Al 31 dicembre 2020 il minor numero di persone in carcere dal 2015.

Nell’anno del Covid, il numero dei detenuti nei penitenziari italiani è diminuito. Secondo i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), aggiornati al 31 dicembre 2020, i detenuti sono 53.364, contro una capienza di 50.562 posti. Dal 2015 la popolazione penitenziaria è stata sempre in crescita, arrivando a febbraio 2020 a oltre 61 mila detenuti. Al 31 dicembre 2020 si è tornati ai numeri del 2015, con un’inversione dovuta alla pandemia da Covid-19.

Costante, invece, è la capienza degli istituti dichiarata dal Dap. Ma se nel 2019 erano 10 mila i posti in meno rispetto al numero dei detenuti presenti negli istituti di pena, nel 2020 questo scarto si è assottigliato. Il sovraffollamento è ancora critico in alcune regioni, nonostante il dato nazionale più favorevole. Le regioni che ospitano più detenuti rispetto alla capienza regolamentare delle carceri sono la Lombardia e la Puglia.

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Per evitare i contagi da Covid nei penitenziari italiani il governo ha adottato misure straordinarie

Nel 2019, in 25 delle 98 carceri visitate da Antigone, l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, le celle non rispettavano il criterio dei 3 mq per detenuto. In alcuni istituti penitenziari c’erano celle che ospitavano dodici detenuti contemporaneamente. In circa la metà degli istituti non c’era acqua calda per lavarsi e in più del 50% dei penitenziari le docce erano comuni. Otto istituti tra quelli visitati avevano celle con il wc era a vista, anziché in un ambiente separato. In molti istituti anche l’accesso alla luce del giorno e all’aerazione è ridotto. All’inizio dell’emergenza Covid nei penitenziari italiani vi erano 10.229 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare.

Una situazione di sovraffollamento che mal si conciliava con le raccomandazioni di distanziamento sociale per evitare i contagi da Covid e all’inizio di marzo 2020 sono scoppiate 49 rivolte nei penitenziari italiani. Per far fronte a questa emergenza il governo, nel corso dell’anno, ha introdotto alcune misure. Sono state concesse ai condannati ammessi al regime di semilibertà licenze premio straordinarie, si sono disciplinate la durata delle licenze premio e la detenzione domiciliare. Da questi provvedimenti sono stati esclusi i detenuti condannati per reati considerati gravi, quelli appartenenti alla criminalità organizzata e i delinquenti abituali.

detenuti e Covid nei penitenziari italiani

Fonte: Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Elaborazione: Buone notizie

Diminuisce la popolazione straniera, donne e minori detenuti nei penitenziari italiani

Un altro dato che rispecchia il trend nazionale e segna un ritorno al 2015 è quello della popolazione straniera: al 31 dicembre 2020 i detenuti stranieri erano circa 17 mila, contro i 19,9 mila di fine 2019. La percentuale di stranieri in carcere rispetto al totale dei detenuti è diminuita di circa il 4% negli ultimi 10 anni.

Anche la presenza delle detenute segue l’andamento generale della popolazione penitenziaria: al 31 dicembre 2020 sono 2.255 le donne in carcere contro le 2.663 dell’anno precedente.

Secondo il rapporto di Antigone “Carcere e Covid-19” (maggio 2020), il sistema degli Istituti penali per minori non è affollato. Se nel 2019 gli Istituti Penali per Minorenni italiani ospitavano 440 ragazzi, ad aprile 2020 contavano 298 minori. La permanenza dei ragazzi in carcere nel corso del 2019 è stata in media di 102 giorni. Con la crisi sanitaria il numero delle presenze è diminuito ulteriormente. Rimane invece invariato il numero dei ragazzi presenti nelle Comunità ministeriali e private.

Nel nuovo piano dei vaccini priorità ai penitenziari

In Italia, secondo i dati forniti dall’amministrazione penitenziaria e riportati dall’associazione Antigone, “al 16 gennaio 2021 erano 718 i detenuti positivi, in crescita dall’inizio del 2021, a cui aggiungere i 701 operatori penitenziari che hanno contratto il Covid-19”. Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone dichiara: “Il carcere è un luogo dove purtroppo si vive affollati, dove è complicatissimo mantenere le distanze, dove le condizioni igienico-sanitarie non sono sempre ottimali”.

A questo proposito, il 21 gennaio il commissario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri ha annunciato che, subito dopo coloro che hanno più di 80 anni, sarà il turno di vaccinare i detenuti nei penitenziari italiani. Con le linee di rimodulazione del piano vaccinale del 4 febbraio si prevede che a metà marzo partirà la campagna per polizia penitenziaria e detenuti .

La Ministra della Giustizia Marta Cartabia: “Ai detenuti va garantito il rispetto dei diritti umani”

Sulla situazione dei detenuti arrivano segnali positivi dal nuovo governo. Nel discorso alla Camera dei Deputati del 19 febbraio il Presidente del Consiglio Draghi ha affermato: “Infine, ma non meno rilevante, in tempi di pandemia non dovrà essere trascurata la condizione di tutti coloro che lavorano e vivono nelle carceri, spesso sovraffollate, esposti al rischio del contagio e particolarmente colpiti dalle misure necessarie per contrastare la diffusione del virus”.

Anche la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, mette il carcere tra le priorità del suo programma. Per la Ministra i detenuti non sono numeri, ma persone a cui “va garantito il rispetto dei diritti umani e la certezza che la pena sia scontata nel senso indicato dalla Costituzione”.

Una parte dei soldi del Recovery Fund andranno alla Giustizia e al sistema penitenziario. L’associazione Antigone auspica che si possa “investire nelle misure alternative, più economiche e più utili nell’abbattere la recidiva rispetto al carcere. Si devono ristrutturare le carceri esistenti, potenziando le infrastrutture tecnologiche per assicurare la formazione professionale anche da remoto, per consentire ancor più incontri con il mondo del volontariato, per aumentare le possibilità di video-colloqui con familiari e persone care che si aggiungano ai colloqui visivi. Bisogna investire nel capitale umano, assumendo più personale civile ed equiparando il loro trattamento economico a quello di chi porta la divisa. Insomma quello che serve è un nuovo sistema penitenziario”. 

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Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine, laureata in Scienze politiche e Relazioni internazionali con un Master in Comunicazione istituzionale. Lavoro in Rai da diversi anni. Giornalista pubblicista e tutor del laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista

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