Il tema dell’approccio statale nei confronti del reinserimento sociale dei minori è ritornato centrale all’interno del dibattito pubblico. L’attenzione mediatica è emersa dopo quanto successo a Palermo e a Caivano. Inoltre, con l‘approvazione del nuovo decreto-legge le diverse opinioni hanno contribuito allo sviluppo del confronto sul tema.

I diversi report e i dati sulla questione aiutano a comprendere meglio le modalità più funzionali per affrontare il fenomeno. Il confronto tra i diversi sistemi nazionali è poi utile all’analisi di un argomento così delicato.

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Criminalità minorile: il dibattito pubblico in Italia

I fatti avvenuti negli ultimi mesi a Caivano e poi a Palermo hanno spinto il governo ad avviare nuove misure contro il fenomeno della criminalità minorile. Inoltre, le notizie legate agli stupri avvenuti ai danni di ragazzine e adolescenti hanno alimentato il dibattito pubblico riguardo all’approccio che lo stato dovrebbe perseguire. Il comunicato stampa del 7 settembre sul sito del governo spiega le principali decisioni approvate dal Consiglio dei Ministri in merito al decreto-legge legato alla questione.

Il decreto “Caivano” è composto prevalentemente da interventi come l’inasprimento delle pene e il potenziamento dei divieti applicabili. Sono anche presenti interventi di natura diversa, seppur in misura inferiore, come l’incremento del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa e il rafforzamento dell’organico dei docenti.

Nella conferenza stampa, la presidente del Consiglio si è soffermata sull’importanza delle misure spiegando che: “Sono anche norme di prevenzione, perché se l’uso dei minorenni si è allargato a dismisura in questi anni nelle pratiche criminali, è anche perché nel caso dell’utilizzo da parte della criminalità organizzata di questi minorenni, in molti casi, non ci sarebbero state particolari conseguenze”.

Questo tipo di approccio è stato criticato da diverse realtà, come nel caso dell’associazione Antigone che in un comunicato scrive che “abbassare l’età di chi entra in carcere non è la soluzione. Così come non lo è mai la reazione repressiva. Chiunque ha a che fare coi ragazzi sa che le responsabilità vanno estese agli adulti e alla società. Punire un ragazzo non è mai la risposta, specie a quell’età”.

Il reinserimento sociale dei minori in Italia

Diversi esperti e studi autorevoli indicano il modello italiano di reinserimento sociale dei minori come uno dei più funzionanti a livello internazionale. Il codice penale minorile italiano risale al 1988 e si concentra in maniera particolare su misure come la pena sostitutiva e la messa alla prova. Meccanismi che favoriscono il reinserimento sociale e cercano di evitare l’utilizzo del carcere nella sua funzione repressiva.

Dal report "Le Gang Giovanili in Italia" di Transcrime

Dal report “Le Gang Giovanili in Italia” di Transcrime

Secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone, dopo il periodo pandemico le presenze negli Istituti Penali per Minorenni sono aumentate ma rimanendo stabili rispetto ai numeri degli anni precedenti. Inoltre, in base ai dati del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, la percentuale – stabile dal 2003 al 2018 – di messe alla prova che terminano positivamente equivale a circa l’80%.

Nel 2018, la riforma dell’esecuzione della pena nei confronti dei condannati minorenni ha reso più organico e coerente l’ordinamento penitenziario minorile. Tra le novità introdotte ci sono quelle relative al potenziamento dei percorsi educativi e al miglioramento delle relazioni personali e socio-familiari.

In più, nel 2022 il rapporto Keep It Trill dell’osservatorio Ragazzidentro segnalava che la maggioranza dei ragazzi entrava in una delle 637 comunità residenziali disponibili all’accoglienza di minori nell’ambito di una misura alternativa. Sono anche frequenti le iniziative di educazione sociale nelle carceri, come nel caso del progetto “Sport di Tutti – CARCERI”.

I diversi approcci in Europa: il confronto e i progressi

L’Europa non dispone di una singola normativa organica e uniforme sulla giustizia minorile. Nonostante questo, il Consiglio europeo ha approvato nel tempo diverse linee guida e raccomandazioni che cercano di stabilire standard minimi e promuovere le migliori pratiche di reinserimento sociale. Detto questo, sono diverse le caratteristiche principali che permettono di comparare il sistema della giustizia minorile dei diversi paesi europei.

Elaborazione di "Ragazzidentro" su dati Eurostat e SPACE I

Elaborazione di “Ragazzidentro” su dati Eurostat e SPACE I

La differenza più evidente è l’età alla quale un individuo è considerato penalmente responsabile. Altri elementi sono le strutture utilizzate per il reinserimento, le misure alternative alla detenzione e la separazione, o meno,  dal sistema per gli adulti. Nei paesi del Nord Europa per esempio, è ricorrente il concetto di “normalizzazione” della vita dei giovani coinvolti in reati e l’utilizzo di assistenti sociali e psicologi.

Comparazione dell'età di responsabilità penale in diversi paesi europei. Fonte: Report UE "AlternativesTo Custody For Young Offenders"

Comparazione dell’età di responsabilità penale in diversi paesi europei. Fonte: Report UE “Alternatives To Custody For Young Offenders”

In conclusione, la questione della giustizia minorile e del reinserimento sociale dei minori è di centrale importanza nel contesto europeo. L’Italia, con il suo modello orientato alla riabilitazione ha rappresentato per anni un esempio di riferimento. Mentre il nuovo decreto-legge ha suscitato opinioni contrastanti, è importante notare che il confronto tra i diversi sistemi nazionali è essenziale per affrontare questo delicato argomento.

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Giuseppe Palomba

Giuseppe Palomba

Dottore politologo di matrice napoletana, attualmente studio relazioni internazionali alla Federico II e coltivo la mia ossessione verso l'Unione europea.

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