Teatri e cinema aumenteranno la capienza fino all’80%, annuncia il Cts: è abbastanza? Alcuni professionisti, però, non ci stanno.

Mercoledì sera è arrivato l’atteso responso del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid in merito alla capienza di teatri, cinema, musei, stadi e sale da ballo. La concentrazione di pubblico, ovviamente munito di Green Pass, cambierà in base alla logistica dell’evento: dal 100% all’aperto a un massimo dell’80% al chiuso. Ma i rappresentanti di categoria delle discoteche e dei locali da ballo non sono soddisfatti e chiedono di riaprire i propri locali.

Teatri, cinema e stadi: un respiro di sollievo

Mercoledì il Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid ha dato una prima risposta ai quesiti che molti rappresentanti di categoria chiedono da mesi. Teatri, cinema, musei e stadi sono già aperti da mesi, ma soggetti a restrizioni (per quanto riguarda la capienza), che si traducono in un danno economico che va ad aggravare la già difficile situazione creatasi nei lunghi mesi di chiusura.

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Teatri, cinema e sale da concerto passeranno alla capienza al 100% per gli eventi all’aperto e all’80% per quelli al chiuso; nessuna restrizione interesserà i musei. Gli stadi potranno essere riempiti fino al 75%: un passo in avanti rispetto all’attuale 50%. Tutti coloro che vorranno accedere agli eventi dovranno essere muniti di Green Pass e portare la mascherina se l’evento si svolge al chiuso: ancora non ci si fida dei risultati degli esperimenti condotti anche nel nostro Paese, sulla scia di alcune sperimentazioni fatte in Olanda e Spagna.

Le indicazioni date dal Comitato tecnico scientifico dovranno ora essere tradotte in un provvedimento di legge da parte del governo. Il Consiglio dei ministri dovrebbe riunirsi mercoledì prossimo: a restare col fiato sospeso sono soprattutto i gestori dei locali da ballo, uno dei settori più colpiti dalle chiusure dovute alla pandemia e che non ha ricevuto le risposte sperate dalla riunione del Cts.

Discoteche ancora chiuse

Nessuna buona notizia, infatti, sul fronte delle discoteche e dei locali deputati al ballo al chiuso. Nonostante le proteste dei gestori e le opinioni positive sulla riapertura da parte di molti esponenti di governo, il Comitato non si è espresso favorevolmente sulla riapertura. I sindacati, così come i gestori dei locali e i numerosi lavoratori del settore, paralizzato da oltre un anno, annunciano mobilitazioni.

Gianni Indino, presidente del Silb-Fibe:

“Se le cose andranno nella direzione delle indiscrezioni che trapelano, ritengo che la misura sia davvero colma. Le aziende dell’Emilia-Romagna che rappresento ritengono che servano decisioni forti per ribadire la nostra contrarietà ad un comportamento al limite del persecutorio nei confronti dei nostri imprenditori e dei lavoratori che vivono di questa attività”. 

I lavoratori del settore sottolineano una contraddizione evidente. Perché consentire di riempire gli stadi fino al 75%, con distanziamento e un uso delle mascherine spesso poco regolamentato, ma impedire a qualche centinaio di persone di ballare in ambienti che, in vista di una riapertura mai avvenuta, si sono dotati di mezzi di ricambio dell’aria e sono molto più semplici da controllare? Se per realtà come cinema e teatri si è trovata una soluzione a percentuale, perché non dare la stessa possibilità anche alle discoteche, ridando ossigeno al settore e contrastando le numerose realtà “clandestine” che sono nate in questo ultimo anno?

Sulla capienza i dubbi rimangono

Non sono solo i gestori delle discoteche, però, a dirsi insoddisfatti della sentenza del Cts. La Siae in una nota ha espresso la perplessità dei lavoratori dello spettacolo in merito alle percentuali relative alla capienza, insufficienti per far ripartire il settore.

In Italia abbiamo il numero di vaccinati più alto d’Europa e le misure più restrittive. La percentuale di persone almeno parzialmente protette dal coronavirus è dell’83,24% mentre il 77,99% è completamente vaccinato. Ci era stato detto che con queste percentuali si raggiungeva l’immunità di gregge. Un intero comparto rischia di essere cancellato, soprattutto con riferimento a quei settori (musica, concerti, discoteche e locali da ballo) che non vivono di contributi pubblici. Ormai è un rischio reale e vicino e per capirlo basterebbe un po’ di buonsenso”. 

La ripartenza del settore dell’intrattenimento e della cultura in Italia, insomma, rischia di interessare soprattutto settori che già contano su contributi pubblici. A farne le spese rischiano di essere le realtà meno “privilegiate” che rappresentano non solo ambienti culturali meno mainstream ma soprattutto, molto pragmaticamente, migliaia di posti di lavoro già dispersi o a rischio.

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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