Il quiet work o quiet quitting è il nuovo fenomeno identificato nel mondo del lavoro. Il suo significato letterale è “abbandono silenzioso” ma non ha nulla a che vedere con la volontà di licenziarsi o di dare le dimissioni. Rappresenta piuttosto la tendenza degli impiegati a far rientrare il proprio lavoro negli spazi e nei tempi previsti da contratto, senza affannarsi in straordinari o in mansioni non previste dal proprio ruolo.

Analizzando il significato più profondo del quiet work, si nota come questo rappresenti la reazione a una cattiva gestione delle risorse da parte dei capi o alla volontà di dare un segnale per ottenere una qualità migliore del lavoro. Il mercato del lavoro sta vivendo dei cambiamenti molto forti e sta ai manager saper incanalare la rivoluzione in una declinazione costruttiva, cogliendo i segnali inviati dai dipendenti e gli insegnamenti dei trend di mercato.

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I giovani accolgono il quiet quitting

Secondo la ricerca di mercato di Axios e Generation Lab, l’89% dei giovani tra 18 e 29 anni simpatizzano con il significato di quiet work, non per svogliatezza o negligenza bensì come protesta verso gli ambienti lavorativi tossici o per la mala-gestione dei manager verso il team.

Il quiet work è la manifestazione del disagio che i lavoratori, soprattutto i più giovani, stanno sperimentando in ufficio dopo gli stravolgimenti della pandemia. La giornalista di LinkedIn Notizie Yessi Bello Perez sintetizza così il fenomeno: «Fare quiet quitting significa rifiutare la nozione che il lavoro debba impossessarsi della nostra vita e che un dipendente debba fare ben oltre quello che la sua qualifica o posizione richiede».

Come si fa quiet work?

Feltrinelli Education, la piattaforma di formazione professionale e culturale del Gruppo Feltrinelli, ha elencato alcuni dei modi con cui praticamente si può mettere in atto il quiet quitting. Si parte dalla non reperibilità fuori dall’orario di lavoro. Se il diritto alla disconnessione è stato teorizzato non resta che metterlo in pratica: si può non rispondere ai messaggi, e-mail o a telefonate a orari improbabili.

Si prosegue poi con il rifiutare richieste non pertinenti al proprio ruolo. Una tecnica malsana di alcune organizzazioni è infatti quella di assumere un solo dipendente per pagare un solo stipendio, a fronte di una necessità maggiore in termini di risorse. Il lavoratore si ritrova quindi oberato di mansioni, che vanno ben oltre il ruolo per cui si era candidato o incastrato in progetti con scadenze impossibili per cui non sono state stanziate sufficienti risorse o conteggiate le corrette ore lavorative.

Infine vi è l’arma più pericolosa, quella del distacco. Fare quiet work si concretizza anche prendendo le distanze, emotive e verso la partecipazione alla vita quotidiana aziendale, levando la possibilità al proprio lavoro o superiore di causare stress o disagi.

Comprendere la lezione e trovare soluzioni

Si identificano quindi due forzi motrici dietro al significato del quiet work: la ricerca di un equilibrio più sano tra lavoro e vita privata e la demotivazione che non spinge un giovane lavoratore a prodigarsi in ufficio. Se il primo movente può anche essere una risposta costruttiva in opposizione a pratiche scorrette messe in atto dalle organizzazioni, il secondo dovrebbe avere come fine quello di generare una introspezione nei manager e nelle aziende: si stanno mettendo in atto delle politiche che demotivano i dipendenti, a volte anche involontariamente?

Il detto comune recita che i dipendenti non lasciano un lavoro ma un cattivo capo. Risulta quindi essenziale comprendere se il team di lavoro ricorre al quiet quitting come reazione a stipendi non commisurati rispetto agli sforzi richiesti, a una non-valorizzazione dell’impegno o al trattamento non adeguato rispetto alle competenze che si mettono a disposizione. Per arginare l’abbandono silenzioso dei lavoratori le parole d’ordine sono merito, leadership e valorizzazione dei talenti.

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Chiara Bastianelli

Chiara Bastianelli

Laurea in Economia e Direzione Aziendale. Project manager in una società di consulenza strategica per le imprese. Appassionata di aziende, finanza e letteratura.

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