Il riso italiano rappresenta quasi il 60% della produzione europea e verso l’Ue sono destinate la maggior parte delle esportazioni. Anche se alcuni fattori come la crisi climatica, la riduzione di superfici coltivate e l’import da parte dei Paesi del sud-est asiatico hanno cambiato la situazione: per questa ragione, i coltivatori hanno stabilito di apportare alcune modifiche al sistema. I produttori hanno deciso di puntare sulla qualità, privilegiando le varietà a basso impatto glicemico, in modo che il riso possa essere consumato anche da chi deve tenere sotto controllo la glicemia. Inoltre occorre investire sulla coltivazione di varietà di riso che siano altamente resistenti alla siccità.

Produzione di riso italiano: la situazione attuale

La scorsa estate è stata caratterizzata da temperature elevate e da una lunga siccità: ciò ha influito inevitabilmente sulle coltivazioni, causando una ridotta produzione di riso. Dopo questa fase di difficoltà, i produttori si affermano ottimisti per la prossima stagione. Infatti a partire dall’autunno, è iniziata un’importante ripresa, anche se gli addetti ai lavori devono pensare a nuove strategie per valorizzare il prodotto. Per adeguarsi ai cambiamenti climatici è necessario apportare delle modifiche al sistema di produzione: gli imprenditori del settore punteranno su varietà di riso più resistenti alla siccità. Si  tratta di specie con radici che sono in grado di assorbire maggiore umidità dal terreno e più in profondità, in modo da contrastare eventuali perdite del raccolto.

Ma le aziende italiane non dimenticano di salvaguardare la qualità: infatti le “nuove” varietà di riso manterranno gli standard qualitativi che da sempre lo caratterizzano. La tutela del riso non passa solo attraverso strategie contro i cambiamenti climatici: occorre ripensare alla questione degli Stati importatori. Infatti i Paesi del sud-est asiatico come Myanmar e Cambogia, lo scorso anno hanno destinato all’Ue una quantità di prodotto pari a 292mila tonnellate, con un aumento del 30%. Per arginare i competitor, occorre investire non solo sulle qualità tipiche, ma anche sulla valorizzazione di nuove tipologie che abbiano maggiore qualità e ricchezza dal punto di vista nutrizionale.

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Riso italiano: un'eccellenza da tutelare

Particolare di una risaia

Riso italiano: una risorsa da difendere pensando al futuro

Lo scorso maggio è stata presentata la conclusione del progetto di ricerca realizzato grazie al sostegno dall’Ente Nazionale Risi, in collaborazione con l’Università di Pavia e il Politecnico di Torino. La ricerca condotta sulle varietà Selenio e Argo, ha portato a ridefinire le informazioni nutrizionali di questi prodotti. Infatti si tratta di tipologie di riso contraddistinte da un basso indice glicemico e dunque adatto anche ai soggetti che devono tenere sotto controllo i valori glicemici o che seguono una dieta. Al contrario, il noto riso Carnaroli presenta un indice glicemico medio.

Inoltre, un altro studio ha effettuato un’analisi sulla struttura interna del chicco di riso sia italiano sia straniero: quest’ultimo è più compatto di quello italiano che invece presenta una struttura più porosa. L’obiettivo è quello di valutare la relazione fra le proprietà organolettiche e determinare un possibile legame tra la struttura interna e l’indice glicemico.

La recente ricerca ha evidenziato come la produzione di riso del futuro possa ambire ad essere più sostenibile. Infatti i sistemi di coltivazione più innovativi, consentono di produrre il riso sempre più nel rispetto dell’ambiente. Basti pensare che il sistema di irrigazione delle risaie non comporta sprechi idrici. L’acqua, che scorre da una camera di risaia all’altra, viene utilizzata 2,5 volte prima di affluire ai fiumi. Le risaie riescono ad assorbire ingenti quantità di acqua che poi rilasciano gradualmente.

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Elisabetta Majocchi

Elisabetta Majocchi

Elisabetta Majocchi, laureata in Informazione ed Editoria ho collaborato con testate scrivendo di cultura, costume e società. Appassionata di attualità, politica e sostenibilità, oggi scrivo per BuoneNotizie.it grazie al Laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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