Gli italiani fanno scelte sempre più consapevoli negli acquisti e nei consumi in ottica sostenibile. Lo confermano i risultati appena presentati dall’Osservatorio nazionale dello stile di vita sostenibile di Lifegate che dal 2015 fotografa un trend ascendente, cresciuto dal 43% al 73%. Tuttavia, i dati singoli delle aree nelle quali queste scelte si diversificano rilevano un’adesione molto eterogenea e in alcuni casi un divario tra la coscienza e l’applicazione nel cittadino.

L’analisi – condotta nel giugno scorso  in collaborazione con l’Istituto di ricerca Eumetra MR – ha coinvolto 800 cittadini italiani maggiorenni, equamente distribuiti tra donne e uomini suddivisi in quattro fasce d’età. La metà di questi sono attualmente occupati, mentre i restanti due quarti sono ripartiti tra disoccupati e pensionati. Un ulteriore campionamento ha poi circoscritto tre focus su: Roma, Milano e sulla Generazione Z.

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In definitiva, l’identikit del cittadino più virtuoso è: donna, under 25, studentessa o laureata e professionalmente attiva.

Clima ed energia tra consensi e priorità condivise

La pandemia, il conflitto attuale tra Russia e Ucraina e le manifestazioni ricorrenti di eventi climatici estremi hanno innescato una riflessione sull’urgenza di uno stile di vita (più) sostenibile.

Questa escalation emergenziale si riflette nella percezione collettiva del campione intervistato, che dimostra una chiara consapevolezza di cosa siano e di come descrivere i concetti di riscaldamento globale (78%), energia rinnovabile (77%) e crisi climatica (69%). Di conseguenza, oltre la metà delle persone ritengono che le due principali priorità strategiche del nostro Paese siano la riduzione dell’inquinamento dell’aria (54%) e l’utilizzo di energia rinnovabile (57%) tale da divenire indipendenti.

grafico sul vocabolario della sostenibilità

Fonte: dati ufficiali dell’Osservatorio di Lifegate

Ciò nonostante, nessun’altra strategia energetica ha raccolto grandi consensi. Infatti solo l’11% del campione auspica un ritorno al nucleare e ancora meno una transizione verso l’idrogeno – o gas verde – su cui invece, ad esempio, l’Inghilterra sta attuando un’accelerazione che le consentirà fra qualche anno di sperimentare la prima rete di alimentazione per le utenze domestiche.

Azioni per uno stile di vita sostenibile, dall’alto e dal basso

Tuttavia, sul contributo delle aziende alle sfide richieste a uno stile di vita sostenibile per il pianeta, le persone si sono divise equamente: una metà ritiene che sia effettivo e un’altra invece ritiene che le azioni portate avanti siano mosse dal marketing. In altre parole, questa fetta di popolazione sospetta che l’operato del mondo corporate sconfini nel greenwashing, anche definito ambientalismo “di facciata”. In questo senso, si tratta di una strategia comunicativa di “pulizia” di ciò che – in gergo tecnico – viene definita brand reputation.

percentuali su fiducia nella sostenibilità delle aziende

Fonte: dati ufficiali dell’Osservatorio di Lifegate

D’altro canto però, sul piano delle azioni individuali, l’unica buona pratica che raccoglie grande adesione è la raccolta differenziata (71%), seguita dal limitare l’uso delle bottiglie in plastica e dalla cosmesi naturale, che però scendono rispettivamente alla metà e a un terzo. Incrociando il dato della raccolta con la scarsa conoscenza dichiarata dal campione sul concetto di economia circolare (37%), è possibile che il rispetto delle norme di avvio al riciclo sia molto incentivato dall’obbligo del sistema di raccolta diffuso nella maggior parte dei Comuni.

Complessivamente invece si può notare l’apporto sostanziale costante nelle altre pratiche da parte della Generazione Z, che si dimostra più attenta e ricettiva allo stile di vita sostenibile. Lo stesso si riscontra anche nella disponibilità a spendere di più per l’acquisto di vari prodotti e servizi.

grafico su azioni sostenibili compiute dai cittadini

Fonte: dati ufficiali dell’Osservatorio di Lifegate

Moda, design e mobilità sostenibile non ancora considerate abitudini

La mobilità sostenibile è uno dei settori in cui si manifesta con più squilibrio il gap tra comprensione e costumi. A fronte di una buona metà che sa di cosa si tratta e quasi l’80% che spinge per incentivare l’acquisto delle auto elettriche, solo il 7% ne possiede una. Nonostante la crescita vertiginosa che il loro utilizzo ha avuto nelle smart city nell’ultimo anno (+61%) l’utilizzo di mezzi meno impattanti paga ancora una certa diffidenza e alcune carenze infrastrutturali.

percentuali su mobilità e smart cities

Fonte: dati ufficiali dell’Osservatorio di Lifegate

Anche la moda e il design, pur essendo un settore iconico del nostro Paese, risentono moltissimo dell’impatto dei colossi del fast fashion; infatti solo l’11% dichiara di utilizzare vestiti naturali/sostenibili. Dietro questa distanza, si nasconde però una certa disinformazione riguardo la sostenibilità sociale della filiera tessile complice il vuoto normativo. A favore del salario dignitoso si sta battendo attualmente Fashion Revolution con la campagna “Good clothes, Fair Pay”, una petizione che si propone di raccogliere un milione di firme da presentare al Parlamento europeo per imporre una regolamentazione in merito.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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