Buone Notizie ha intervistato Francesco Cherubini, Professore associato di Diritto dell’Unione europea alla LUISS Guido Carli di Roma, per raccontare le possibili soluzioni giuridiche alla guerra in Ucraina. Cherubini ci spiega anche come l’Ue e l’Onu potrebbero agire per non arrivare a un intervento militare.

Per la prima volta l’Unione europea “finanzierà l’acquisto e la consegna di armi ed equipaggi per un Paese sotto attacco”. Come è stata possibile questa decisione, considerato che i Trattati europei proibiscono l’uso del bilancio per spese con “implicazioni nel settore militare o della difesa”?

Il Trattato sull’Unione europea stabilisce che la sicurezza e la difesa costituiscono parte della politica estera e di sicurezza comune (PESC). Con il Trattato di Amsterdam l’Ue introdusse le cosiddette misure di Petersberg, cioè le missioni umanitarie e di soccorso, di mantenimento della pace, di unità di combattimento nella gestione di crisi e le missioni tese al ristabilimento della pace. Il Trattato di Lisbona ha integrato queste missioni con azioni congiunte in materia di disarmo, di consulenza e di assistenza in materia militare e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti.

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L’Ue finanzierà le spese delle armi da mandare in Ucraina attraverso lo Strumento europeo per la pace. Questo è un fondo, adottato dal Consiglio, fuori bilancio di circa 5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 e che è destinato a coprire tutte le azioni esterne con implicazioni nel settore militare.

Con la guerra alle porte, l’Ue accelererà il processo di una difesa comune?

È possibile, se non addirittura probabile. Quello che aveva dato vita al processo di integrazione europeo è un fenomeno per il quale il nemico comune normalmente aggrega Stati molto diversi. In sostanza, la solidificazione dell’area di influenza sovietica allora ebbe un impatto notevolissimo sul processo associativo. E non escludo che a fronte della minaccia esterna e della guerra in Ucraina si possa accelerare il processo di costruzione della difesa europea.

Secondo le Nazioni Unite i profughi fuggiti dal conflitto in Ucraina hanno superato il milione. Per la prima volta l’Unione concederà lo status di rifugiato saltando l’iter burocratico. Come si sta organizzando l’Ue?

Il Consiglio nel 2001 adottò una direttiva sulla protezione temporanea. La protezione temporanea doveva servire nelle situazioni in cui il flusso migratorio è talmente massiccio che non è possibile valutare la situazione di ogni individuo per capire se ha diritto alla protezione internazionale. La Commissione europea propone di attivare come soluzione giuridica la direttiva della protezione temporanea per dare assistenza immediata alle persone in fuga dalla guerra in Ucraina. Questa è una notizia quasi epocale, perché la direttiva era stata adottata per dare copertura a situazioni che si immaginava non si sarebbero mai più verificate. 

Questa procedura potrebbe poi essere adottata anche per altri rifugiati?

Il criterio per attivare la protezione temporanea è l’elevato numero di chi si muove in un lasso di tempo particolarmente breve. E quindi ovviamente nel caso di flussi che sono la normalità e che sono prevedibili come quelli dagli Stati subsahariani o dall’Afghanistan non c’è alcuna necessità di attivare la protezione temporanea. Nell’arco di un mese si stimano potenzialmente sette milioni di profughi ucraini, mentre le domande di protezione internazionale in un anno in tutta Europa sono poco meno di un milione. 

Il presidente ucraino Zelensky ha chiesto l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea e il Parlamento ha votato una risoluzione che chiede all’Ue di “adoperarsi per concedere a Kiev lo status di Paese candidato all’adesione”. Crede sia possibile che l’Ucraina entri nell’Ue da subito? È una soluzione giuridica per fermare la guerra?

Lo status di candidato si acquisisce nel momento in cui viene fatta la richiesta formale ed è un passaggio semplice. Il processo di ammissione invece è fatto di due fasi: una interna e l’altra esterna. Quella interna in realtà non ha tempistiche definite dai Trattati. La Commissione esprime un’opinione politica sulla prontezza dello Stato a entrare nell’Unione. Per ragioni politiche più volte la Commissione ha chiuso un occhio sull’adeguatezza di uno Stato. Questo è successo per esempio con le maxi adesioni del 2004. Poi vi è una approvazione del Parlamento europeo e infine una decisione all’unanimità del Consiglio. Quest’ultima è la meno scontata perché è richiesta l’unanimità.

