Essere ucraini o essere russi fa differenza oggi? Ad un anno dall’inizio della guerra la risposta è sì. La percezione della nazionalità e provenienza è cambiata, così come i diritti o le opportunità.

Per Buonenotizie, tre interviste ci portano a sentire le voci di chi vive in prima persona gli effetti xenofobi o esterofili della guerra (i cognomi degli intervistati sono stati omessi, per questioni di sicurezza).

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Gli ucraini e la percezione della guerra

Vadym B. è originario di un villaggio vicino a Kiev. Ha combattuto per due mesi, ma poi è rimasto ferito. Vive provvisoriamente a Venezia con la famiglia, grazie al programma di accoglienza per i profughi ucraini, attuato dall’Italia.

Ho visto gli orrori della guerra – commenta Vadym – ho 32 anni, fino all’anno scorso pensavo al mio lavoro e al futuro dei miei figli. Quando sono stato sul campo di battaglia ero impreparato, come tutti. I russi che combattevano erano esattamente ragazzi come me, nella stessa condizione. Nonostante ciò la mia percezione nei loro confronti è cambiata: come posso perdonarli? Come possiamo noi ucraini dimenticare? So che sono persone come me, alcuni ancora più giovani: ma in questo momento penso solo alla desolazione del mio Paese e critico le scelte politiche della Russia e l’idea di continuare la guerra.

Non sarebbe giusto dare ai russi l’accoglienza e la protezione che viene data a chi fugge dall’Ucraina. Mi accorgo che essere ucraino offre tante opportunità, ma è un nostro diritto. Nessuno di noi era preparato alla guerra. La mia famiglia è’ arrivata a Venezia ad aprile 2022: siamo stati ospitati da alcune famiglie e i miei due figli sono stati subito accolti a scuola. Sono ripartito per difendere il mio Paese, ma sono stato ferito: una colta guarito ho potuto ricongiungermi con i miei cari. Rimarremo in Italia ancora per qualche mese e poi torneremo a casa. So che siamo più fortunati rispetto ad altri popoli in guerra: il fatto di essere in Europa e di avere Paesi economicamente trainati a livello mondiale ha innescato la protezione dell’Ucraina”.

C’è chi nasconde le proprie origini

Alexandra B. è ricercatrice originaria della Moldavia. Studia all’università IUAV di Venezia e proviene da una famiglia filo-russa.

“Metà della mia famiglia proviene dalla Russia – racconta Alexandra – io stessa parlo il russo e mi sento molto legata al Paese. Nonostante ciò, in questo periodo storico, a volte nascondo le mie origini: essere russi sta diventando penalizzante. La mia famiglia non ha subito discriminazioni, né in Moldavia, né in Italia, ma siamo tutti a disagio. Addirittura in università sono diminuiti i corsi di letteratura e cultura russa: c’è molta meno gente iscritta al corso di lingua. Io sono fiera delle mie origini, ma mi sono resa conto di aver inconsciamente dimenticato di essere legata alla Russia, per paura di essere discriminata.

È’ ingiusto: c’è una forma di razzismo che aleggia in tutta Europa. Spesso, se ci sono amici russi, semplicemente non parliamo di ciò che succede, per non accenderci in polemiche. La guerra ha portato a essere divisi in amici o nemici della Russia, dimenticandosi che i protagonisti sono esseri umani, che non vengono più considerati tali. Come per tutti i Paesi ci sono persone buone e cattive e si dovrebbe smettere di dividerlo in pro ucraini o pro russi”.

Provenire dalla Russia è discriminante?

Natalia V. è di Mosca e vive in Italia da 10 anni. Ha studiato storia dell’arte all’università di Venezia e oggi lavora a Roma per alcune fondazioni.

‘Sono fiera di essere russa – annuncia Natalia – per anni il mondo ci ha considerati un popolo su cui poter investire. Quando vivevo a Venezia i negozi del lusso avevano l’acquolina in bocca nel vedere turisti russi comprare borse, abiti e oggettistica. I voli da e per la Russia erano decine ogni settimana. Le università offrivano corsi di lingua e letteratura russa, i negozi assumevano personale madrelingua. Dal 20 febbraio scorso avere legami con la Russia è diventato penalizzante. Questo colpisce anche me: ho fatto domanda per un nuovo lavoro e ho sperato che non mi chiedessero la provenienza. Come si può vivere vergognatosi delle proprie origini?

La mia famiglia vive per metà in Russia: a causa dei blocchi è davvero difficile e costoso raggiungerli. Ho paura di non poter più rivedere i miei nonni, malati e anziani. Ad un anno dall’inizio di questa guerra posso dire che per i russi il mondo è davvero cambiato e che questo avrà delle ripercussioni nei prossimi anni. Quello che mi auguro è la fine della guerra, ma soprattutto il considerare le persone per il fatto di essere tali e non per il colore della loro pelle o della nazionalità. Sono sempre la stessa persona che ero lo scorso anno: artista, logorroica e russa”.

Condividi su:
Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici