La cattura e il sequestro dell’anidride carbonica è una delle più importanti scoperte degli ultimi anni in scienze ambientali. Questo sistema permette di purificare l’atmosfera e successivamente condensare la CO2 per ottenere nuovi materiali, in particolare combustibili. Si tratta quindi di una tecnologia sperimentale e costosa, e per questo ancora poco diffusa.

La tecnologia

Tutti impianti definiti DAC (“Direct Air Capture”, ovvero cattura diretta dell’aria) seguono lo stesso procedimento. L’aria viene aspirata da grandi ventole e passa attraverso un materiale filtrante, al quale si lega l’anidride carbonica. Una volta che il filtro risulta saturo, questo viene isolato ermeticamente e si riscalda fino a 100 gradi. Così facendo la CO2 si separa dal filtro e può essere immagazzinata. I suoi utilizzi possono essere diversi: l’impianto Orca, in Islanda, combina la CO2 catturata in questo modo con l’acqua e la inietta nel sottosuolo, dove si solidifica. Mentre l’impianto di Hinwil, in Svizzera, la rivende alle aziende produttrici di bibite gassate o la destina alle serre locali, le cui piante la trasformano in energia. E lo stesso possono fare i mezzi di trasporto, poiché se si unisce l’anidride carbonica all’idrogeno si può ottenere un carburante liquido.

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Un investimento sul futuro

L’azienda di riferimento per questo settore è attualmente la svizzera Climeworks, che ha costruito i due impianti sopracitati (ai quali se ne aggiunge uno sperimentale in Puglia). Secondo Stephen Pacala, professore dell’Università di Princeton, si tratta di un mercato dalle vaste potenzialità (anche economiche).
I limiti maggiori attualmente sono i costi di costruzione, mantenimento e operatività delle strutture. Christoph Gebald e Jan Wurzbacher, fondatori di Climeworks, hanno spiegato che la rimozione di una tonnellata di anidride carbonica costa dai 500 ai 700 euro. La loro scommessa è che questa cifra si riduca nei prossimi anni, in particolare per quanto riguarda il costo della produzione degli strumenti. Infatti la maggior parte di questi è ancora costruita a mano, il che li rende particolarmente costosi. Non a caso uno degli obiettivi dell’azienda è meccanizzare il più possibile il processo, in modo da aumentare la produttività e l’efficienza senza inficiare la qualità.

Gli investimenti nella cattura dell’anidride carbonica non sarebbero comunque sufficienti per risolvere il problema dell’inquinamento atmosferico. Questo è infatti influenzato in primis dalle emissioni di industrie (alimentari e non solo) e mezzi di trasporto. La loro riduzione rimane dunque il nodo principale, e la complessità del problema rende necessaria una collaborazione di ampio respiro tra le varie aziende, ma soprattutto tra le nazioni, in particolare quelle più coinvolte nel consumo di energie non rinnovabili come Cina, Stati Uniti, India, Brasile e Russia.

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Riccardo Ruzzafante

Riccardo Ruzzafante

Riccardo Ruzzafante, ho studiato Scienze Storiche all'Università di Torino. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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