Nelle sedi governative internazionali più importanti è allarme generale sul mining delle criptovalute con particolare attenzione ai bitcoin: spendono troppa energia. Ad oggi il mining sta producendo crisi sociali ed energetiche e sta forse frenando l’Agenda 2030. Le blockchain, però, se ecosostenibili, potrebbero essere utili. Potranno essere supportate da una vera rivoluzione energetica?

Mining: che cos’è?

Il mining è l’attività di estrazione di nuovi bitcoin, che avviene tramite la conferma delle transazioni nel mercato della criptovaluta. Ogni transazione economica, per essere accettata, necessita dell’autorizzazione della rete blockchain che supporta il bitcoin. Il primo computer ad autorizzare le transazioni dopo aver risolto l’hash (una serie di complesse equazioni) viene premiato e il proprietario pagato. I computer necessitano di elevatissima potenza di calcolo e di essere costantemente raffreddati: per questo le fabbriche di mining cercano luoghi con energia a basso costo e dal clima freddo e secco.

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Blackout e furti di corrente per il mining

Il 24 gennaio 2022 ben 3 stati asiatici, Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan, hanno subito un blackout generale per via dell’estrema domanda di energia dovuta al mining, che in quest’area del pianeta è passato dal 4% al 20% della produzione mondiale in pochi mesi. Precedentemente, nello stesso Kazakistan era esplosa una sanguinosa tensione sociale interna per l’aumento dei costi dell’energia, che molti hanno correlato proprio alle attività di mining delle criptovalute in quanto in quelle zone l’energia costava poco. Recentemente simili blackout sono stati segnalati anche in Russia nei pressi della gelida Irkutsk.

Oltre alle interruzioni di corrente è osservabile anche una diffusione dei furti di energia: ad Odessa, in Ucraina, un paio di settimane fa, è stato riportato l’ennesimo furto di corrente dalla linea delle ferrovie di Stato dai proprietari di una fabbrica illegale di mining con 100 computer. A luglio 2021, inoltre, il Servizio di Sicurezza Ucraino aveva sequestrato 5000 computer e 3800 playstation nei pressi di Kiev in seguito ad un furto di corrente del valore di 259.300 dollari al mese. Anche in Spagna di recente è stata scovata una piccola fabbrica illegale di mining che avrebbe consumato una quantità di energia pari a 2000 euro al mese. I frequenti Blackout, assieme ai furti, confermano che il mining inizia ad influenzare la quotidianità sociale.

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Centrale elettrica a carbone Kazakistan – Ilya Varlamov, CC-BY-SA 4.0

Quanto consuma oggi il mining globale

Quanto sia energivoro il mining lo dimostra il Cambridge Centre for Alternative Finance, secondo cui la sola rete bitcoin, la più sviluppata tra le reti blockchain, consuma 128,53 TWh l’anno, in pratica pari al consumo energetico dell’intera Argentina. Se le blockchain possano arrivare ad utilizzare esclusivamente fonti rinnovabili non è certo, ma la verde Norvegia, assieme alla Svezia, ha chiesto all’Unione Europea di “bannare” il mining, come già fatto da Cina e Kosovo. Anche in Russia, Usa e India si è aperto un dibattito sulla questione. Il mining necessita un flusso di energia continua, che fotovoltaico ed eolico non garantiscono. Se persino le reti energetiche a carbone e fissione nucleare, cioè quelle più sviluppate, ma anche più pericolose e inquinanti, iniziano a risentirne, la strada dettata dall’Agenda 2030 diventa più tortuosa.

La blockchain però può essere utile

Rimane sul tavolo il fatto che, a prescindere dai problemi del mining bitcoin, lo sviluppo delle criptovalute si appoggia sulla blockchain, che è una tecnologia innovativa, le cui potenzialità applicative prescindono dalle criptovalute stesse e sono riconosciute di grande utilità per l’evoluzione del web 3.0. Rispetto alla centralizzazione dei dati negli enormi server di proprietà delle grandi società di servizi, la blockchain permetterebbe il controllo sicuro e diretto del singolo utente sui propri dati e sul loro utilizzo.

Blockchain e sviluppo sostenibile

Come spesso accade con le innovazioni tecnologiche, perché siano di pubblica utilità, sono necessarie ulteriori innovazioni indirizzate alla sostenibilità del sistema senza che i cittadini subiscano danno. Per sviluppare le blockchain in maniera diffusa e trasversale, a prescindere dalla moneta virtuale, applicandole ai più disparati aspetti della società e ai nuovi dispositivi elettronici come smartphone, auto elettriche o internet delle cose, si pone il problema di una produzione energetica adeguata a sostenere la vivibilità della società e del pianeta, che rappresentano invece un obbiettivo imprescindibile per l’umanità.

Ridurre l’impatto energetico delle blockchain e aumentare l’efficienza della grande produzione energetica in maniera ecosostenibile diviene la chiave di volta per permetterne lo sviluppo e averne accesso alla relativa utilità. In tal senso, dato che l’unica grande fonte rinnovabile utilizzabile per le blockchain è l’idroelettrico, l’innovazione portante di una vera rivoluzione energetica e alla portata sembra essere la fusione nucleare. Google ha posto attenzione con propri finanziamenti sia sulle blockchain che su di essa: qualche buona motivazione per farlo l’avranno trovata.

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Pasquale De Salve

Pasquale De Salve

Sono laureato in Filosofia e scrivo per passione. Qui scrivo di ambiente, politica, diritti e qualche volta anche di altro. Cerco di intendere il mondo per quello che è, ma di utilizzare quelle poche parole che ho a disposizione perché possa migliorare. Il suo cambiamento, però, dipende dallo sforzo di ognuno di noi!

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