Mafia è la parola che viene in mente se pensiamo che sono passati trent’anni dall’attentato al giudice Giovanni Falcone. Il 23 maggio 1992, in quella che è passata alla storia come strage di Capaci, persero la vita anche la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.  Il termine mafia generalmente identifica quella particolare forma di criminalità organizzata che ricorre a pratiche intimidatorie e violente, traffici illeciti e che attecchisce soprattutto attraverso un comportamento omertoso che prospera grazie alla paura e al tacito consenso. Oggi più che mai è opportuno raccogliere i dati circa l’evoluzione di questo complesso fenomeno e delle risposte che nel tempo sono state date dalle istituzioni.

Evoluzione del fenomeno mafioso

Il termine mafia, in uso già a fine ‘800, inizialmente identificava un fenomeno prevalentemente siciliano. Dopo le stragi di mafia degli anni ’90 durante le quali hanno perso la vita i giudici Borsellino e Falcone il termine ha assunto via via un’accezione più ampia. Oggi è più opportuno parlare di mafie riferendosi a un modello mafioso diversificato geograficamente e diffuso su tutto il territorio nazionale

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Col tempo la mafia è cambiata. Stando al rapporto del 2021 della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), nata su intuizione dello stesso Giovanni Falcone, si è registrato un calo degli omicidi di stampo mafioso: da 9 del primo semestre 2020 a 2 nel primo semestre del 2021. Il numero delle associazioni di tipo mafioso individuate sono scese da 77 a 57.  È dunque  mutato  il modus operandi della criminalità organizzata sempre più propensa a inquinare l’economia legale anche attraverso operazioni illecite per mezzo del web.

Le attività criminali interessano diversi settori: da quello sanitario, a quello edilizio e immobiliare, da quello delle concessioni di appalti a quello delle opere pubbliche. La pervasività dell’attività criminale è dovuta all’esistenza di una “zona grigia”, come la definisce Primo Levi, uno spazio interstiziale nel quale si intessono relazioni tra soggetti del mondo legale con le associazioni criminali di stampo mafioso che si assicurano così il controllo del territorio. Le rete di relazioni utilitaristiche sono il canale attraverso cui le associazioni mafiose si infiltrano nelle amministrazioni locali riscuotendo anche consensi, infatti nel solo 2021 sono stati sciolti per mafia 10 comuni. Un dato in calo se si considera il picco di 34 comuni nei primi anni ’90.  Stando a quanto riporta Avviso Pubblico, dal 1991 al 6 maggio 2022 su 368 decreti di scioglimento, 23 sono stati annullati dai giudici amministrativi

La risposta della società alla mafia

A quest’evoluzione del quadro relativo alla criminalità organizzata è seguita una risposta sempre più decisa ed organica da parte delle istituzioni e dei cittadini. L’omicidio dei due giudici ha scosso la coscienza del Paese, le stragi di Capaci e di via d’Amelio hanno assunto un enorme valore simbolico per la lotta alla mafia e hanno suscitato una reazione decisa in coloro che non hanno rinunciato ai valori dell’onestà e della giustizia.

La vicenda legata a Giovanni Falcone è il segnale di una risposta istituzionale al fenomeno mafioso. Tuttavia bisogna riconoscere il grande contributo portato dai cittadini che hanno scelto di non piegarsi alla cultura mafiosa. È il caso dall’associazione Libera fondata da don Luigi Ciotti nel 1995 e che, dopo appena un anno dalla sua nascita, ha promosso un disegno di legge per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie.

Su questa scia nel 2010 viene istituita l'”Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” (Anbsc), che si occupa di gestire l’intero processo che porta dal sequestro alla restituzione alla società dei beni confiscati.

Nel 2011 viene emanato il codice delle leggi antimafia che coordina le normative riguardante il contrasto al fenomeno della mafia e che infonde nuova linfa nei tessuti istituzionali italiani.

Come a voler riconoscere l’intenso e fecondo lavoro culturale e sociale di contrasto alla mafia, il 1° marzo 2017 il governo approva l’istituzione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie che si celebra ogni 21 Marzo.

Ripartire dalla cooperazione e dalla formazione delle coscienze

Oltre alle associazioni e i movimenti dal basso anche il web è diventato un valido strumento di informazione e diffusione di una cultura antimafia: un esempio tra tutti è WikiMafia, un’enciclopedia libera e gratuita sul fenomeno mafioso, scientificamente controllata, nata nel 2012 e gestita da un gruppo di giovani studiosi e attivisti.

Un merito particolare bisogna riconoscerlo al mondo della cultura e dell’istruzione che ha da subito, con un consenso sempre maggiore, dedicato particolare attenzione al fenomeno. Nel 2013 è nato, presso l’Università Statale di Milano, il CROSS (’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata) e, sempre in Lombardia, nel 2015 sono stati istituite reti di scuole provinciali, chiamati Centri di Promozione della Legalità (CPL), grazie alla convenzione tra l’Ufficio Scolastico Regionale e  la Regione per finanziare e sostenere progetti didattico-educativi per il contrasto della mafia.

Oggi c’è bisogno di una vera e propria cooperazione internazionale per il contrasto delle organizzazioni mafiose, de è per questo che è nata la Rete Operativa Antimafia @On, di cui la Dia è ideatore e Project Leader.

È dunque quella del 23 maggio una data simbolica importante che resta un monito per la coscienza civile del nostro Paese.  La risposta congiunta di istituzioni e cittadini è la soluzione ad un problema complesso e intricato ed ancora attuale. L’impegno civile, supportato da un’autentica promozione della legalità, può generare una reazione etica solo se si mantiene viva la memoria del passato e si pianificano strategie politiche finalizzate a creare anticorpi efficaci contro la cultura mafiosa.

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Giacomo Capodivento

Giacomo Capodivento

Insegno religione dal 2012. Laureato in Comunicazione e Marketing e studente in Comunicazione e innovazione digitale. Per me occuparmi di comunicazione è una questione politica. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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