«Il mondo della comunicazione è un mondo vitale, restituendo senso e speranza o, troppo spesso, incomprensione e sfiducia». Con queste parole Papa Francesco è entrato nel pieno del Giubileo 2025 della comunicazione, in occasione della Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, nel giorno in cui, il 24 gennaio di ogni anno, la Chiesa commemora san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e “dottore dell’amore divino”.
Il buon comunicatore deve porre all’orizzonte della sua vocazione il desiderio di “costruire” una società migliore. E questa missione affascinante ma impegnativa, passa dall’acquisizione della libertà e dal coraggio di scegliere le giuste parole e immagini, e fare di loro utensili preziosi al servizio della verità e della speranza. Spesso ciò comporta rischi, che ben conosce chi è stato imprigionato o chi ha dato la propria vita per comunicare ed essersi messo al servizio dell’altro.
Costruire dimensioni di senso attraverso parole e immagini
Il mondo della comunicazione, ha osservato il Pontefice, è un «mondo vitale», poiché da esso passa la vita che poi transita nelle vene della società, restituendo senso e speranza o, troppo spesso, incomprensione e sfiducia. Il giornalismo assai di frequente fa paura ai potenti proprio perché attraverso le parole costruisce dimensioni di senso intorno alla realtà, smascherando la «logica della disinformazione» che si nasconde dietro le fake news.
Per fare ciò, spesso i giornalisti danno la vita o ci rimettono la propria libertà, venendo imprigionati e torturati «soltanto per essere stati fedeli» alla propria professione, «per essere voluti andare a vedere con i propri occhi e aver cercato di raccontare ciò che hanno visto», ricorda il Pontefice. In fondo, la logica che si cela dietro le fake news è semplice e priva di rischi, almeno nell’immediato.
Quest’ultime erano state oggetto di un’attenta disamina da parte del Papa, in occasione della 52esima Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, tenutasi nel gennaio 2018. Due sono le caratteristiche fondamentali che presentano le fake news, ricordava il Pontefice: una natura mimetica e la capziosità. Attraverso la prima, esse appaiono plausibili, verosimili; per mezzo della seconda, invece, riescono a suscitare emozioni facili, in grado di catturare l’attenzione del lettore.
La capziosità, in modo particolare, è l’elemento chiave del loro successo. E questo perché essa risponde alla necessità dell’uomo di “tessere” storie e di comunicare per permettere di vivere la comunione con i propri simili. «L’essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello. È capace di raccontare la propria esperienza e il mondo, e di costruire così la memoria e la comprensione degli eventi», afferma il Papa. Ma di questa capacità può farsene un uso distorto, di cui l’alterazione della verità ne è il sintomo tipico.
Per comunicare è necessario essere liberi
Per fare una buona comunicazione occorre ripartire dalla libertà, che «è il coraggio di scegliere», ricorda Papa Francesco. «Rimettiamo il rispetto per la parte più alta e nobile della nostra umanità al centro del cuore, evitiamo di riempirlo di ciò che marcisce e lo fa marcire», ha osservato il Pontefice, facendo riferimento alla dipendenza causata dal continuo “scrolling” (scorrimento) sui social media. Questi ultimi sono l’immagine di tutto ciò che l’informazione non deve produrre, vale a dire: dipendenza, paralisi, addomesticamento delle coscienze, neutralizzazione del pensiero critico.
Viceversa, a una comunicazione saggia e vera è necessaria una conversione del cuore (è l’invito di questo Giubileo 2025), a cui rimanda l’etimo del verbo comunicare (cor habeo, avere cuore), che spinga gli animi al pensiero critico, al gusto della sfida per educare le coscienze a trovare soluzioni, a costruire la società del futuro. «Ascoltare con il cuore, parlare con il cuore, custodire la sapienza del cuore, condividere la speranza del cuore. In questi ultimi anni è stato dunque proprio il cuore a dettarmi la linea guida per la nostra riflessione sulla comunicazione», ha osservato Papa Francesco.
E a proposito di conversione del cuore, l’esperienza provata da San Paolo sulla via di Damasco è assunta dal Papa come paradigma di ciò che deve produrre ogni forma di “narrazione”, la quale è fondamentalmente una esperienza trasformativa. Attraverso le parole che impiega, il giornalista è chiamato a colpire, alla stregua di raggi di luce, il cuore della persona che si pone in ascolto, per vedere la realtà trasformarsi sotto i suoi occhi.

