Dal 7 al 19 dicembre, Montreal, in Canada, ospiterà la COP 15, la Conferenza delle Parti sulla diversità biologica.

Il fatto che la manifestazione si svolga a solo due settimane di distanza dalla COP 27 è un segnale che dimostra l’importanza di affrontare congiuntamente le questioni del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità. Temi, questi, che rappresentano solo due facce di un problema ben più ampio, che fatica ancora a trovare il giusto spazio nelle agende dei decisori politici.

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Cos’è la COP sulla diversità biologica

La COP, la Conferenza delle Parti, è l’organo di governo della Convenzione sulla diversità biologica e promuove l’attuazione del trattato attraverso le decisioni che prende nelle sue riunioni periodiche, arrivate finora alla quattordicesima edizione. La prima si è tenuta nel 1994 a Nassau, alle Bahamas, l’ultima a Sharm-el Sheikh, nel 2018.

La Convenzione sulla diversità biologica è un trattato internazionale entrato in vigore nel 1993. L’accordo ha l’obiettivo di conservare e salvaguardare la biodiversità, utilizzare in maniera sostenibile le sue componenti e ripartire equamente i benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche, attraverso un accesso giusto e un trasferimento appropriato delle tecnologie necessarie.

Con 196 Parti che vi hanno aderito, la Conferenza ha una partecipazione quasi universale.

La Cina detiene la presidenza di questa COP 15. Le rigide politiche di Pechino per contrastare il COVID-19, però, hanno costretto a spostare la Conferenza a Montreal, dove ha sede il Segretariato della Convenzione.

Perché è importante fare qualcosa per la biodiversità

La biodiversità consiste nella varietà e nella variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono.

A causa dei cambiamenti climatici e della condotta umana, la biodiversità sta diminuendo a una velocità senza precedenti: interi habitat naturali vengono distrutti dalla pesca, dalla caccia, dalla deforestazione e dall’inquinamento.

Come riporta l’IPBES, anche se gli Stati fossero in grado di mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia dei 1,5 o 2°C rispetto alla fase preindustriale, la maggior parte delle specie terrestri vedrebbe ridursi il proprio areale, andando incontro a un serio rischio di estinzione.  Allo stesso tempo con la scomparsa di foreste, paludi, zone umide e altri ecosistemi, perdiamo ambienti capaci di assorbire enormi quantità di carbonio e di conseguenza riduciamo le nostre possibilità di ridurre l’impatto delle nostre emissioni.

Il cambiamento climatico minaccia la biodiversità e con il declino della biodiversità il cambiamento climatico peggiora.

La situazione è grave“, ha affermato Robert Watson, ex presidente dell’IPBES, “però non è ancora troppo tardi per invertire la rotta. Bisogna agire adesso e ad ogni livello, dal locale al globale“.

La mappa mostra alcuni hotspot di biodiversità sparsi in tutto il mondo.

L’ONG Conservation International ha segnalato 36 biodiversity hotspots, luoghi speciali che ospitano un gran numero di specie animali e vegetali. Tutti sono fortemente minacciati dalla perdita di habitat e dal deterioramento del loro ecosistema (Foto di Conservation International-Wikimedia Commons).

Cosa prevede l’agenda della COP 15

Fino ad oggi, sono stati fatti pochi progressi reali per tutelare la biodiversità: solo sei dei venti Aichi Targets, gli obiettivi individuati nel Piano strategico per la biodiversità 2011-2020, sono stati raggiunti in modo parziale, mentre nessun obiettivo è stato raggiunto pienamente.

Tra gli obiettivi interamente mancati, dove non solo non si sono ottenuti risultati, ma la situazione è in netto peggioramento, si segnala la perdita e la frammentazione di habitat, una delle cause principali alla base della perdita di biodiversità.

Nel corso della COP 15, quindi, le Parti saranno chiamate ad approvare i nuovi obiettivi del prossimo decennio, che andranno a sostituire gli Aichi Target.

È probabile che l’agenda negoziale venga indirizzata verso alcuni argomenti specifici, tra cui la possibilità di aumentare le aree protette, di garantire una gestione efficace della terra e delle acque che rispetti i diritti delle comunità locali, di fissare obiettivi chiari per affrontare le pratiche agricole non sostenibili, di indirizzare le finanze verso investimenti sostenibili e di recuperare e conservare le specie a rischio di estinzione.

Bisognerà vedere se le Parti riusciranno a trovare un’intesa che riesca a privilegiare il benessere del nostro ecosistema rispetto agli interessi nazionali. Un accordo non soddisfacente, al termine delle due settimane, rallenterebbe ulteriormente il nostro raggio di azione e le possibilità di contrastare in maniera efficace la perdita di biodiversità. Un accordo forte, invece, sostenuto da meccanismi di finanziamento e di monitoraggio, potrebbe aiutarci a gettare le basi per qualcosa di concreto.

Leggi anche:

Tutela della biodiversità e cambiamenti climatici: le risposte? Sono “basate sulla natura” (NBS)

Crisi climatica e perdita di biodiversità: qual è il legame e cosa si può fare

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Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Svolgo un progetto di servizio civile presso il Forum trentino per la pace. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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