Abbinare il vaccino per la tubercolosi alla proteina spike del coronavirus: il nuovo promettente studio australiano.

Un gruppo di scienziati dell’Università di Sidney ha voluto testare l’efficacia di un insolito abbinamento per un nuovo vaccino contro il Covid. Hanno unito, infatti, la proteina spike del coronavirus e il vaccino BCG per la tubercolosi, somministrato per la prima volta nel 1921. Benché non ancora approvato in modo ufficiale, i primi risultati dello studio sono notevoli: con una sola dose i topi si dimostrano immuni al virus.

Le criticità degli attuali vaccini in commercio sono il motore della nuova ricerca

La pandemia da Covid-19 riguarda l’intero pianeta e dunque è importante adottare soluzioni globali, con rimedi accessibili a tutti. Come appunto si legge nell’introduzione allo studio, gli scienziati di Sindey hanno messo l’accento sul problema delle forniture dei vaccini in commercio. Nei paesi a basso reddito, infatti, risulta complesso garantire un’adeguata distribuzione delle dosi. I motivi principali sono tre: costo, conservazione e dosi multiple. Difatti, acquistare i vaccini approvati costa molto; quelli a RNA messaggero, come Pfitzer o Moderna, hanno bisogno di basse temperature di conservazione e i richiami sono una barriera alla vaccinazione di massa. Gli scienziati australiani, quindi, sono partiti da queste considerazioni per mettere a punto una strategia nuova: impiegare i vecchi vaccini approvati. Quale, però, tra i vaccini già in uso, è efficace contro il Covid?

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Una risposta possibile: il vaccino BCG contro la tubercolosi

Gli scienziati hanno concentrato le ricerche sul vaccino BCG (bacillo Calmette e Guerin), ideato a partire dal 1908 dal batteriologo Albert Calmette e dal veterinario Camille Guerin. Le sperimentazioni degli scienziati sul vaccino BCG  hanno dato finora risultati positivi. Infatti, è benefico sull’immunità e offre protezione contro altri patogeni. I dati raccolti di recente, inoltre, hanno dimostrato che BCG protegge gli over 65 contro le infezioni virali delle vie respiratorie. Questo effetto si ottiene perché BCG saprebbe allenare il sistema immunitario, rendendolo più reattivo verso le infezioni. Il vaccino BCG, infatti, può riprogrammare le risposte immunitarie innate e proteggere contro malattie di diversa origine. Si tratta di un fatto molto positivo, ma anche di un limite. Se BCG difende da generiche malattie, non è però capace di produrre anticorpi specifici per la singola patologia. Il risultato è che nel paziente non si sviluppa memoria immunitaria a lungo termine.

Ad aprile dello scorso anno girava sui social una bufala che le autorità hanno subito provveduto a smentire. La fake news affermava che i pazienti vaccinati con BCG fossero protetti dalle polmoniti causate da Covid-19. Da recenti studi emerge che il vaccino BCG stimoli il sistema immunitario in generale, ma non è vero che possa proteggere nello specifico contro il Covid. La prova più evidente è legata al luogo d’origine della pandemia, ossia la Cina. Lì, infatti, la quasi totalità della popolazione è vaccinata contro la tubercolosi. La pandemia, inoltre, ha coinvolto anche paesi come la Corea, il Giappone e l’Iran, dove si impiega in modo esteso il vaccino BCG.

Un’inedita combinazione per un nuovo vaccino contro il Covid

A Sidney, quindi, gli scienziati hanno sfruttato le proprietà del vaccino BCG nello stimolare la risposta immunitaria e vi hanno combinato la proteina spike del coronavirus. I risultati delle prime sperimentazioni sono molto positivi. La salute dei topi lo conferma. Questi, infatti, con una sola dose di vaccino hanno sviluppato una forte risposta immunitaria. I dati sono ancora limitati e occorrerà del tempo per ampliare le ricerche. Per approvare lo studio, la comunità scientifica ha bisogno di avere il maggior numero di prove possibili. Solo così si potrà testare il vaccino sull’uomo.

La proteina spike del Covid-19: “Conoscere il bullone per forgiare la giusta chiave inglese”

Il coronavirus ha un gran numero di proteine spike che formano una corona sulla sua superficie e che spiegano il nome dato al virus. La spike è la chiave per entrare nelle cellule del corpo umano, infettarle e moltiplicarsi. Questa si suddivide in due parti. La prima (S1) serve a legarsi alla cellula tramite il recettore; la seconda (S2) consente al virus di penetrare nella cellula. Studiare la forma della proteina, quindi, è importante per poterla bloccare e impedire il ciclo vitale del virus. In laboratorio, infatti, è possibile creare una molecola in grado di legarsi perfettamente alla proteina spike e arrestare il processo. L’Università San Raffaele di Milano usa un paragone concreto per spiegare questo complesso meccanismo: “Se devi svitare un bullone e non hai le chiavi inglesi a disposizione, una volta vista la forma del primo sarai in grado di forgiare la chiave adatta allo scopo.”

I vantaggi: economico, facile da ottenere e adattabile alle varianti

Innanzitutto, il vaccino BCG per la tubercolosi è conosciuto e prodotto da tempo. Per questo motivo è oramai economico e facile da produrre in grosse quantità. Inoltre, sintetizzare la proteina spike non comporta elevati costi di produzione. Il vaccino così realizzato è di tipo proteico, diverso dagli attuali Pfitzer o Moderna a RNA messaggero o AstraZeneca e Johnson&Johnson a vettore virale. È quindi molto duttile in caso di varianti: basta sostituire le singole componenti a seconda delle varianti. Procedere in questo modo è poco costoso, rapido e funzionale e lo studio australiano lo dimostra.

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Francesca Iaquinto

Francesca Iaquinto

Laureata in Lettere Moderne alla Statale di Milano, è stata studentessa di merito presso il Collegio di Milano per 5 anni. Nel dicembre 2019 ha vinto una Borsa di Studio per la scrittura della tesi presso la Duke University (North Carolina). Attualmente è docente di scuola secondaria, proofreader e scrive per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo costruttivo per diventare pubblicista.

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