La pandemia del 2020 ha avuto un violento impatto sul mercato del lavoro in Italia anche nel 2021. Il lavoro alle dipendenze dà dei segnali di ripresa, anche se i contratti a tempo determinato sono ancora più utilizzati di quelli a tempo indeterminato. Il settore delle costruzioni influenza positivamente l’occupazione, superando l’industria. Infine, il fenomeno americano di dimissioni di massa sembra essere arrivato solo parzialmente in Italia e apre la strada a interpretazioni diverse. Analizzando la nota redatta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali insieme a Banca d’Italia e dall’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro), si può trarre qualche conclusione sulle dinamiche dell’occupazione del 2021.

L’occupazione dipendente torna sui livelli pre-pandemici?

I contratti avviati (al netto dei rapporti conclusi) danno un buon segnale di ripresa, assestandosi sui valori di crescita che si sarebbero avuti se il mercato non avesse subito lo shock del Covid-19. Dopo il tragico decremento da marzo 2020 si nota una ripresa del numero di rapporti alle dipendenze, fino ad arrivare nel 2021 a 597.000 attivazioni, tra posizioni a tempo determinato e indeterminato. Questo importante risultato risente però delle politiche emergenziali messe in atto dai Governi, che determinano un minor numero di cessazioni dei contratti. Nel corso del 2022, andrà osservata l’evoluzione delle Comunicazioni obbligatorie e di Immediata Disponibilità al lavoro, fonti dei dati citati, per capire se si tratti effettivamente di un risveglio del mercato oppure se il trend positivo è un effetto edulcorato dalle iniziative assistenziali. La maggioranza dei contratti attivati è rappresentata da quelli a tempo determinato: su 597.000 nuovi posti di lavoro totali, quelli a scadenza sono circa 365.000. I contratti a tempo indeterminato risultano in ripresa a partire dalla seconda metà dell’anno, principalmente nell’area Centro-Nord. 

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Il settore delle costruzioni traina il mercato del lavoro

Il comparto delle costruzioni registra un numero di nuovi contratti maggiore rispetto ai settori dell’industria e della manifattura. Una interpretazione plausibile è che si benefici delle iniziative pubbliche di riqualificazione energetica e messa in sicurezza degli immobili italiani. Questa condizione ha fatto sì che la domanda di lavoro delle imprese edili nel 2021 sia aumentata notevolmente. Secondo SAIE, la Fiera delle costruzioni punto di riferimento per l’edilizia, nel 2021 sono 754.886 le imprese attive nell’area di mercato delle costruzioni. L’aumento del 1,4% rispetto al 2020 e del 2,5% rispetto al 2019. Il trend del settore sembrerebbe mantenersi positivo anche per il 2022.

La Great Resignation è arrivata in Italia?

Analizzando le dimissioni della Great Resignation, non era chiaro se il fenomeno con l’inverno, dagli USA, fosse arrivato anche in Italia. In America il numero dei lavoratori che ha lasciato volontariamente il proprio posto di lavoro ha toccato il numero record di 4,5 milioni nel mese di novembre 2021. Lato italiano, confrontando il numero delle cessazioni del 2021 con quelle avvenute nel 2019, si nota un aumento effettivo dei licenziamenti volontari, cioè quelli richiesti dal lavoratore, sebbene in scala diversa rispetto ai numeri Oltreoceano. Andando ad analizzare i dati dell’allegato Statistico del Ministero del Lavoro, è possibile confrontare il numero di dimissioni volontarie negli anni. Poiché i dati pubblicati dal Ministero per l’annualità del 2021 si fermano al terzo trimestre, l’analisi considererà la somma dei primi tre trimestri. Le dimissioni volontarie dal 2020 al 2021 sono aumentate del 30% (il confronto è fatto sui primi 3 trimestri dell’anno causa disponibilità dei dati), in valori assoluti si passa da 1.050.085 cessazioni a 1.362.132. Poiché il 2020 è considerabile come anno eccezionale con il quale è poco utile fare paragoni, si può effettuare il confronto con il 2019 e il 2018, rispettivamente con 1.281.001 e 1.181.585 cessazioni: dal 2019 al 2021 l’incremento dei licenziamenti richiesti dai lavoratori è del 6%, mentre dal 2018 al 2021 è del 15%. Compito degli analisti sarà capire se queste percentuali siano o meno sufficienti per sostenere che esista un fenomeno di dimissioni di massa, tuttavia è da subito osservabile oggettivamente che il numero di cessazioni volontarie sia aumentato. Un numero maggiore di lavoratori ha deciso di lasciare la propria occupazione non in un anno normale, bensì in un anno complesso e costernato di difficoltà economiche come il 2021. Probabilmente, almeno per la dinamica italiana, il numero di attivazioni di lavoro in crescita potrebbe far pensare che, più che a un abbandono di massa del lavoro dipendente, si potrebbe trattare di un turnover accentuato delle risorse umane. I dati completi che usciranno nei prossimi mesi guideranno le analisi e le interpretazioni del fenomeno.

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Chiara Bastianelli

Chiara Bastianelli

Laurea in Economia e Direzione Aziendale. Project manager in una società di consulenza strategica per le imprese. Appassionata di aziende, finanza e letteratura.

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