Il packaging ci dà la misura dell’impronta ambientale dei nostri acquisti e per questo svolge un ruolo chiave in tema di sostenibilità.

Ad uno sguardo poco attento, il packaging è solo l’involucro dei nostri acquisti quotidiani e come tale, può sembrarci poco importante. In ottica più critica invece, è l’unità di misura principale – la più visibile per il consumatore – per valutare il grado di sostenibilità di un prodotto e di tutta la filiera che ce lo ha consegnato tra le mani.

In questo senso il packaging rappresenta il “biglietto da visita” delle imprese, soprattutto nel settore dei prodotti di largo consumo, come leva strategica dei propri valori. Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale è stata l’occasione per mettere in luce le strategie adottate dagli esponenti più rappresentativi in questo mercato. Per capire come migliorare il raggiungimento del Goal12 “Consumo e produzione responsabili”, tra gli obiettivi dell’Agenda 2030.

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“Reduce, Reuse, Recycle”, anche nel packaging

Il report dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) classifica l’Italia al secondo posto tra i Paesi europei per applicazione di politiche di circolarità delle materie prime e di riciclo dei rifiuti. Circoscrivendo però l’analisi al settore degli imballaggi, rimaniamo appena sopra la media mondiale (57%) secondo l’Osservatorio internazionale Waste Watcher (su rilevazione IPSOS).

Il report pubblicato da questo organo di controllo che monitora gli sprechi domestici – ideato dal prof. Andrea Segrè dell’Università di Bologna, a supporto della campagna Spreco Zero promossa da Last Minute Market di cui è fondatore – ha evidenziato un’azione ambivalente della pandemia.

Da un lato sono aumentati i rifiuti in circolo per via delle mascherine e dello shopping online che ha generato grande movimentazione di corrieri e quindi di imballaggi.  Dall’altro però le uscite contingentate e poco frequenti hanno portato minor spreco di cibo e un maggior conferimento dal riciclo domestico urbano dei rifiuti da imballaggio (71% dell’immesso), legato al crollo dei consumi alimentari fuori casa.

L’indagine peraltro conferma una maggiore presa di coscienza da parte dei consumatori grazie al packaging quanto a:

  • Carattere informativo per la scadenza (57,4%)
  • Modalità di conservazione del prodotto (43%)
  • Leggibilità e trasparenza della filiera (31,6%)
  • Modalità corrette di raccolta differenziata (28,6%)
  • Impronta ambientale del pack stesso (28,1)

Proprio su quest’ultimo però c’è ancora molto da fare secondo Luca Ruini – presidente del Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) – in quanto il consumatore ha ancora poca percezione dell’imballaggio come strumento per ridurre gli sprechi:

“Dobbiamo renderci conto che l’imballaggio protegge un prodotto alimentare lungo tutto il percorso che va dalla sede di produzione fino al carrello della spesa, non solo nei nostri frigoriferi”.

Plastic free” è il manifesto della GDO per il futuro

La direzione verso cui si sta muovendo compatta la grande distribuzione è ovviamente contrastare l’utilizzo di plastica. Da non demonizzare ma a cui ricorrere in ultima istanza e solo riciclata o riciclabile.

Granarolo ad esempio tratta una filiera di prodotti in cui il packaging è, per così dire, un tutt’uno con il prodotto stesso. In questo settore è pioniera per il lancio della prima bottiglia di latte in RPET – ovvero Pet riciclato – concesso in Italia dal 2010 e solo per l’acqua minerale tra gli alimenti a favore del ben più usato tetrapak. Le tradizionali confezioni composte da polimero di origine fossile sono state sostituite da Tetra Stelo, il primo composto da carta e polimero di canna da zucchero, vegetale e rinnovabile.

Per quantificare l’impatto, c’è stato un risparmio di 3800 tonnellate di CO2 negli ultimi quattro anni, l’equivalente dell’illuminazione annua di una città di circa 55 mila abitanti.

La stessa politica di immissione sul mercato di sola plastica di un certo tipo e in minor quantità possibile viene attuata anche da Barilla, che già utilizzava solo per il 5% imballaggi in plastica. Ha infatti eliminato l’iconica finestra trasparente su ogni pacco di pasta e introdotto uno strumento di calcolo – LCA Pack Design Tool – per valutare le prestazioni ambientali durante la progettazione dei packaging di nuove confezioni.

Per il riciclo del film flessibile – di norma problematico – l’opzione più ambita è il riciclo chimico con tecnologia enzimatica, nel quale si smembra il polimero per tornare ai monomeri. É questa la soluzione adottata dal marchio AWArPET per il prototipo brevettato da SIPA per riciclare il PET negli imballaggi liquidi, potenzialmente “all’infinito” in futuro. L’apporto risparmiato è dell’80% di CO2 in meno rispetto alla produzione dalla plastica vergine.

L’ecodesign come strumento innovativo. A partire dalla progettazione

Anche l’industria cartaria marcia di pari passo, su vari fronti. Sofidel del marchio Regina ha ridotto del 50% la plastica negli ultimi due anni – meno 11 mila tonnellate – grazie a imballaggi più sottili e ha lanciato in Europa 102 nuovi prodotti con packaging in carta.

Fedrigoni pensa alla transizione da plastica a carta con agenti barrieranti all’acqua, all’unto del cibo, così da arrivare a produrre prodotti come Papersnap della Easysnap – il primo dispenser monodose interamente in cellulosa termoformata ecocompatibile – nato grazie all’hub Fed Lab.

Se la carta è meno inquinante, d’altro canto assorbe tanta acqua ed energia; per questo la prima viene restituita all’ambiente depurata al 90% e la seconda alla comunità attraverso la cogenerazione. Questo genere di tecniche – valse a Fedrigoni la medaglia d’oro EcoVadis – consentono di sopperire alla scarsità di materia prima in Italia, pur adeguandosi a standard di certificazione autorevoli come Aticelca per i prodotti di cellulosa e FSC per le foreste gestite responsabilmente.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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