Nel 2022 i Paesi dell’UE hanno investito circa 69 miliardi di euro in attività di servizi di protezione ambientale: si tratta dei costi di tutto ciò che serve a prevenire, ridurre ed eliminare l’inquinamento o il degrado dell’ambiente, e preservare le risorse naturali. Lo riporta Eurostat che conferma dal 2018 al 2022 un aumento del 20% della spesa green dell’UE, che comprende sia le spese correnti che gli investimenti e rappresenterebbe il 2% del PIL europeo attestandosi a 340 milioni.

In quali rami ambientali si investe maggiormente? Chi sostiene i costi degli “investimenti green” e come si comporta l’Italia sul piano delle spese verdi?

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Protezione dell’ambiente: cosa costa di più e su cosa si investe?

Con il Green Deal europeo lanciato nel 2020, la Commissione si è impegnata a mobilitare almeno 1000 miliardi di euro di investimenti sostenibili nel prossimo decennio ed il 30% del bilancio pluriennale dell’UE (2021-2028) è stato indirizzato agli investimenti verdi.

In questa cornice, come hanno riposto gli Stati alle sollecitazioni green? In base ai dati dell’Environmental protection expenditure accounts” – il sistema di contabilità che permette all’UE di registrare l’impegno economico per l’ambiente – nel 2022 la maggior parte degli investimenti privati e pubblici è stato indirizzato ai servizi di gestione delle acque reflue (il 44,0 % del totale degli investimenti) seguono il settore rifiuti (il 25,7 %) e poi la protezione dell’aria/emissioni (il 10,5%). Meno interessa la protezione contro le radiazioni (7,8%) e ancor meno la protezione del suolo e delle acque sotterranee (al 6%) nonostante i danni ambientali legati a maltempo, siccità e inondazioni degli ultimi anni. Alla biodiversità solo il 4,4% degli investimenti totali. Fanalino di coda la protezione del rumore (1,6%) che avrebbe impatti anche per la salute dei lavoratori. Chi è ha la responsabilità di questi investimenti?

Chi sostiene i costi dell’ambiente in Europa

Secondo Eurostat la parte del leone nel mondo green la fa il settore privato: le aziende ed i fornitori specializzati di servizi di protezione ambientale investono 44 miliardi di euro sui 69 totali (quindi il 65% del totale). Un dato in crescita dal 2018. Stiamo parlando non solo di imprese private di settore che si occupano di raccolta e trattamento dei rifiuti e fognature, ad esempio, ma anche di enti privati che acquistano tecnologie e attrezzature che riducono le pressioni ambientali. Il restante 35% è rappresentato da imprese pubbliche e terzo settore.

È interessante notare come l’aumento degli investimenti del 24% registrato da Eurostat sia il sintomo di un Sistema che può fare di più ma che ha anche reagito bene al crollo degli investimenti sotto il periodo pandemico, risalendo nel 2021 e nel 2022 del 6% e del 9% in tutti gli Stati Membri. E l’Italia sembra rispondere positivamente alla richiesta di investimenti nel green.

Quanto investe l’Italia per l’ambiente?

Nel 2020 la spesa nazionale per la protezione ambientale in percentuale rispetto al PIL negli Stati membri dell’UE variava dallo 0,6% in Irlanda al 3,5% in Belgio.

L’Italia compare fra i dieci Stati membri dell’UE che superano la quota UE del 2,3% del PIL insieme a Belgio, Austria, Romania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Germania, Estonia e Malta. Sempre nel 2020 l’Italia si piazzava al 6° posto in Europa per spesa per l’ambiente.

E se ISPRA nel 2018 attestava che la spesa nazionale ammontava a 24 miliardi di euro, pari all’1,35% del Prodotto interno lordo, i dati ISTAT più aggiornati, pubblicati nel 2023 (ma riferiti al periodo 2019) conteggiano in Italia investimenti per l’ambiente di 1.096 miliardi di euro distinti in spesa degli enti privati (946,5 milioni) e pubblici (102,5 milioni).

Fra i settori ambientali che ricevono la maggior parte degli investimenti, si trova la protezione dell’aria e del clima, poi la gestione delle acque e dei rifiuti, e solo al 4° posto il suolo e la tutela delle acque sotterranee in linea quindi con le tendenze di investimento europeo.

Perché investire in un futuro verde

È sempre Eurostat in un articolo correlato sulle statistiche di crescita dell’Economia ambientale a spiegare gli effetti positivi degli investimenti green sull’occupazione e sulle prospettive di crescita del settore, che andrebbero ben tenuti in conto quando uno Stato sceglie se destinare o meno risorse alle attività e servizi ambientali.

L’occupazione del settore ambiente, ad esempio, è aumentata in media del 2,4% su base annua dal 2000 al 2020 salvo alcune pause nel 2003 e dal 2012 al 2014. Dopo quell’anno è tornata a cavalcare “sovraperformando” sia in termini di occupazione (+4,5%) che di valore aggiunto lordo (+1,9%) rispetto all’occupazione totale (diminuita dell’1,4%) e al prodotto interno lordo dell’UE (in calo del 5,7%).

Questi dati testimoniano la vitalità di un settore prolifico che richiede una maggiore presa di coscienza ed uno sforzo convinto per cogliere tutte le opportunità che il Green Deal europeo stesso sta favorendo in modo sempre più incisivo nelle economie dei Paesi Membri attraverso i PNRR nazionali.

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Antonio Mazzuca

Antonio Mazzuca

Dal 2007 sono redattore editoriale tecnico-giuridico esperto e formatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro e tutela ambientale. Sono il coordinatore editoriale della Testata tecnica InSic.it e dal 2015 editore della testata culturale registrata Gufetto.press dedicata al mondo della cultura off per le quali scrivo news, articoli, recensioni, interviste e approfondimenti e svolgo formazione ai redattori sia per la parte critica che redazionale e per la scrittura in ottica SEO.

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