L’industria della moda ha un ruolo determinante nel riscaldamento globale. Secondo numerosi studi il settore fashion è oggi il secondo più inquinante al mondo, dopo quello del petrolio e del gas. Per questi motivi l’evoluzione della moda e dei settori a essa legati saranno determinanti per contribuire al salvataggio del nostro pianeta. Molte sono le idee e le innovazioni che nell’ultimo periodo si sono mosse in questa direzione, una vera rivoluzione nell’evoluzione della moda mondiale.

L’impatto ambientale della moda

L’industria della moda rappresenta il 20% dell’inquinamento idrico industriale globale, oltre a essere il secondo principale contributore alle emissioni di gas serra, stando al World Economic Forum. Le fabbriche tessili utilizzano migliaia di sostanze chimiche, molte cancerogene, per fare vestiti. A questo va aggiunto che la stragrande maggioranza degli abiti sono fatti in plastica. Questa va poi a finire negli oceani come microplastica, creando delle catastrofi per l’ambiente marino.

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L’evoluzione della moda ha portato il mercato di articoli economici a livelli altissimi di profitto. Secondo una stima, nel 2014 le persone hanno acquistato il 60% di capi in più rispetto al 2000. La fast fashion è il settore della moda che nell’ultimo ventennio è più che raddoppiato. Purtroppo è anche quello che ha gli impatti più significativi sul nostro pianeta. Nel deserto di Atacama, in Cile, si trovano oltre 39mila tonnellate di abiti provenienti da mercati occidentali che sono stati usati per breve tempo. Risultato di un consumismo sfrenato e di costi di smaltimento o riciclo troppo alti.

L’evoluzione della moda sostenibile

Il  movimento sta crescendo e punta a realizzare abiti in maniera sostenibile per l’ambiente. Materiali ecocompatibili che non danneggiano nessuno durante il processo di realizzazione e che utilizzano risorse naturali. Sicuramente questa produzione ha un costo più alto e profitti minori per i produttori. Ma si compenserà largamente dal guadagno in costo ambientale, qualità dei tessuti, salute e longevità degli abiti. Quest’ultima in special modo si sta riscoprendo molto in voga grazie all’innovazione tecnologica.

La moda cerca di diventare più sostenibile impattando meno sulla CO2 prodotta nel

La moda cerca di diventare più sostenibile impattando meno sulla CO2 prodotta sul nostro pianeta.

Una ‘seconda’ mano all’evoluzione della moda

Si è calcolato che il 30-40% dei vestiti prodotti non saranno mai acquistati e il 35-45% di quelli che acquistiamo non li indossiamo. Ecco perché si stanno diffondendo sempre più vie alternative all’acquisto, spesso anche semplicemente per liberare spazio dal guardaroba. Scambi con amici o familiari, organizzare mercatini dell’usato, provarne altri online (es. Depop) o utilizzare delle intuitive applicazioni direttamente da smartphone, come Vinted o Wallapop. Infatti allungare la vita a un capo d’abbigliamento significa fare lo stesso con il nostro pianeta.

Salvare gli animali per salvare noi stessi

Non va dimenticato anche l’impatto indiretto dell’ambiente, ovvero la caccia agli animali per le loro pellicce. Infatti praticamente tutti i maggiori brand di moda stanno decidendo di rinunciare alle pellicce naturali. Dall’inizio di questo 2022 anche Dolce&Gabbana ha deciso di dismettere l’uso della pelliccia animale in tutte le sue collezioni. Un annuncio che segue la legge italiana, appena entrata in vigore, che vieta allevamenti e l’uccisione di qualsiasi animale per ricavarne pellicce. Entro il 2025 seguiranno la Norvegia e altri Paesi europei, mentre la California entro il 2023 vieterà la vendita di pellicce.

Una svolta significativa nell’evoluzione della moda verso un modello più sostenibile e cruelty-free.
Confermata anche dal declino del mercato annesso. I 40 miliardi di dollari in pellicce del 2015 sono diventati appena 33 nel 2018. “Gli oggetti che una volta erano uno status symbol stanno rapidamente diventando un segno di vergogna”, sostiene Yvonne Taylor, senior manager PETA UK (People for Ethical Treatment of Animals). I marchi decidono quindi di passare alle pellicce sintetiche, senza dimenticare di utilizzare materiali riciclati, riciclabili o comunque sostenibili.

Un’insolita idea per un’evoluzione della moda ecologica

Come abbiamo visto molti sono i metodi con cui possiamo rendere la moda più sostenibile. Tra le nuove tendenze, la più insolita è senza dubbio quella di Zsofia Kollar. Infatti la designer che vive ad Amsterdam realizza abiti con capelli umani. Per sostenere la sua attività, la signora Kollar va in giro per parrucchieri a raccogliere il suo “tessuto”. “In Europa vengono generati 72 milioni di kg di rifiuti di capelli umani. Questi sono scarti che finiscono nelle discariche e si accumulano in grandi quantità, soffocando i sistemi di drenaggio” spiega Zsofia Kollar.

La designer ha così fondato Human Material Loop, una soluzione pratica al problema. Ci sono altri aspetti che l’azienda evidenzia come vantaggiosi in questa pratica. Come il fatto che ovunque nel mondo si potrebbero produrre abiti in loco, infatti chiunque avrebbe a disposizione la materia prima. Questo inoltre permette il “chilometro zero”, evitando l’inquinamento di CO2 per il trasporto. E anche un vantaggio nel trattamento. Infatti i capelli, a differenza dei peli degli animali che hanno bisogno di sostanze chimiche, sono già “puliti” e pronti all’uso.

Un’innovativa frontiera raggiunta dall’evoluzione della moda per fare fronte alla crisi ambientale, di cui “Dutch Blonde” costituisce il primo prototipo al mondo.

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Riccardo Pallotta

Riccardo Pallotta

Laureato in comunicazione e marketing con una tesi sul brand journalism. Attore e speaker radiofonico in Italia e all'estero. Social media manager. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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