La new space economy è la frontiera più ambita del futuro ma, a dispetto del nome, guarda molto oltre lo spazio. Molti italiani (e non solo) hanno seguito con ammirazione e curiosità i racconti di viaggio dell’astronauta Samantha Cristoforetti, prima donna europea al comando dell’ESA.

Questo inedito coinvolgimento pop ha permesso, anche a non addetti ai lavori, di familiarizzare con una realtà sempre più evidente: lo spazio è un’entità tangibile esplorata dall’uomo sempre più agevolmente, per raccogliere dati grazie ai quali studiare, costruire e sperimentare tecnologie spaziali e digitali. La combinazione di opportunità tecnologiche racchiude potenzialità e ricadute su settori molto concreti, come la protezione ambientale, l’agricoltura e la gestione delle risorse terrestri. In quest’ottica, la new space economy è il germoglio di una nuova catena del valore, cross-settoriale e cross-tecnologica.

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La centralità della new space economy su scala globale, europea e nazionale

I risultati della ricerca condotta dall’Osservatorio space economy della School Management del Politecnico di Milano danno la misura del mercato e degli investimenti in atto, sia sul fronte governativo e istituzionale che su quello privato.

I budget governativi in favore dei programmi spaziali, a livello mondiale, si assestano complessivamente tra gli 87 e i 100 miliardi di dollari. La “classifica” di spesa dei singoli Stati e delle organizzazioni intergovernative per il 2021 è capitanata dagli USA con 43 miliardi di dollari; segue l’Europa con 12 miliardi per potenziare i propri sistemi spaziali (si vedano Copernicus, EGNOS e Galileo) che contano già oltre 30 satelliti in orbita. La previsione di spesa per il settennato 2021-2027 ammonta a quasi 15 miliardi di dollari, uno stanziamento record rispetto al passato.

Degli 88 Paesi al mondo che investono in questa direzione, solo quattordici hanno capacità di lancio e tra questi, l’Italia risulta tra i nove dotati di un’agenzia spaziale con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno, nonché terzo maggior contribuente dell’Agenzia spaziale europea (590 milioni di euro nel 2021).

Alla new space economy l’Italia ha destinato parte dei fondi del PNRR nell’ambito della missione sulla digitalizzazione e 4,7 miliardi di euro con il Piano strategico nazionale, che delinea le cinque linee programmatiche.

Gli investimenti privati nelle start up che si rivolgono a questo mercato sono altrettanto cospicui. Nel 2021 infatti, la stima di finanziamenti a livello globale ha raggiunto oltre 12 miliardi di euro e un crescente coinvolgimento azionario, con 606 imprese quotate in borsa a dispetto dell’unico caso dell’anno precedente.

New space economy per la sostenibilità: in che modo?

Al termine dei Copernicus master a dicembre 2022, l’Agenzia spaziale italiana ha premiato tre italiani (su 22 premiati) per aver proposto Saferplaces, un progetto di piattaforma globale rivoluzionaria «per supportare più utenti nella valutazione del rischio di alluvione per le città di tutto il mondo e agire di conseguenza sulla base di dati satellitari, proiezioni climatiche e algoritmi di AI, per rendere le nostre più città resilienti» ha dichiarato Stefano Bagli, CEO e Co-fondatore del progetto.

Riguardo gli strumenti della new space economy che hanno un impatto diretto sui 17 SDGs dell’Onu, si è espressa recentemente su Wired l’astrofisica Simonetta Di Pippo, neo direttrice dello Space Economy Evolution Lab dell’Università Bocconi, che ha definito l’economia dello spazio «il filo conduttore delle economie del futuro».

Le tecnologie satellitari sono il motore principale. Infatti consentono di realizzare, ad esempio, mappe di copertura del suolo, per lo sviluppo di nuovi modelli climatici costantemente aggiornati e predittivi sulla deforestazione. In aggiunta, monitorare la suscettibilità delle zone a rischio idrogeologico, gli impianti di “accesso a energia pulita”; ma anche i campi dei raccolti, per efficientare l’agricoltura di precisione e i livelli di inquinamento atmosferico fino alle zone più remote.

Le sfide del futuro nell’economia dello spazio

I 169 sotto-obiettivi dell’Agenda 2030 per la sostenibilità, secondo Di Pippo possono essere soddisfatti al 50% attraverso l’uso dello spazio tramite l’integrazione delle tecnologie, come prima sfida. Di pari passo, l’ambizione di creare, grazie ai dati, uno “Space for net zero”, il cui ruolo è stato analizzato dal Global Future Council on Space del WEF.

Per rendere possibile uno sfruttamento sostenibile di questi strumenti è necessario potenziale gli “in-orbit servicing” che permettono la rimozione dei rifiuti dalle orbite e la manutenzione degli impianti. A tal proposito si parla molto dei detriti spaziali che gravitano intorno alla Luna, in virtù dell’oggetto spaziale che impatterà sul satellite naturale il prossimo marzo.

Infine, seppur ancora in fase di valutazione di fattibilità, l’orizzonte più sfidante resta l’economia degli asteroidi. Da una parte l’estrazione dei minerali come le terre rare, cosiddette Made in space, da “riportare” sulla Terra così come il filone del collettori solari che permetterebbero di assorbire energia da trasferire sul nostro Pianeta.

«Con investimenti e collaborazioni ci si potrà arrivare», assicura Simonetta Di Pippo.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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