La procedura esterna è un po’ più complicata perché è un negoziato fra lo Stato candidato e tutti gli Stati membri dell’Unione europea per stabilire le condizioni alle quali entrare. Negli anni precedenti la Commissione e l’Unione hanno fatto allo Stato una sorta di training sul diritto dell’Unione. Il diritto dell’Ue non si può applicare da mattina a sera nell’ordinamento giuridico di uno Stato. Quindi deve essere previsto un regime transitorio, che nel caso dell’Ucraina sarebbe molto lungo. Infine, è necessario il processo di ratifica del Trattato di adesione nei singoli Stati membri. Quindi l’adesione vera e propria non è una cosa che si può chiudere in tempi brevi. Considerato che la ragione principale dell’intervento russo è stata la difesa della propria sicurezza, probabilmente l’adesione dell’Ucraina nell’Ue non è una soluzione giuridica che risolverà la guerra.

Quindi qual è la soluzione giuridica che l’Ue potrebbe adottare per risolvere la guerra in Ucraina?

L’Ue deve resistere alla tentazione di fare interventi troppo diretti nello scenario ucraino. Le sanzioni che stanno applicando hanno il vantaggio che indeboliscono il consenso verso Putin. Inoltre, colpiscono anche gli oligarchi, quindi persone influenti e potenti. L’Ue punta alla deposizione di Putin, ma è una cosa che si consuma nell’arco di mesi. La buona notizia è che magari l’Europa potrebbe approfittare della situazione e trovare forme alternative di approvvigionamento energetico. Regime di sanzioni e negoziati porteranno a qualcosa di utile.

Invece se per esempio ci si accorgesse che le truppe russe iniziano a fare un’operazione di pulizia etnica non si può rimanere con le sanzioni. E lì è un bel problema.

Quali sarebbero le soluzioni giuridiche per intervenire militarmente nella guerra in Ucraina?

La prima soluzione giuridica di un intervento militare nella guerra in Ucraina è se lo Stato interessato chiede aiuto e quindi si forma un sistema di legittima difesa collettiva. L’altra possibilità è che la Russia venga esclusa dall’Onu e quindi non potrebbe applicare il diritto di veto nel Consiglio di sicurezza. In questo caso il Consiglio di Sicurezza autorizza la coalizione di Stati a intervenire. Un’altra strada, però contestata, è l’intervento umanitario per proteggere la popolazione.

L’ultima strada è utilizzare uno strumento che si inventò l’Assemblea generale dell’Onu, anche questo contestato. È una risoluzione che si chiama United for peace. In sostanza, se il Consiglio di Sicurezza è bloccato dai veti incrociati i poteri del Capitolo settimo della Carta dell’Onu, che disciplina le azioni rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace e agli atti di aggressione, passano all’Assemblea Generale. In questo caso si agirebbe a nome della comunità internazionale. Uno scenario in cui si agisce militarmente è molto rischioso in quanto non si possono prevedere le conseguenze. Secondo me, oltre a continuare con le sanzioni e a indebolire Putin dall’interno, si deve lavorare soprattutto con la Cina, perché a quel punto la Russia sarebbe isolata internazionalmente. 

La Corte dell’Aja aprirà un’indagine sulla situazione in Ucraina, dove sarebbero stati commessi crimini di guerra. Ci sono i presupposti per la Corte dell’Aja?

La Corte Penale Internazionale punisce i singoli individui. Questi devono aver commesso genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e di recente anche crimini di aggressione. L‘Ucraina non ha accettato la giurisdizione della Corte per il crimine di aggressione che è esattamente ciò che sta accadendo ma l’ha accettata degli altri crimini compresi crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Quindi è possibile portare i responsabili di fronte alla Corte penale.

 

 

 

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Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine, laureata in Scienze politiche e Relazioni internazionali con un Master in Comunicazione istituzionale. Lavoro in Rai da diversi anni. Giornalista pubblicista e tutor del laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista

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