L’infezione da SARS-CoV2, le sue varianti, gli effetti e le terapie da seguire sono ormai note a tutti, meno invece lo è il Long Covid, la sindrome caratterizzata dalla persistenza dei sintomi virali a distanza di un mese o più dalla negatività. La comunità scientifica impegnata nella ricerca sta tuttora studiando il fenomeno, invitando a sostenere programmi e servizi mirati a tutelare e migliorare la qualità di vita delle persone.
Il Ministero della Salute ha finanziato un progetto coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità presentato per la prima volta il 9 febbraio 2022, che vuole monitorare gli effetti dell’infezione da SARS-CoV2, per informare e per uniformare l’approccio clinico a livello nazionale. L’iniziativa ministeriale si accompagna a tante altre locali, nate con lo scopo di far conoscere gli aspetti della sindrome e di delineare le linee guide per gestirla.
Long Covid. Cos’è e quali effetti ha
Le conseguenze fisiche, cognitive e neurologiche, che persistono o si sviluppano a distanza di mesi dalla fase acuta del contagio, colpiscono sia giovani che adulti, ma più donne che uomini e dai diversi studi sull’argomento tuttora in corso sono stati rilevati circa 200 sintomi diversi, tra cui cefalea, ansia e stress, difficoltà di concentrazione e attenzione, mancanza di respiro e perdita dell’olfatto e del gusto.
Gli esperti hanno riscontrato conseguenze importanti sul sistema cardiovascolare, respiratorio e nervoso come miocardite e fibrosi polmonari ecco perché è sempre consigliato di recarsi a distanza di settimane dalla guarigione a una visita di controllo negli ambulatori Long Covid a chiunque abbia contratto il virus.
Long Covid, ecco il piano ministeriale
Per introdurre strategie di gestione clinica degli effetti del Long Covid è stato ideato il progetto dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute “Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione COVID-19”, che coinvolgerà per due anni una serie di Enti in Friuli Venezia Giulia, Toscana, Puglia e ha tra gli obiettivi quello di valutare le dimensioni del fenomeno, censire i diversi centri Long-Covid definendone numero e caratteristiche, garantire protocolli diagnostici e di trattamento omogenei e uniformare i servizi forniti sul territorio nazionale.
«L’iniziativa, lanciata dal Ministero, mira a dimensionare, riconoscere e affrontare questa condizione – afferma Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – attraverso l’istituzione di una rete nazionale di sorveglianza, una mappa di centri clinici collegati tra loro e capaci di condividere “buone pratiche”».
I progetti locali contro il Long Covid
Su tutto il territorio italiano sono sorte iniziative che mirano a fornire un supporto mirato ai cittadini affetti da questa patologia. Nella regione Veneto, nel comune di Rosà ad esempio, l’amministrazione comunale ha varato un programma di gestione della sindrome insieme allo studio locale di fisioterapia FISIOLAB 8.14. Attraverso la collaborazione di esperti, l’iniziativa prevede uno screening completo iniziale seguito poi da incontri settimanali di gruppo per circa 3 mesi, nei quali sono previsti esercizi di respirazione e tecniche di pacing, un diario giornaliero e una rivalutazione conclusiva.
Altrettanto importante è la collaborazione dell’Ospedale di Parma allo studio dell’Università di Oxford ISARIC (International Severe Acute Respiratory and emerging Infection Consortium) che punta a valutare le conseguenze fisiche e psicosociali a lungo termine del Covid-19 attraverso la compilazione di diversi questionari nel corso del tempo, per documentare l’eventuale presenza di sintomatologie e la loro evoluzione.
Long Covid, meno colpiti i bambini
La Società Italiana di Pediatria (SIP) ha recentemente redatto un documento in cui si ribadisce il consiglio di visitare i bambini e gli adolescenti che hanno contratto l’infezione dopo quattro settimane dalla fase acuta per verificare l’emergere di possibili sintomi post virali. Anche in assenza di problemi la SIP raccomanda di programmare un controllo sanitario a distanza di tre mesi dalla negativizzazione.
“Non sembrano invece esserci nei bambini conseguenze importanti a lungo termine sull’apparato respiratorio associate al Covid – rassicura Fabio Midulla, Presidente della Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI)
La reale diffusione del Covid tra bambini e adolescenti non è determinata, varia dal 4 al 60% a seconda degli studi, peraltro molto eterogenei ma i casi segnalati nei più piccoli sono di numero inferiore rispetto agli adulti. La patologia in questione tuttavia si presenta con sintomi molto diversi in ogni persona, per cui è assolutamente necessario monitorare qualsiasi presunto disturbo.
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