Il giornalismo ha avuto le sue responsabilità nel creare l’infodemia da Covid-19: quali sono le soluzioni?

Nell’ultimo anno, secondo il Digital News Report del Reuters Institute, la fiducia degli italiani nei confronti della stampa si è sensibilmente ridotta: dal 40% del 2019 si è passati al 29% del 2020. Si tratta di un dato che fotografa una situazione preoccupante nel nostro Paese, nel quale per un anno la stampa ha avuto il difficile compito di porsi come tramite tra le istituzioni sanitarie e il cittadino allarmato.

Secondo il report “CoViD-19 e stress da pandemia” di Massimo Biondi e Angela Iannitelli la pandemia sta avendo tre effetti sulla salute mentale degli italiani. Oltre a quelli legati alla preoccupazione di ammalarsi e alle restrizioni imposte dal governo, la terza voce che minaccia l’integrità mentale dei cittadini è quella legata agli organi di informazione. La messa in circolazione di articoli con dati e punti di vista spesso contraddittori tra loro crea confusione nei lettori e favorisce la sfiducia nei confronti dell’informazione.

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Il risvolto più preoccupante di questo fenomeno è l’effetto dell’infodemia sulla salute mentale dei lettori. Secondo Eurodap i mass media sono i primi responsabili di attacchi di panico e depressione. Il secondo effetto preoccupante è il rifiuto verso l’informazione: per non venire “maltrattati” dalle notizie si sceglie di non informarsi più. L’effetto di impotenza verso l’informazione conduce a un netto rifiuto e a una disistima nei confronti dei giornalisti.

La risposta non è al di fuori del giornalismo, ma è il giornalismo stesso.

Cosa può fare il giornalista per ricostruirsi una credibilità e tornare a essere un tramite tra i lettori e le istituzioni? Lo abbiamo chiesto ad Angela Signorile e Andrea Pensini, creatori del format Joy News, creato nel dicembre 2020 proprio come antidoto all’infodemia da Covid-19.

Secondo voi com’è cambiato il giornalismo da quando c’è la pandemia? Come si sarebbero dovuti comportare i giornalisti?

Secondo noi sarebbe stato più utile se avessero evitato di cavalcare l’emergenza, scatenando quella che è stata definita una vera infodemia, ossia un eccesso di notizie spesso infondate che minano la salute pubblica. Per evitarle avrebbero dovuto prima di tutto essere obiettivi, senza diffondere opinioni come se fossero fatti. Evitare il sensazionalismo, verificare le fonti poi, laddove possibile,  cercare di diffondere una narrazione più costruttiva.

Noi non siamo giornalisti e il nostro obiettivo non è quello di giudicare il loro operato e di sostituirci a loro. Abbiamo presentato il nostro Tg come un antidoto all’informazione esistente, come opzione in più per spostare il focus della nostra attenzione, guardando anche alle cose belle che ci circondano. Di sicuro la pandemia e la relativa infodemia in cui siamo piombati ci ha offerto il contesto per realizzare il nostro progetto, che era nelle nostre teste da tanto tempo, stufi delle “cattive” notizie da cui siamo sommersi.

La chiave non è solo concentrarsi sulle notizie positive, ma trovare un modo diverso di fare informazione.

Sicuramente condividiamo la vostra visione di giornalismo costruttivo, che prevede di concentrarsi più sulle soluzioni che sui problemi, spostando il punto di vista. Lo snodo cruciale riguarda dunque non il cosa raccontare ma il come farlo, usando un’altra prospettiva e un’altra narrazione, che possa risultare utile al lettore.

Dunque, giornalismo positivo o giornalismo costruttivo?

Per quanto l’idea di rinunciare in toto all’informazione o concentrarsi solo sulle notizie positive possa risultare allettante, non è fattibile. Nel mondo iper connesso in cui ci troviamo, pensare di “sfuggire” alla mole di informazioni che ci vengono offerte dai media è impossibile e rischioso. Senza una corretta educazione all’informazione, cadere preda di fake news è un pericolo concreto.

Non è solo il giornalismo a dover cambiare prospettiva, adottando una logica meno catastrofista e più costruttiva. Anche il lettore deve imparare a tutelarsi.

Il giornalista è chiamato a cercare un’interpretazione risolutiva della realtà quotidiana che racconta, in modo da offrire al lettore una via d’uscita dal baratro delle cattive notizie. Ma anche il lettore dovrebbe cimentarsi in questo esercizio intellettuale. In primis per auto tutelarsi, in secondo luogo per essere in grado di reclamare il diritto a un’informazione consapevole da parte della stampa.

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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