Qualche giorno fa, navigando tra le notizie in rete, ho visto la pubblicità di un quotidiano che, per spingere l’acquisto dell’abbonamento, aveva scelto una frase che tutti ricordiamo associata a una notissima trasmissione radiofonica: Tutto il calcio minuto per minutoè diventato “La guerra in Ucraina, minuto per minuto! Abbonati a…”. Il mio primo pensiero è stato “ma ne abbiamo davvero bisogno?”.

A quanto pare sì, visto che anche altre testate hanno avuto la stessa pensata:

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Analizziamo un concetto apparentemente semplice: l’audience.

Se l’impatto di una notizia non può essere misurato, allora misuriamo solo ciò che è misurabile: l’audience!

Cosa voglio dire? Non importa più se il modo in cui vengono date le notizie generano allarmismo, ansia, paura e depressione. Tanto poi ci pensa il Governo con il bonus psicologo.

Nel 2012, il team di Buone Notizie aveva realizzato uno studio sulla base delle ricerche disponibili al tempo, grazie al quale avevamo stimato che curare ansia e depressione causata dai media può arrivare a costare al Servizio Sanitario Nazionale fino a ben 200 euro pro-capite. Quello studio vinse il terzo premio alla Global Social Venture Competition, una competizione tra progetti ad alto impatto sociale ospitato e organizzato in Italia dall’Università Cattolica di Milano dall’Università e, a livello globale, dall’Università di Berkeley in California.

A dieci anni di distanza dobbiamo constatare che non è cambiato molto. Tuttavia, nulla è impossibile. E credo che nei prossimi dieci anni, grazie anche a nuove realtà che all’estero stanno aumentando la consapevolezza di giornalisti ed editori per adottare un approccio più costruttivo nella narrazione delle notizie, proprio come stiamo facendo noi in Italia, le cose miglioreranno decisamente.

Hanno già iniziato a farlo testate come New York TimesThe GuardianBBC, The Economist, le tv di stato di paesi nord europei come la Svezia e la Danimarca, che si sono rese conto del declino della qualità della loro informazione e del fuggi fuggi dei loro lettori e telespettatori.

A livello globale, la prima causa di disaffezione è dovuta al fatto che le notizie hanno un effetto negativo sull’umore delle persone (48%), la seconda è che i lettori mettono in dubbio le veridicità delle notizie stesse (37%), secondo il Digital News Report del Reuters Institute.

Ma come stanno provando a risolvere questo vuoto i nostri colleghi europei? La risposta è tanto semplice quanto logica, almeno nella testa dei consumatori di notizie, meno in quella degli editori. Attraverso un approccio più costruttivo alla costruzione dei titoli e delle notizie, ovvero trattando gli argomenti e i fatti con lo stesso rigore del giornalismo d’inchiesta, ma con una chiave di lettura che apre a possibili soluzioni, interventi risolutivi, best practice che hanno già risolto quel problema altrove o che sono potenzialmente in grado di farlo.

Soluzioni ai problemi, quindi, e non solo problemi. Il risultato è quello di non lasciare il lettore con l’amaro in bocca, con quella sensazione di indignazione, frustrazione, quel senso di impotenza che porta ad allontanarci dal problema, e quindi dalle notizie che, così come vengono scritte oggi, non sono quasi mai oggettive e non portano alcun valore aggiunto a chi le legge. Per le testate che hanno creduto nell’approccio del giornalismo costruttivo, c’è stato infatti un recupero sensibile dell’audience persa in decenni di cattiva informazione. Ne parleremo anche in occasione del Festival del Giornalismo di Ronchi dei Legionari, domenica 5 giugno, e al corso per l’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna, martedì 7 giugno, a Bologna.

La situazione non può dunque che migliorare, dopo aver toccato il fondo. L’Italia, si sa, arriva sempre qualche anno dopo, ma i cambiamenti arriveranno anch’essi, inesorabili.

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Silvio Malvolti

Silvio Malvolti

Ho fondato BuoneNotizie.it nel 2001 con il desiderio di ispirare le persone attraverso la visione di un mondo migliore. Nel 2004 ho costituito l'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, che oggi gestisce questa testata: una sfida vinta e pluripremiata.

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