“Stessa spiaggia, nuovo mare” è il nome della “call for ideas” lanciata da Eppela, la piattaforma di crowdfunding nota per la vocazione sociale delle cause che accoglie nel suo spazio virtuale. Si tratta di una delle iniziative per la tutela del mare all’interno del “Plastic free july”, una campagna pluripremiata simbolo del movimento globale per la lotta ai rifiuti in plastica – che finiscono in larga parte nel mare – a cui si unisce anche l’Italia con varie azioni “dal basso”.

Il crowdfunding aiuta a supportare il benessere marino

Si ricorre sempre più alla “raccolta” – firme o fondi –  per promuovere le cause green perché coinvolge ogni individuo, nel suo piccolo, in un progetto di ampio respiro. Inoltre è uno strumento semplice da “maneggiare” sia dall’utente che dal promotore: un modo accessibile, meritocratico e smart di chiedere sostegno economico o sociale.

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Nel caso della campagna di Eppela, l’idea è valorizzare doppiamente il crowdfunding: validare la fattibilità delle potenziali proposte – in quanto rappresentante autorevole –  e mettere l’esperienza decennale del suo team a servizio dei migliori progetti da realizzare, attraverso il sistema di finanziamento digitale collettivo e collaborativo, proprio della raccolta fondi.

Lo scopo di “Stessa spiaggia nuovo mare” è la tutela del mare in ogni forma. Così come abbraccia tutto il mondo blu, altrettanto inclusivo è il target a cui si rivolge: piccole e medie imprese, cooperative, imprenditori sociali, associazioni ma anche privati cittadini.

Insomma: chiunque intenda preservare l’universo marino, attraverso campagne di crowdfunding ad alto impatto sociale, è invitato a sottoporre il suo progetto e farsi guidare dalle competenze offerte da Eppela per renderlo efficace e conosciuto. L’oggetto delle proposte può spaziare dai progetti di recupero e riutilizzo di rifiuti estratti, alla produzione di oggetti riciclati in materiali ecosostenibili o di dispositivi innovativi per la cura di tratti costieri o marini e altri consultabili sul sito ufficiale dove candidarsi.

“Mare Monstrum”, il dossier sulle piaghe dell’ecosistema marino

In fatto di tutela del mare, l’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente ha appena pubblicato l’ultima edizione del report  il quale, spiega il responsabile Enrico Fontana: “accende i riflettori sulle pressioni illegali che danneggiano il nostro ecosistema marino: dall’abusivismo edilizio al deficit di depurazione, dagli sversamenti di liquami inquinanti d’ogni tipo fino all’assalto al patrimonio ittico e alla biodiversità, con l’incubo della pesca di frodo”.

Ecco il quadro complessivo degli illeciti penali e amministrativi che emerge:

  • oltre 55 mila reati contestati nel 2021 con una media di 7,5 ogni chilometro di costa
  • 626 milioni di euro di violazioni del mare tra sequestri e sanzioni, di cui 577 milioni riguarda l’inquinamento e i rifiuti
  • le regioni del sud Italia protagoniste del primato negativo di aggressione all’ecosistema marino (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia compongono il 46% dei reati accertati, mentre al nord spicca il Veneto)
  • Il fattore più impattante (il 50,3%) riguarda il ciclo illegale del cemento (fenomeno delle villette abusive)

L’iniziativa di Eppela è un tentativo di promuovere soluzioni, anche parziali, a questo stato di cose.

I reati ambientali e la fine del vuoto normativo “Salvamare”

Il primo traguardo ad aver agevolato l’azione di tutela del mare è stata la riforma attuata dalla legge 68 del 2015, inserendo un nuovo titolo per i “Delitti contro l’ambiente”, che contempla una serie di situazioni, punibili con pene di reclusione dai 6 mesi (impedimento di controllo) fino ai 15 anni (disastro ambientale) nonché multe da 10 a 100 mila euro.

L’ultima svolta per salvaguardare il benessere marino è arrivata circa tre mesi fa, con l’approvazione in Senato della legge Salvamare. Rimasta bloccata per quattro anni dalla presentazione in Parlamento, ha stabilito dei cambiamenti significativi nel contrastare l’inquinamento dei rifiuti a carico di tutte le acque. La legge ha introdotto l’educazione ambientale obbligatoria nelle scuole e l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione e pulizia, soprattutto ha messo fine a una prassi dannosa quanto diffusa nelle pratiche di pesca: il rilascio dei rifiuti accidentalmente pescati (RAP secondo la nuova normativa).

Prima infatti, i pescatori che raccoglievano questi rifiuti durante le operazioni di pesca erano costretti a rilasciarli in mare, a causa di un vuoto normativo per cui ricadevano nella categoria dei rifiuti speciali, il cui smaltimento è di responsabilità del produttore. Ora invece, il gap legislativo è stato colmato con la nuova categoria apposita che anzi, mira a incentivare il conferimento nelle apposite isole ecologiche (che stanno predisponendo nei porti) premiando i pescatori che intendano contribuire al corretto smaltimento dei rifiuti, non più a loro carico.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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