Il tema del riciclo degli indumenti sembra mettere tutti d’accordo. Molte catene di moda utilizzano il riciclo tessile nelle campagne pubblicitarie dei loro brand e, anche a livello istituzionale, sembra essere un tema universalmente condiviso. Eppure il settore tessile continua a essere tra quelli più inquinanti a livello mondiale, con una produzione di rifiuti che cresce di anno in anno. Quanti dei nostri vestiti vivono effettivamente una seconda vita? Vediamo insieme lo stato dell’arte del riciclo nel settore tessile.

L’impatto ambientale del settore tessile

Secondo una relazione dell’Agenzia europea per l’ambiente (AEA), tra il 2000 e il 2015, la produzione di abbigliamento è raddoppiata, mentre l’utilizzo è diminuito del 36%. Questo ha comportato la riduzione del ciclo di vita degli indumenti: ogni cittadino europeo consuma ogni anno quasi 26 kg di prodotti tessili e ne smaltisce circa 11 kg. Di questi solo una parte va incontro a riutilizzo o riciclo, mentre una quota significativa finisce nelle discariche o viene incenerita. Sempre secondo la relazione dell’AEA, addirittura l’87% dei indumenti finirebbe il proprio ciclo di vita in questo modo, secondo altre fonti si tratterebbe del 62%.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Oltre al problema del riciclo degli indumenti, altrettanto significativo è il tema del consumo di materie prime. La produzione tessile utilizza moltissima acqua, senza contare l’impiego dei terreni adibiti alla coltivazione del cotone e di altre fibre.

Alcune stime indicano che per fabbricare una sola maglietta di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce, un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo.

L’industria tessile è responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa dei vari processi a cui i prodotti vanno incontro. Inoltre produce il 10% delle emissioni globali di carbonio, più del totale di tutti i voli internazionali e del trasporto marittimo messi insieme.

Il riciclo degli indumenti nel tessile

L’impatto ambientale del tessile.
Fonte: Agenzia europea dell’ambiente (AEA), 2023

Il riciclo degli indumenti tra problemi e nuove sfide

Secondo la Commissione europea, ogni anno il 38% dei prodotti tessili viene raccolto separatamente e destinato al riciclaggio o al riutilizzo. L’obiettivo primario del riciclo tessile è quello di trasformare i prodotti a fine vita in nuovo materiale fibroso che abbia proprietà simili al materiale vergine. Questo processo è attuabile in maniera abbastanza semplice per tutti quegli indumenti composti da un solo materiale, ad esempio le magliette 100% cotone. Il problema si pone invece con quei prodotti composti da materiali misti: in questo caso separare le diverse componenti richiede un processo molto più complesso e laborioso.

Attualmente esistono diverse tecniche per il riciclo tessile.

  • Recupero meccanico delle fibre: macchinari composti da tamburi rotanti distruggono la struttura del tessuto creando nuove fibre che possono essere riutilizzate.
  • Ri-filatura o riciclo termico: i tessuti composti di fibre termoplastiche o che possono essere dissolte vengono trattate con particolari solventi. Ne deriva una soluzione che può essere utilizzata per la ri-filatura.
  • Feedstock recycling e riciclo chimico: la struttura polimerica delle molecole del tessuto viene rotta in pezzi più piccoli, che vengono poi ripolimerizzati in nuove fibre. È l’unico processo che consentirebbe il riciclo anche di indumenti composti da diversi materiale, ma si tratta di processi potenzialmente poco ecologici o molto difficili da gestire.

Il trattamento dei tessuti multimateriale resta il limite più grosso al riciclo tessile. Attualmente, gli unici metodi realmente ecologici in grado di superare questo limite sono il compostaggio e il compostaggio verminale. Due processi che non danno vita a un nuovo materiale tessile ma comunque utili ad eliminare gli scarti, dandogli una nuova funzione.

Le nuove strategie per il riciclo degli indumenti

La crescita della fast-fashion (moda veloce), favorita negli ultimi anni dai social media e dall’industria tessile stessa, ha svolto un ruolo fondamentale nell’aumento dei consumi. Le nuove strategie per affrontare questa problematica includono lo sviluppo di nuovi modelli di business per il noleggio di abbigliamento, la progettazione dei prodotti realizzata in modo tale da consentire che il riutilizzo e il riciclo siano più facili, sensibilizzare i consumatori ad acquistare meno capi di migliore qualità. Concetti come moda circolare e moda sostenibile stanno diventando sempre più diffusi, ma la strada da fare è ancora molta.

Per fare fronte a questa situazione, nel marzo 2022 la Commissione europea ha presentato una nuova strategia per rendere i tessuti più durevoli, riparabili, riutilizzabili, riciclabili. L’obiettivo è rendere tutti i prodotti tessili dell’Ue sostenibili e circolari entro il 2030. La pratica del riciclo tessile risulta in definitiva ancora troppo poco diffusa, seppur sempre più indagata e sperimentata nelle diverse sue forme. La mobilitazione delle istituzioni però, soprattutto degli organi dell’Ue, fa ben sperare.

Condividi su:
Caterina Poli

Caterina Poli

Medico Chirurgo con focus sulla salute materno-infantile. Credo in un tipo di informazione chiara e accessibile a tutti, ma sempre rigorosa. Amo parlare di salute, benessere e diritti. Collaboro con Buonenotizie e partecipo al laboratorio di giornalismo costruttivo.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici