Social network: effetti sull’incremento dell’utilizzo da parte degli adolescenti durante il lockdown.

Gli adolescenti sono forse la categoria che più fra tutte ha risentito dell’isolamento forzato causa emergenza sanitaria. Sia il primo che il secondo lockdown hanno messo a dura prova i ragazzi, che si sono adattati alla didattica a distanza e a tutte le conseguenze derivate. Buonenotizie.it ha intervistato Marco Sasson, uno psicologo che ha seguito diversi adolescenti durante la pandemia, e una ragazza di 17 anni, studentessa al liceo linguistico, per meglio comprendere se e quanto i social network siano stati di supporto in questo periodo.

Social network: quanto e come sono stati usati

Com’era prevedibile, durante la pandemia c’è stato un incremento dell’utilizzo dei social network. Tale incremento si vede soprattutto nel numero di utenti sui social: +13% della popolazione mondiale (pari a circa 490 milioni di persone) nel corso dell’ultimo anno.

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Gli adolescenti hanno vissuto questo incremento più di altre categorie: Lo racconta Giulia (nome di fantasia):”Stare chiusa in casa tutto il giorno mi ha causato disagio. In generale, sentivo un senso di vuoto e di solitudine costanti. Se già prima i social network venivano usati nei momenti morti della giornata, si capisce quanto siano stati usati durante l’isolamento. A volte io e le mie amiche li utilizzavamo così tanto – anche cinque ore di seguito – che ci sentivamo costrette a disinstallare le applicazioni per “disintossicarci”, per un po’; salvo poi riscaricarli: era l’unico modo per mantenere un contatto con la realtà. Io e i miei amici abbiamo usato spesso Meet per studiare insieme, perché era difficile trovare da soli la motivazione per farlo“.

E questo è positivo o negativo? Marco Sasson risponde: “Non è facile dare una risposta generale. Sicuramente, i social hanno permesso e permettono di mantenere un contatto sociale, fondamentale soprattutto per gli adolescenti. Certo è, però, che devono essere usati in maniera consapevole, cosa che spesso non accade. Questo è un grosso tema di educazione culturale e penso che la famiglia, per questo, sia stata e sia fondamentale. Gli adulti devono educare gli adolescenti e metterli in guardia dai pericoli del mondo digitale. Tuttavia, ho notato che proprio gli adulti si sono posti in maniera più aggressiva sui social, comportamento che, tendenzialmente, non ho notato negli adolescenti“.

Quando i social non bastano

Anche la famiglia stessa ha avuto un ruolo determinante durante il lockdown: “Si stava sempre insieme, quindi era importante andare d’accordo con tutti i membri della famiglia. Personalmente, credo che il segreto fosse trovare un equilibrio tra i momenti di solitudine e quelli di condivisione. La privacy è imprescindibile e lo è stata anche e soprattutto in quel periodo, ma isolarsi completamente è sbagliato. Io ho cercato di crearmi una routine quanto più sana possibile e così anche i miei amici” spiega Giulia.

A tal proposito, Marco Sasson dichiara: “La famiglia deve aiutare a dare un senso a questo imprevisto che si è abbattuto in maniera improvvisa sulle nostre vite. Gli adolescenti oggi sono una generazione che ha voglia di guardare al proprio mondo interiore. Durante il lockdown, infatti, ho notato un incremento di pazienti dai 13 ai 18 anni e sarebbero stati molti di più se non ci fossero stati problemi di tipo logistico“.

Il mondo digitale viene in soccorso

Molti adolescenti, durante l’isolamento, hanno utilizzato i social network come fruitori di notizie: “Le prime settimane io e le mie amiche guardavamo le conferenze di Conte, ma poi abbiamo iniziato a seguire le notizie sui social. Molte pagine danno aggiornamenti quasi in tempo reale: “Orgoglio milanese”, ad esempio, è una pagina che faceva stories accurate ma sintetiche grazie alla quali riuscivamo a tenerci aggiornate” racconta Giulia.

Che i social network siano adatti alla fruizione di notizie o meno, il mondo digitale viene comunque in soccorso. In particolare, l’azienda inglese Bounce Works ha lanciato il progetto “Apart of Me. “Apart of Me” è un’applicazione scaricabile gratuitamente; si tratta di un gioco terapeutico sviluppato da psicologi infantili e giovani che hanno affrontato il dolore di una perdita e che hanno trasformato le tecniche di terapia del lutto in un magico mondo 3D. Sul piano clinico, la terapia del lutto è costosa e non accessibile o abbastanza interessante per i giovani.

Descrizione del gioco: “Apart of me ti porterà su una meravigliosa e pacifica isola dove incontrerai tantissime creature amichevoli. Una guida ti accompagnerà offrendoti supporto durante tutto il percorso. La tua guida ti aiuterà a esplorare, capire, accettare ed esprimere il tuo lutto e le tante emozioni a esso connesse. Man mano che avanzerai nel gioco, scoprirai tutta la tua forza e la tua saggezza. L’isola è un posto sicuro in cui puoi iniziare a elaborare il lutto in base ai tuoi tempi, ricordando la persone che hai perso e ascoltando le storie di altre persone che come te hanno perso qualcuno che amavano“.

I social network e internet più in generale sono portali pieni di risorse ma che nascondono altrettanti pericoli: è quindi di fondamentale importanza fare educazione in questo senso per poter sfruttare al meglio e coscienziosamente le opportunità del digitale.

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Sofia Greggio

Sofia Greggio

Sofia Greggio. Correttrice di bozze, editor e ghostwriter, ho seguito corsi di editoria come lettura professionale, scouting e consulenza editoriale e un master in scrittura creativa. Oltre al mondo dei libri, sono appassionata di civiltà orientali e infatti studio Antropologia all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

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