Il Summit sul clima 2021 ha messo sul piatto della bilancia anche un complesso gioco di equilibri politici. Nonostante le tensioni degli ultimi mesi tra USA, Cina e Russia. 

Nelle giornate del 22 e 23 Aprile 2021, si è svolto il Summit sul clima indetto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. All’evento virtuale hanno partecipato 40 capi di governo, fra cui il nostro presidente del consiglio Mario Draghi.

La prima scossa di questi cambiamenti si è percepita: molti Paesi sono intervenuti con la promessa di ridurre le emissioni entro il 2030 e annullarle per il 2050. Cina e Russia hanno mostrato una nuova attenzione al problema, mentre il Brasile ha dimostrato di essere, ancora una volta, dominato dalla fame dell’oro e poco consapevole dei rischi per il pianeta.

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Gli USA e l’apertura del Summit sul clima

In apertura del Summit sul clima, il presidente Joe Biden – indicato come il presidente più ambizioso rispetto a qualunque altro, sulla sua campagna elettorale fortemente incentrata sul clima – ha chiesto ai leader di agire per un “imperativo morale”; lo stesso ha promesso di dare avvio a un piano internazionale di finanziamenti per la transazione verso un’economia globale de-carbonizzata.

Questo piano di “diplomazia climatica” ha portato alla luce tre grandi punti su cui l’America di  Biden vuole concentrarsi:

  • un piano di investimento di 2 bilioni di dollari per apportare migliorie a 4 milioni di edifici presenti nel Paese;
  • un piano di produzione di veicoli elettrici;
  • l’obiettivo di arrivare a zero emissioni entro il 2050.

Rispetto al Summit sul clima tenutosi a New York  del 2019, in cui avevano partecipato 66 paesi, le promesse sembrano più concrete. In quell’anno vi era stata una scarsa e deludente interazione da parte dell’allora presidente Donald Trump e molti Paesi avevano iniziato a pensare a un programma, senza però mostrare dati certi. Ad oggi, i risultati sono stati decisamente più concreti e hanno visto America, Europa e Cina e Russia uniti nella scelta di creare un mondo a zero emissioni.

L’Europa, il Summit e le nuove leggi sul clima

L’Europa è già pronta a passare all’azione. Pascal Canfin, il presidente della commissione ambiente dell’Europarlamento, ha dichiarato che l’Europa sarà il modello per gli altri Paesi. Compito dell’Europa, ha aggiunto, è quello di  influenzare lo standard globale.

Il 2021 e il 2022 segneranno per l’Europa un reale cambiamento di regolamenti e direttive sul clima, cercando di raggiungere gli obiettivi prefissati già nel 2030. Fra le proposte ancora in fase di varo, vi è quella sul creare una tassa sulla produzione di CO2: molti leader non sono d’accordo, in quanto discriminatoria per Paesi più grandi, come Brasile, Cina, India e Sud Africa (a loro volta inseriti nel gruppo Basic). Non c’è dubbio che questo sarà un anno di grande attenzione al tema del clima, e lo stesso si verificherà al G20 di Roma, in cui i dati potranno essere più certi.

L’Italia e le proposte per un clima migliore

Per l’Italia è intervenuto il presidente del consiglio Mario Draghi; ringraziando Joe Biden, il neo premier ha auspicato di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Nella sua presentazione, Draghi, ha ricordato che la ripresa dalla pandemia offre un’opportunità unica: quella di trasformare gli obiettivi di ogni Paese per realizzare un’economia più verde e inclusiva.

Il Summit è stato anche un modo per sottolineare l’impegno dell’Italia nel prossimo G20, che si terrà a Roma dal 20 al 21 ottobre 2021.”L’Italia è un Paese bello ma fragile – ha detto Draghi – L’emergenza climatica è una lotta per la nostra storia e i nostri paesaggi; dobbiamo inquadrare i nostri sforzi verso la sostenibilità all’interno di un approccio multilaterale efficace e inclusivo. Fra gli obiettivi del prossimo G20 la salvaguardia del nostro pianeta sarà fra i temi principali del  programma”.

Cina e Russia: grandi progetti entro il 2050 per il bene del clima

Mentre l’Europa propone al Summit di raggiungere la neutralità climatica per il 2050, con sguardi di intesa da parte di Angela Merkel ed Emmanuel Macron, i più rimangono poco convinti che Paesi come la Cina e la Russia possano raggiungere questo obiettivo.

Rispetto al 2019, dove era rimasto un sapore amaro sulle scelte di Xi Jin Pin, il Summit ha dato una nuova visione della Cina: l’obiettivo è raggiungere il picco delle emissioni nel 2030 e ottenere la neutralità carbonica nel 2060. Una proposta pretenziosa, senza promesse, ma la prima reale avvisaglia di una consapevolezza all’interno del Paese.

La Russia, dal canto suo, ha promesso un controllo sulle emissioni e la costruzione di una legislazione moderna per monitorare e ridurre le emissioni entro il 2025. Vladmir Putin, durante il Summit, ha dichiarato “La Russia è entusiasta per la collaborazione internazionale per trovare soluzioni efficaci contro il cambiamento del clima”.

Che il piano sia concreto o ancora in elaborazione non è dato a saperlo, ma la presenza di Putin, nonostante le tensioni delle ultime settimane con gli Stati Uniti, è da considerarsi un buon inizio.

Il Brasile al Summit: per limitare la deforestazione occorrono più fondi

Il Brasile, rappresentato dal ministro dell’ambiente brasiliano Ricardo Salles, ha promesso che, con maggiori introiti da parte degli altri Paesi, potrebbe pensare a ridurre la deforestazione. L’intervento ha fatto discutere nei giorni a seguire, in quanto il presidente Jair Bolsonaro, terminato il Summit, ha approvato un taglio del 24% dei fondi destinati alla deforestazione. Questi atteggiamenti stanno allertando l’Europa e gli Stati Uniti stessi, che vedono in queste decisioni una sorta di retrocessione alle promesse fatte.  

Il Summit sul clima 2021, quindi, ha avuto un successo inaspettato e i Paesi hanno ridimensionato le proposte del vertice tenutosi a New York nel 2019: dalla promessa di passare al green nel 2030, si è deciso di darsi come data ultima il 2050. I leader mostrano una nuova consapevolezza: è necessario iniziare a ridurre entro il 2030 le emissioni e operare al meglio e con soluzioni definitive per il 2050.

In questa prospettiva sembra che davvero il nostro pianeta potrà diventare green, nel pieno rispetto del clima.

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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