Uno studio condotto dai ricercatori di Tor Vergata sta cercando di scoprire il “segreto” degli immuni per natura, i resistenti al Covid.

Mangiano, dormono e vivono a contatto con positivi al Covid-19; usano leggere precauzioni o talvolta nulla. Non è un idillio o una favola ma è quanto avviene nei casi – non più tanto rari – dei cosiddetti resistenti al Covid-19. La loro è una barriera invisibile, che li rende “immuni” dinanzi anche a contatti stretti con malati.

Ma com’è possibile? È quanto sta cercando di capire uno studio internazionale guidato dal genetista italiano Giuseppe Novelli, direttore del Laboratorio di Genetica medica del Policlinico Tor Vergata di Roma. Gli esperti italiani, insieme a 250 laboratori mondiali, coordinati dalla Rockefeller University di New York, cercano di trovare spiegazioni scientifiche adun interrogativo fondamentale: perché la risposta individuale all’infezione da SARS-CoV2 varia così tanto da persona a persona?

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«Vogliamo fare chiarezza su come questo virus operi e che tipo di risposta immunitaria inneschi per sviluppare terapie più efficaci. È l’ultimo, ma decisivo passo che la scienza può compiere», ha affermato il genetista italiano Novelli. Non è riduttivo parlare di una rivoluzione scientifica per definire quanto stanno scoprendo gli esperti, insieme a tante altre sfide vincenti della scienza in risposta all’epidemia.

Lo studio genetico sui pazienti più gravi

L’origine degli studi sui resistenti al Covid riguarda un’analisi sui decorsi più gravi della malattia. Lo scorso ottobre, sulla rivista Science, è apparso il primo articolo in cui è stata resa nota una scoperta eccezionale: il 15% delle mortalità  sarebbe  legato ad un difetto genetico che limita  la produzione degli interferoni di tipo I. I ricercatori hanno isolato il DNA di 700 pazienti con manifestazioni cliniche gravi della malattia e hanno individuato mutazioni specifiche che diminuiscono la produzione di IFN di tipo I.  La scoperta ha ovviamente avuto ripercussioni sulla terapia per contrastare il Covid, suggerendo un impiego di interferone di tipo I, farmaco per cui non sono stati evidenziati effetti collaterali se assunto per un breve periodo.  Per gli esperti dello studio, i “resistenti” e i più suscettibili rappresentano ambo i lati della stessa medaglia. “Per la prima volta – spiega Novelli – con questo studio è stato messo in evidenza che una caratteristica genetica dell’ospite è anche in grado di influenzare la gravità della malattia. Siamo partiti da qui: se esistono fattori genetici di suscettibilità, è evidente che c’è anche un rovescio della medaglia. In genetica funziona così, non c’è mai un unico senso”.

Il segreto dei resistenti al Covid è scritto nei geni?

Dopo la prima grande scoperta del “difetto genetico” nei pazienti più gravi, il progetto internazionale condotto dal genetista Novelli, ha rivolto la sua attenzione nei confronti degli “immuni per natura”. Gli esperti hanno individuato alcuni soggetti che, perennemente esposti al contagio, non contraggono il virus. Svolgono le attività più varie, interagiscono costantemente con i malati, a contatto anche in luoghi chiusi, ma non succede nulla. Cosa li rende così speciali? C’è una spiegazione scientifica?

Il primo passo per rispondere a questa domanda, è stato raccogliere il DNA di uomini e donne, di qualsiasi età, apparentemente resistenti al Covid dopo un contatto prolungato con positivi. Grazie alle moderne tecnologie è stato possibile leggere la “libreria genetica” di ogni persona e vedere se ci fossero omologie nelle sequenze di DNA, per trovare una spiegazione all’immunità. La ricerca è ancora in corso e non si è arrivati ad una risposta definitiva. Tuttavia si fa sempre più concreta l’ipotesi che un malfunzionamento genetico potrebbe rendere alcuni individui predisposti a produrre un surplus di interferone. “Gli interferoni di tipo I e III sono le molecole chiave della risposta immunitaria“, conferma Novelli. Proprio la loro maggiore produzione,  “salverebbe” dal contagio i resistenti.

L’immunità che dà speranza

L’obiettivo di questa ricerca è molto ambizioso: sviluppare farmaci monoclonali e antivirali più efficaci contro il Covid-19. Ancora non esiste una terapia di assoluta efficacia: l’assunzione di vari farmaci come l’idrossiclorochina o il Lopinavir/ritonavir, non si è dimostrata valida per ridurre la mortalità. “Identificare con precisione i meccanismi di resistenza permetterebbe di aprire l’orizzonte a nuove strategie terapeutiche”, ribadisce con convinzione Novelli. La difesa naturale dei resistenti al Covid può rappresentare un ulteriore passo per una ricerca che offra speranza di guarigione e salvezza.

 

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Antonella Acernese

Antonella Acernese

Antonella Acernese, aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it da settembre 2020 grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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