Di dolore pelvico cronico – ovvero un dolore persistente nell’area pelvica che caratterizza  condizioni come vulvodinia, endometriosi, neuropatia del pudendo e ipertono pelvico – soffre il 26% delle donne. 

Un numero chiaramente rilevante che però non sembra interessare più di tanto né la politica né la ricerca medica. Ad oggi infatti non ci sono leggi specifiche che tutelino le persone che soffrono di queste patologie. Sia sul posto di lavoro che attraverso esenzioni per le cure. Dal punto di vista sanitario c’è un enorme problema di conoscenza di queste patologie da parte del corpo medico e un tempo di diagnosi molto lungo.  Inoltre, i centri specializzati sono pochi, quasi sempre privati e mal distribuiti sul territorio italiano.

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La risposta delle donne

Come spesso è successo però, le donne non si sono arrese al silenzio delle istituzioni e hanno a più riprese fatto sentire la loro voce attraverso proposte di legge, manifestazioni, progetti e opere di sensibilizzazione. Tra queste rientra sicuramente Hale, un supporto digitale per il benessere mentale e sessuale di chi soffre di dolore pelvico cronico. Il progetto è stato ideato da Gaia Salizzoni e Vittoria Brolis. È lei la protagonista della nostra intervista che oggi ci racconterà del perché è nato Hale e di quali sono i problemi che questo progetto vuole affrontare.  

Siamo nate nel 2021 come un’iniziativa di pazienti che in maniera molto spontanea ha deciso di iniziare a parlare di queste patologie per rompere un tabù, ovvero quello sulla sessualità e intimità femminile. Abbiamo iniziato a parlare delle nostre storie attraverso una comunicazione che fosse accessibile e chiara. 

Entrambe ci abbiamo impiegato anni per trovare una diagnosi corretta. Abbiamo trovato molto stigma, anche a livello medico, poca comprensione delle nostre casistiche e tanta difficoltà a parlarne apertamente.  Sono malattie cosiddette invisibili, perché hanno in comune il dolore. E il dolore non è invisibile. Il dolore è un’esperienza personale, emotiva e sensoriale. Il dolore può essere messo in dubbio. Ad un dolore si può non credere. Il dolore femminile, soprattutto, viene creduto di meno, accettato di più e troppo spesso normalizzato.”

Partito come moto di ribellione rispetto ad un’esperienza personale traumatica, Hale nel tempo si è evoluto sempre di più arrivando a creare una vera e propria community e un supporto concreto per chi ne soffre. Nel 2022, Hale vince addirittura il premio come miglior impresa sociale del 2022

Community, sensibilizzazione e ricerca

Tre sono gli aspetti che stanno particolarmente a cuore al progetto. In primis, la volontà di fare sensibilizzazione sul dolore pelvico cronico per chi ne soffre e per chi ci convive come partner, amicizia o famigliari. A Hale interessa inoltre supportare la ricerca scientifica che si occupa di salute femminile al fine di accrescere la conoscenza in questo campo. Raccogliere dati e ricercare terapie specifiche per queste patologie è fondamentale per migliorare la qualità della vita di chi soffre di dolore pelvico cronico

Il terzo punto su cui punta forte Hale è sicuramente quello di offrire supporto digitale al fine di migliorare il benessere mentale e sessuale e quindi la qualità della vita delle pazienti. 

L’idea che non ci si possa prendere cura solo di una parte, ovvero il corpo, quando si parla di patologie croniche è alla base del nostro agire. Anche la mente, infatti, impara i meccanismi del dolore e va quindi supportata. Con il nostro programma Wave – dall’idea che come con le onde, il dolore lo devi surfare e mai affrontare di faccia – abbiamo creato, con l’aiuto di esperte, un percorso personalizzato di otto settimane che include tecniche di psicologia e sessuologia. Nel concreto le pazienti ricevono contenuti educativi, esercizi per il benessere sessuale e l’ascolto del proprio corpo e la possibilità di entrare in contatto con una community. Uno spazio sicuro in cui condividere la propria esperienza e trovare alleate.”

L’aspetto della community è l’impatto più visibile e concreto che il progetto di Hale ha potuto osservare e di cui le fondatrici vanno più fiere. “La prima reazione che spesso osserviamo è proprio quella legata alla gioia di essere credute. Scoprire di non essere l’unica e di non essere pazza come a volte viene detto. Trovare qualcuno di cui fidarsi e che ti accompagni nel percorso che per i dolori cronici è spesso lungo è spesso un primo grande passo. Noi attraverso anche una comunicazione sdrammatizzante (ma mai minimizzante) cerchiamo di aiutare le pazienti a non perdere la motivazione. Non far sentire le persone sole è forse il primo grande risultato di Hale”.

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Camilla Valerio

Camilla Valerio

Mi piace scrivere di diritti, sport, attualità e questioni di genere. Collaboro con il Corriere del Mezzogiorno e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al progetto formativo realizzato dall'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo.

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