Il cambiamento climatico è ormai una certezza. Ne siamo tutti a conoscenza e la scienza ne mostra i dati. Ci sono vari fattori che rischiano di far scivolare la Terra verso un punto di non ritorno. Anche se si confida molto sul passaggio alle fonti rinnovabili, non tutti i problemi climatici potrebbero però risolversi così. Tra questi uno dei più controversi e discussi è senza dubbio l’impatto ambientale della carne e dei prodotti di origine animale. L’unica certezza sulla quale tutti sono concordi è che l’allevamento abbia un impatto sul clima. Ma in che proporzioni e se dobbiamo ridurne il suo consumo non è chiaro.

Alcuni dati dell’impatto ambientale della carne

Pensando al riscaldamento globale la prima cosa che viene in mente è l’utilizzo di combustibili fossili. In realtà ci sono altre cause dovute all’uomo che contribuiscono alla produzione di gas ad effetto serra. A livello internazionale queste attività sono denominate Agriculture, Forestry and other Land Use (AFoLU), ovvero associate alla gestione del suolo e delle foreste, all’agricoltura e all’allevamento.

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Stando alle ultime stime del principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici (Intergovernmental Panel on climate change – iPcc) l’intero settore AFoLU è responsabile del 23% del totale delle emissioni di origine umana. Di questa ingente percentuale il metano e il protossido d’azoto emesso dall’allevamento costituiscono oltre l’80% di tutti i gas serra dovuti al settore dell’agricoltura, della silvicoltura e dell’utilizzo della terra.

Questi dati tengono conto sia dell’impatto ambientale diretto della carne, ma anche di quelli indiretti. Infatti ricadono in questa percentuale anche i disboscamenti e le deforestazioni che si compiono per far spazio a nuovi pascoli. O agli altri tipi di sfruttamento del suolo per produzione di prodotti di origine animale.

L’impatto ambientale della carne non si risolve sostituendola con le verdure

Sicuramente la prima idea a cui si potrebbe pensare, sarebbe quella di cambiare la nostra dieta alimentare eliminando la carne. Per quanto possa essere attraente  questa prospettiva, è poco realistica e utile a risolvere il problema dell’impatto ambientale della carne. Infatti praticamente ovunque nel mondo questo alimento rappresenta un ruolo determinante, non solo a livello alimentare, ma anche culturale per l’uomo. Basti pensare che sia il pasto gastronomico francese che la dieta mediterranea sono patrimonio UNESCO ed entrambi includono carne e prodotti di derivazione animale. Diminuire il consumo di carne può sicuramente aiutare, ma non costituisce la soluzione.

Esempio di dieta mediterranea.

Molte soluzioni per un unico problema

Soluzioni più realistiche e che sono percorribili già da oggi sono altre. Il benessere degli animali d’allevamento: infatti diverse ricerche hanno mostrato che la quantità di metano prodotto da una mucca dipende dal posto in cui vive. Un bovino dell’America settentrionale o europeo emette un quinto del metano di uno del Sud America, mentre ancora meno di uno africano.

Idee innovative sono oggetto di ricerca di numerosi studiosi, ma spesso non hanno convinto. Una soluzione che è in fase di sperimentazione è il 3-nitrossipropanolo, che ridurrebbe fino al 30% la produzione di metano degli animali allevati. Altri laboratori stanno provando a trattare e coltivare delle piante che garantirebbero lo stesso sapore del manzo, oppure creare direttamente carne in laboratorio. Anche se può sembrare carne “finta”, quella in vitro è identica in tutto e per tutto alla tradizionale, ma ha un minor impatto ambientale della carne “normale”.

Ricette per limitare l’impatto ambientale

La catena di alimentari EAT, lo Stockholm Resilience Centre, l’Università di Stoccolma e il Consiglio dei ministri nordico hanno prodotto “Il libro di ricette per il cambiamento dei sistemi: strategie di innovazione nordica per sistemi alimentari sostenibili”. Si prefigge l’obiettivo di offrire metodologie, modelli e casi di studio (o ricette) per aiutare i governi regionali e nazionali europei a trasformare i sistemi alimentari odierni. Dietro a questo documento c’è un lavoro decennale sulla mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.

L’impatto ambientale della carne c’è, ma sarebbe riduttivo e irrealistico pensare di risolverlo smettendo di mangiare i derivati animali. Le innovazioni tecnologiche, l’attenzione e la cura agli allevamenti, politiche attente e l’attenzione sono tutte armi che abbiamo e possiamo usare per limitarne gli effetti. Se poi si riuscisse a limitarne l’abuso, magari mangiando derivati animali solo a cena (come suggerisce lo scrittore Jonathan Safran Foer in “Possiamo salvare il mondo, prima di cena: Perché il clima siamo noi”) contribuiremmo nel nostro “piccolo” a salvare il mondo.

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Riccardo Pallotta

Riccardo Pallotta

Laureato in comunicazione e marketing con una tesi sul brand journalism. Attore e speaker radiofonico in Italia e all'estero. Social media manager. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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