questa tendenza positiva ha influito il piano Industria 4.0 contenuto nella Legge di Bilancio 2019 con gli incentivi fiscali per i costi legati all’utilizzo di software su piattaforme cloud.

Un caso di innovazione digitale: la fattura elettronica

Le imprese italiane risultano, grazie alle politiche di innovazione, a buon punto nell’uso di sistemi e dispositivi interconnessi a controllo remoto (Internet delle cose). Le politiche hanno quindi favorito la diffusione di strumenti e prassi digitali. Il caso più evidente riguarda l’automazione degli scambi di documenti commerciali. L’introduzione della fattura elettronica è avvenuta gradualmente anche grazie a premialità sancite a partire dalla legge di bilancio 2018. Nel 2019 le imprese italiane sono giunte così in vetta alla graduatoria europea: 95 per cento di utilizzo laddove solo il 30 delle imprese spagnole e il 20 in Francia e Germania ricorrono a questo strumento evoluto.

Le imprese e le nuove strategie post-Covid

L’accelerazione dell’innovazione digitale del comparto aziendale italiano avvenuto in seguito alla pandemia ha riguardato diversi aspetti. Sul piano dell’interazione con il pubblico, la consapevolezza delle imprese dell’importanza di una gestione efficace della propria presenza online è cresciuta per quantità e per articolazione dei servizi veicolati attraverso i social media. Aggiornamento del sito web, newsletter, webinar, eventi virtuali, occasioni di promozione e acquisto di beni hanno caratterizzato gli investimenti su questi canali di interazione con la clientela.

La transizione dal lato dei lavoratori: lo smart working

La digitalizzazione accelerata delle imprese e delle modalità di produzione ha inciso anche sui lavoratori. L’Italia era uno dei Paesi UE con minore sviluppo dello smart working. A fine 2019 lavorava da remoto circa il 5 per cento degli occupati, mentre nel secondo trimestre del 2020 si è oltre il 19 per cento. Come ci spiega questo articolo, il lavoro a distanza vissuto in questa fase presenta differenze rilevanti tra i settori d’attività. In poche settimane si è colmato quindi in molti settori il divario nell’uso del lavoro a distanza. Questo grazie a un incremento estremamente rapido degli strumenti, anche tecnologici, messi a disposizione dei dipendenti. Dotazione che rende possibile immaginare lo strutturarsi di modalità di lavoro agile anche ad emergenza conclusa.

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Davide Scorza

Davide Scorza

Davide Scorza, educatore in servizi dedicati ai giovani e allo sviluppo di comunità. Curioso delle potenzialità di applicazione dei media in ambito sociale. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista.

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