I nostri mari, in un futuro non troppo remoto, rischiano di essere più ricchi di plastica che di pesci. Lo sanno bene i pescatori costretti a ributtare a mare le bottiglie di plastica e altri rifiuti che “prendono all’amo” per non essere denunciati. Con l’approvazione in Senato del decreto Salvamare, i pescherecci potranno tirare un sospiro di sollievo: infatti, diventano parte integrante del processo di pulizia, contribuendo a contrastare l’inquinamento da plastica in mare. Il decreto, è frutto di lungo percorso iniziato nel 2018 dall’allora Ministro della transizione ecologica Costa, semplificherà la gestione dei rifiuti pescati in mare. Alla luce dell’avvicinarsi delle vacanze, che porterà la salute dei nostri mari ancora più alla ribalta, facciamo il punto della situazione sulle novità introdotte dal decreto e sul possibile impatto che potranno avere.

Cosa cambia con il decreto Salvamare

«Sono felicissimo, emozionato e commosso – ha commentato l’ex ministro Costa su Facebook – La perseveranza, la testardaggine, la voglia, la passione, con un pizzico di pazzia parlamentare, hanno trasformato un’idea in una legge che fa bene al mare e all’Italia». Il “Salvamare” rivoluziona la gestione dei rifiuti pescati accidentalmente dalla nave durante le attività di pesca. Infatti, il nuovo decreto equipara i rifiuti plastici pescati in mare ai rifiuti prodotti dalle navi. Questa equazione permetterà al comandante della nave di poterli conferire all’impianto portuale senza incorrere in sanzioni per trasporto illecito di rifiuti.

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Le semplificazione che il “Salvamare” apporta per la raccolta dei rifiuti in mare sarà adottato anche per i fiumi e le acque interne. In questo modo si agevolano le procedure di raccolta e smaltimento dei rifiuti in tutte le acque del Paese. Inoltre il decreto, spiega Costa, favorisce «campagne di sensibilizzazione, di informazione, di partecipazione organizzate da cittadini volenterosi con l’aiuto dello Stato» ed introduce «l’Educazione Ambientale in tutte le scuole italiane. Prima era possibile, ma non obbligatorio. Da adesso si. Inoltre, tutte le scuole dovranno fare raccolta differenziata, con l’aiuto degli studenti»

Quant’è la plastica che finisce in mare ogni anno?

Secondo le stime del WWF, l’inquinamento da plastica è di circa 8 miliardi di tonnellate l’anno sversate nel mare. Secondo queste stime, se non si opera un mutamento radicale, entro il 2050 ci saranno più sacchetti di plastica in mare che meduse. Questi rifiuti, trasportati dalle correnti, finiscono inevitabilmente per esserci restituiti dal mare: li troviamo spiaggiati lungo le nostre coste a sommarsi ai granelli di sabbia. Il problema è particolarmente sentito per il Mediterraneo: un bacino chiuso le cui correnti spingono verso le coste facendo ammassare i rifiuti, secondo gli studi, maggiormente nei porti commerciali.

La quantità di rifiuti è tale da generare delle piccole isole di plastica: tra l’Isola d’Elba e la Corsica è presente un’isola-spazzatura, che si distingue per la sua formazione periodica in base alle correnti che trasportano montagne di rifiuti. Nel solo bacino Mediterraneo, secondo uno studio di GreenPeace, sarebbero presenti tra le 4.800 a 30.300 tonnellate di microplastica proveniente dalla decomposizione dei rifiuti galleggianti o dalle lavorazioni industriali. Secondo uno studio condotto dall’Università di Newcastle a nord di Sydney e commissionato dal WWF, la plastica è entrata a far parte della dieta umana: infatti, si stima che ogni giorno mettiamo a tavola circa 5 grammi di plastiche (il peso di una carta di credito) con conseguenze dannose per la nostra salute.

Cosa si sta facendo per eliminare la plastica dal mare?

Il problema dell’inquinamento da plastica in mare non è da sottovalutare ma si stanno compiendo diversi sforzi per arginarlo. Con il “Salvamare” nel nostro Paese abbiamo già fatto un grande passo in questo senso, anche se il suo limite è quello di agire sul problema e non sulla causa. Nel mondo già si operava in questa direzione mettendo a frutto i progressi tecnologici applicati alla sostenibilità. La Ong The Ocean Cleanup, dell’olandese Boyan Slat, ha come obiettivo «ridurre del 90% la plastica galleggiante presente negli oceani di tutto il mondo». Dal 2013, la ong olandese ha raccolto 8 tonnellate di plastica dell’oceano.

Lo stesso spirito innovativo e tecnologico anima il progetto “The great bubble barrier“, start-up olandese, che ha ideato un sistema per recuperare gli scarti plastici già nei fiumi. Un sistema che utilizza le bolle d’aria attraverso un tubo di pvc perforato lungo tutta la sua lunghezza, posato trasversalmente sul fondo di un corso d’acqua, riuscendo a portare a galla i rifiuti incanalandoli in speciali darsene artificiali. Opera similmente la IGP Decaux, azienda nostrana, che attraverso l’utilizzo di cestini galleggianti riesce a raccogliere i rifiuti plastici prima che finiscano in mare. In questo modo, l’azienda ha raccolto circa 84 tonnellate di rifiuti in tre anni.

Anche nel nostro quotidiano possiamo operare per fare la differenza. Nelle nostre scelte individuali e collettive sta la chiave per agire sul problema. Smettendo di ragione in termini di “usa e getta” e operando scelte più sostenibili per il nostro pianeta potremo dire di essere sulla strada – o rotta – giusta.

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Vittorio Palmieri

Vittorio Palmieri

Napoletano. Emigrato nell'entroterra irpino-sannita, in controtendenza con l'emorragia dei paesi interni verso la vita metropolitana. Ignoto poeta "prestato alla burocrazia". Nell’entroterra segue percorsi sociali con enti del terzo settore. Ha collaborato ad un progetto di agricoltura sociale con le Associazioni Irpine “Ecopotea Aps” e “Al Centro dei Ragazzi Odv”. Nell’ultimo anno fonda Introterra Aps, nata con lo scopo di rivalutare e riscoprire l'entroterra campano, e con la quale rileva un progetto giornalistico editoriale decennale "bMagazine.it" e fonda l'etichetta "Introterra Edizioni" Aspirante giornalista pubblicista, scrivo per Buonenotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista

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