L’Intelligenza Artificiale (AI) può unire i Paesi dell’Africa per migliorare la comunicazione fra realtà diversificate in termini di lingua e tradizioni culturali? Proverà a rispondere per Buonenotizie.it il professor Vukosi Marivate, docente in Data Science dell’università di Pretoria e co-fondatore del progetto Vulavula. Scopriamo di cosa si tratta e di come si propone di cambiare la comunicazione per gli abitanti dell’Africa.

Vulavula e le lingue dell’Africa

L’AI si evolve con grande velocità in tutto il mondo. La lingua principale con cui i programmi comunicano è perlopiù l’inglese. In un rapporto sulle potenzialità linguistiche dell’AI manca attenzione alle lingue minori: la maggior parte di queste si parlano in Africa, che detiene il record del mondo, con oltre 3000 lingue parlate. Molte di esse, inoltre, sono scritte con alfabeti complessi (pensiamo all’amarico o al berbero) e molte altre vengono trasmesse solo oralmente (come l’oromo). Per incrementare l’inclusività delle lingue d’Africa, sfruttando l’AI, è nata la start up Vulavula. Uno dei co-fondatori, il giovane professor Vukosi Marivate, ci parla del progetto e dei suoi obiettivi.

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«Mi chiamo Vukosi e sono docente in Data Science all’università di Pretoria – si presenta il professor Marivate – insieme ad altri ricercatori, con l’ausilio dei programmatori dell’azienda Lelapa AI, abbiamo fondato il progetto Vulavula, che significa “parlare” in lingua Xitsonga (una lingua minore sud africana). Utilizzando Chat GPT ci siamo accorti che le traduzioni in lingua africana non sono funzionanti. Il nostro obiettivo è quello di convertire la voce in testo per avvicinarci a più lingue africane possibili. Pensate che in Africa si parlano oltre 3000 lingue, il tasso di analfabetismo è molto alto, ma quasi ogni famiglia possiede un telefono cellulare. Il nostro obiettivo è quello di aiutare le persone a tradurre ciò che stanno cercando,“ascoltando”. Crediamo che questo sistema creerà inclusività grazie all’utilizzo dei programmi AI».

L’AI per istruire in lingua africana

Il progetto Vulavula tocca molti ambiti: da quello più semplice della traduzione in lingua africana a quello ambizioso di diventare strumento di apprendimento. Il tasso di analfabetizzazione è molto elevato in Africa, in particolar modo nel Paesi subsahariani, dove si stima che circa il 40% della popolazione sia analfabeta, con una percentuale più ampia di donne rispetto agli uomini. Tradurre i testi o le lezioni scolastiche oralmente, potrebbe agevolare l’apprendimento e dare più possibilità alle famiglie di far studiare i propri figli.

«L’AI sarà un grande aiuto per l’Africa – continua il professor Marivate – insieme ad altre associazioni crediamo nelle opportunità che l’AI darà alle persone. Al momento la maggior parte del nostro team lavora in Sud Africa. Per questo, ci stiamo concentrando sulla traduzione di tre delle lingue sud africane fra le più parlate: Afrikaans, Sesotho e Xhosa. Vogliamo dare agli africani la possibilità di essere capiti parlando nella propria lingua. L’AI presto renderà più facile la comunicazione dell’Africa con il resto del mondo».

L’AI può distruggere le tradizioni africane?

La voglia di modernità è tanta, ma questa può cancellare le antiche tradizioni africane? L’AI può omologare i Paesi africani e far perdere la loro unicità?

«Io sono africano, come la maggior parte dei colleghi della nostra start up – conclude Marivateagevolare l’apprendimento e aiutare gli abitanti dei differenti Paesi d’Africa a comprendere cosa accade attorno a loro non può cancellare le antiche tradizioni. Se ci pensiamo dai Masai ai Mursi, dai Berberi ai Touareg, tutti possiedono un telefono. Non dobbiamo più vedere l’Africa come un dipinto del 1800, ma oggi è un Paese estremamente moderno e molto vicino all’Europa. Pensiamo all’arte sud africana, che si sta quotando sempre di più o all’evoluzione infrastrutturale data dai progetti cinesi e indiani. L’Africa si sta già modernizzando e l’AI sarà un mezzo per democratizzarla e aiutare la popolazione a vivere meglio».

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Edoardo Casolo

Edoardo Casolo

Edoardo Casolo sono appassionato di geopolitica, cinema e cultura, di viaggi e di industria video-ludica. Vicentino ma vivo a Venezia, città che ho amato dal primo momento in cui l'ho vista. Con il laboratorio di giornalismo cerco di realizzare il mio sogno di diventare pubblicista.

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