Gli alberi sono alla base del delicato equilibrio degli ecosistemi naturali, influenzando – in positivo e in negativo – sia lo stato della biodiversità che dell’inquinamento atmosferico. Di contro, il fenomeno della deforestazione, per cui scompaiono o si riducono di molto grandi porzioni di superficie forestale, è tutta responsabilità, diretta o indiretta, dell’uomo e delle attività che porta avanti sfruttando le risorse naturali.

Ci sono però anche esempi in controtendenza, grazie agli ultimi sviluppi normativi e a soluzioni di contrasto, da cui si registrano miglioramenti rilevanti nel quadro complessivo.

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Le cause della deforestazione in dati

Secondo il WWF, nel trentennio 1990-2020, la superficie forestale si è ridotta di oltre 420 milioni di ettari, con un ritmo di circa 4,7 milioni di ettari all’anno. La porzione di superficie degradata corrisponde a un’area equivalente all’estensione dell’Europa, tra cui figura al primo posto l’ecocidio dell’Amazzonia per via dello scorso governo Bolsonaro.

I fattori responsabili sono molteplici. Innanzitutto la cementificazione, le attività minerarie, edilizie e il taglio degli alberi per lo sfruttamento del legname, nonché i copiosi incendi appiccati arbitrariamente. A questo si aggiunge il consumo di alcuni prodotti, frutto dell’agricoltura industriale e degli allevamenti intensivi, che incidono per un quarto nelle emissioni di gas climalteranti secondo l’IPCC.

La portata e la natura di questi consumi viene analizzata nell’ultima valutazione d’impatto elaborata dalla Commissione europea. I prodotti importati dall’UE, frutto della conversione delle foreste in coltivazioni, sono soprattutto olio di palma e soia (34% e 32%). A seguire legno, cacao e caffè che oscillano tra il 7% e il 9% e infine gomma e mais (dal 2% al 4%).

Questi numeri consacrano l’UE come secondo maggior importatore di deforestazione tropicale al mondo, dopo la Cina. L’Italia nello specifico, con i propri consumi, causa la distruzione di 36 mila ettari di foreste all’anno.

La nuova legge dell’Ue per lo stop alla deforestazione

A tal proposito, il 6 dicembre scorso si è ufficializzato l’accordo politico tra il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa per regolamentare le catene di approvvigionamento a deforestazione zero. Si tratta della prima legge al mondo che passa al setaccio le filiere di alcuni prodotti specifici presenti nel mercato comune e non varrà solo per i Paesi Ue, ma anche extra-europei.

La nuova legge prevede infatti che tutte le aziende che operano nell’import-export dei prodotti in questione, compresi gli allevamenti e i derivati come mobili o cioccolato, dovranno attenersi a regole scrupolose per assicurare la tracciabilità dall’origine al consumatore. La certificazione presentata dovrà obbligatoriamente essere basata su immagini satellitari e coordinate gps.

A questo fine, è partita due anni fa la campagna guidata dal WWF #Together4Forests, che ha ricevuto l’appoggio di 1,2 milioni di cittadini e 220 Ong in tutto il mondo e ora ha trovato finalmente riconoscimento concreto. “Il passo ulteriore da raggiungere, sarà includere in questo sistema di controllo anche altri ecosistemi naturali, come le praterie e le zone umide” ha ribadito Anke Schulmeister-Oldenhove, responsabile delle politiche forestali all’Ufficio politiche europee del WWF.

L’inversione di tendenza per l’Italia all’insegna della rigenerazione

Nell’ultimo report su deforestazione e desertificazione, l’Italia risulta in netta controtendenza con il fenomeno, grazie all’abbandono delle aree agricole marginali collinari e montane, che ha permesso l’aumento di superficie forestale. Si tratta perlopiù di boschi giovani e quindi poveri di biodiversità, ma è un processo di rigenerazione naturale che va incentivato nel prossimo futuro. Un primo passo è stato promuovere le certificazione di alcune aree, come le Alpi o in Sardegna per la produzione del sughero, dato il prelievo annuale di 1,6 miliardi di metri cubi di legname da parte delle industrie.

Di pari passo, avanzano anche i progetti di rigenerazione urbana. L’ultima mappatura quinquennale, pubblicata nel Global Forest Resources Assestment 2020 della FAO, conferma il trend positivo italiano: negli ultimi cinque anni abbiamo assistito a una crescita forestale di 255 mila ettari, per un totale di 11,4 milioni di ettari sul territorio italiano, di cui 9,4 milioni sono foreste.

L’obiettivo finale viaggia su due fronti: a valle, occuparsi di rigenerare il verde degradato o scomparso, curarlo affinché possa durare e a monte, ridurre drasticamente le attività di deforestazione per raggiungere la carbon neutrality o addirittura assorbire più CO2 di quella che si immette. L’esempio più recente in tal senso arriva da oltreoceano, dove la Tasmania è divenuto il terzo Paese al mondo carbon-negative.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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