L’esigenza di abbassare l’impatto ambientale e il conflitto scoppiato tra Ucraina e Russia hanno messo in evidenza l’importanza di avere fonti energetiche prodotte localmente e dal facile trasporto. L’idrogeno è in grado di dare una risposta a queste esigenze, risultando una risorsa strategica per la transizione energetica e svolgendo un ruolo chiave in settori come l’industria pesante e il trasporto a lunga distanza, in cui le emissioni sono difficili da ridurre.

Secondo il rapporto IRENA, la International Renewable Energy Agency, organizzazione intergovernativa nata per favorire la transizione energetica verso un sistema più sostenibile, nel 2050, due terzi dell’idrogeno prodotto sarà verde, cioè prodotto da fonti rinnovabili, a differenza dell’idrogeno blu e grigio che sono ottenuti tramite l’utilizzo di combustibili fossili.

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Cos’è l’idrogeno e quali sono i suoi vantaggi?

L’idrogeno è il primo elemento della tavola periodica, è il più leggero e il suo nome deriva dal greco antico e significa “generatore d’acqua”. Questo nome fu assegnato all’elemento nel 1783 dal chimico francese Antoine-Laurent de Lavoisier quando, insieme al Marchese Pierre-Simon Laplace, riuscì a provare la precedente scoperta di Cavendish secondo cui l’idrogeno, nella sua forma semplice, reagendo con l’ossigeno, genera acqua e energia.

La molecola semplice, quindi, è un vero e proprio combustibile che, quando brucia a contatto con l’ossigeno, libera energia e acqua anziché Co2, come nel caso dei combustibili fossili. L’idrogeno ha anche un’alta densità energetica, contiene, cioè, un’enorme energia rispetto al suo peso, infatti 1Kg di idrogeno contiene circa 120 Megajoule, un contenuto di energia specifica quasi tre volte maggiore rispetto alla benzina.

L’idrogeno, grazie a queste caratteristiche e alla sua grande quantità, infatti è l’elemento più abbondante dell’universo, rappresenta il combustibile potenzialmente ideale per supportare la transizione energetica verso un mondo rinnovabile e sostenibile.

Il problema principale è che la molecola semplice non si trova se non in concentrazioni irrilevanti. L’idrogeno, infatti, è quasi sempre legato ad altri elementi, come per esempio l’ossigeno per formare acqua o il carbonio per formare idrocarburi. Questo vuol dire che per averlo nella forma semplice H2 c’è la necessità di separarlo dal resto dei composti in cui si trova, ma per farlo occorre molta energia e quindi costi di produzione molto elevati che spiegano come mai questa tecnologia non è ancora esplosa.

Idrogeno verde, blu e grigio: quali differenze?

L’idrogeno è un gas incolore, ma convenzionalmente ci si serve di una classificazione a colori per distinguere le diverse tipologie in base al metodo con cui viene prodotto. Uno dei processi utilizzati per ottenere la molecola H2 è l’elettrolisi, che consiste nel dividere l’idrogeno e l’ossigeno dell’acqua utilizzando elettricità. Se l’energia che ci serve per questo procedimento proviene proviene da fonti rinnovabili allora avremo il cosiddetto detto idrogeno verde.

Attualmente, però,  la maggior parte dell’idrogeno prodotto è il grigio, che sfrutta combustibili fossili, soprattutto dal gas naturale, generando, purtroppo, un alto numero di emissioni di Co2. Il tipo blu invece è, per certi versi, simile all’idrogeno grigio, perché anche lui si basa sul gas naturale, ma in questo caso, però, il processo di produzione viene integrato con sistemi di cattura e stoccaggio della Co2, che viene generata durante il processo.

Al fianco di questi tre colori principali possiamo trovare altre due diciture: idrogeno viola e nero. Nel primo caso il processo di produzione tramite elettrolisi dell’acqua viene alimentato con l’energia elettrica fornita dalle centrali nucleari. Anche l’idrogeno viola, come quello verde, sarebbe a basse emissioni di carbonio, ma c’è molto dibattito sul ruolo che può ricoprire l’energia nucleare all’interno della transizione ecologica. Il secondo, nero, invece, è quello con il maggior impatto ambientale in quanto sfrutta prodotta da una centrale elettrica a carbone o a petrolio.

Una scelta per il futuro: il rapporto IRENA

Il diffondersi su larga scala della produzione di idrogeno verde sarà possibile, secondo rapporto IRENA, grazie alle previsioni di prezzo molto basse per il 2050 che, secondo la visione più ottimista, passeranno dagli attuali cinque dollari al chilo a meno di un dollaro, o comunque poco al di sopra in quella più pessimista. Inoltre, un quarto dell’idrogeno prodotto nel mondo potrà essere esportato, facilitando, così, il rifornimento in tutti i continenti. Tutto ciò sarà reso possibile dall’innovazione tecnologica e dall’economia di scala.

Il dossier quantifica anche la domanda totale di energie rinnovabili e la capacità installata di elettrolisi per raggiungere l’obbiettivo di zero emissioni entro il 2050: 14 terawatt die energia solare, 6 terawatt eolici onshore e 4-5 terawatt di elettrolisi.

Infine, il rapporto formula alcune raccomandazioni per i responsabili politici per facilitare l’attuazione di questi scenari ossia di creare un mercato con normative appropriate e stabilire uno standard internazionale per chiarire cos’è l’idrogeno verde e incoraggiarne la produzione.

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Giovanni Binda

Giovanni Binda

Giovanni Binda, aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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