Lavorare sulla crescita personale attraverso l’esperienza del viaggio umanitario

Sono molte le persone che non fanno la differenza tra cosa sia un viaggio e cosa una vacanza. “Il viaggio scrive Anne Carson, poetessa canadese – ha una sola regola: non tornare come si è partiti”.

Cimentarsi in attività come queste permette alle persone che le praticano di aiutare chi è meno fortunato, di sentirsi utili e di cambiare la percezione del mondo in cui vivono. L’esperienza di volontariato internazionale o volonturismo comporta una crescita personale: venire a contatto con culture, persone e situazioni diverse dalla propria, permette di vedere in prospettiva la propria condizione e visitare alcuni luoghi di grande povertà, porta a lamentarsi meno di cose superflue e in generale ad apprezzare molto di più la vita.

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Cos’è il volonturismo e chi è il volonturista

Il volonturismo, proprio come il volontariato internazionale, è una forma di turismo alternativo che consiste nell’offrire i propri servizi a popolazioni svantaggiate durante un soggiorno all’estero. A differenza del volontario però, il volonturista non opera solo attraverso associazioni o ONG ma, anche come singolo, sentendosi in dovere di aiutare le persone meno fortunate che abitano nei Paesi in via di sviluppo.

Come? Anche attraverso un semplice abbraccio. Le bolle di sapone vanno alla grande quando si tratta di bambini, così come i palloni o le matite colorate. Take me Back, l’associazione italiana di volontariato internazionale invece, ha optato per doni didattici.

Take me back: dal volonturismo al volontariato internazionale

L’associazione italiana onlus Take me Back di Andrea Mariani e Antonio di Leonardo nasce da un’esperienza di volonturismo proprio durante un viaggio e si trasforma successivamente in volontariato internazionale. 

“Nel novembre del 2015 – raccontano sul sito web dell’associazione- Andrea e Erika hanno intrapreso un viaggio itinerante in Sri Lanka e durante questo percorso hanno conosciuto una famiglia davvero speciale: un padre riparatore di biciclette, una madre e i loro quattro figli, che li hanno accolti dentro casa – un locale di circa 20 metri quadri a ridosso della giungla – trattandoli come ospiti speciali e condividendo con loro l’intimità familiare”.

Al momento della partenza, la famiglia non ha chiesto ai due ospiti soldi, ma di recapitare loro le fotografie che Erika aveva scattato durante la permanenza così che restassero in ricordo dei momenti passati insieme. Consapevoli delle difficoltà nel far arrivare il pacco dall’Italia fino allo Sri Lanka, i due ragazzi si sono affidati ad Antonio, un loro amico, che l’anno successivo ha visitato il Paese e recapitato le fotografie alla famiglia. Questo è stato lo spunto che ha ha dato vita all’associazione di volontariato internazionale Take me Back. Il loro operato è stato documentato attraverso il film Serendip uscito il 30 settembre 2021 su Netflix.

Il giornalista italiano Carlo Pizzati volonturista a Calcutta

Come Antonio di Leonardo e Andrea Mariani di Take me Back, esistono altre persone che hanno a cuore il bene altrui e Carlo Pizzati ha voluto documentare l’attività del volonturista praticata da giovani viaggiatori a Calcutta: molti sono i ragazzi che si recano nella “Città della Gioia” in cerca di un’esperienza che cambi loro la vita. Anche Carlo Pizzati, per vivere a pieno l’avventura è diventato lui stesso volonturista per una giornata prestando servizio alla casa delle missionarie di Madre Teresa di Calcutta.

“Qui si fa qualcosa di concreto – Carlo Pizzati riporta le parole di un suo compagno d’avventura nel suo libro (La tigre e il drone, Marsilio editori, 2020)–  mi servirà quando penserò che le cose mi vanno male in Germania, quando mi arrabbierò perché non c’è il WiFi o non si trova uno Starbucks all’angolo. Allora ricorderò che ho rasato la barba a un malato tremolante a Calcutta”. 

Il giornalista parla allo stesso tempo di euforia ed energia che va in crescendo, pur attorniata da sofferenza e morte: “Più sono disgustosi e umili i lavori – scrive Carlo Pizzati –  più forte è la carica che l’eseguirli sembra infondere nel volontario”. 

Tagliare le unghie dei piedi e delle mani ai malati, svuotare loro i pappagalli, riassettare i letti, lavare piatti e bicchieri sono solo alcune delle tante attività che il volonturista esegue con gioia e serenità per gli ospiti della congregazione perché sicuramente sono i modi più belli e umili che fanno sentire l’uomo utile in qualcosa di importante.

Sì all’aiutare il prossimo, ma attenzione a ciò che si dona

Non c’è una separazione forte e netta tra volonturismo e volontariato internazionale. Lo scopo di chi intraprende queste due attività è lo stesso: aiutare il prossimo. Non hanno importanza i mezzi attraverso cui lo si fa e se ci si muove con associazioni, onlus o singolarmente, quello che conta è farlo e rendersi utili alle comunità meno fortunate e operarsi a finché queste si sviluppino nel loro piccolo.

Attenzione però a una cosa fondamentale: per aiutare davvero chi ne ha bisogno, ci si dovrà limitare sul donare liquidità, soprattutto ai bambini che si trovano per strada. Questi, molto spesso lavorano per un “padrone” e i soldi non restano loro quasi mai. Per questo, è sempre meglio acquistare cibo, bevande, vestiti, medicine o articoli di qualsiasi genere utili al ragazzo e non rivendibili, piuttosto che mettere loro tra le mani i contanti.

Oltre a ciò, anche regalare dolci può non essere una buona idea. Vero è che questo genere di doni rendono felici i bambini, ma i dentisti in alcuni posti non ci sono, e se ci sono, non tutti possono permettersi di andare a far vedere i propri denti in caso di problemi. Quindi, meglio regalare cibi sani per denti sani.

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Giorgia Tirocchi

Giorgia Tirocchi

Giorgia Tirocchi, aspirante pubblicista, amo raccontare i miei viaggi tramite i miei scatti e le mie parole. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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