Dopo le città, anche borghi e paesini diventano “smart” e prendono il nome di smart village. Quale sarà il loro nuovo volto?

Si è parlato parecchio di città intelligenti (smart city) soprattutto durante il lockdown, quando si attendeva il ritorno alla vita sociale e cittadina. Sulla scia che unisce l’urbano con l’intelligenza artificiale, il dibattito si sposta adesso in periferia. Si parla degli smart village, ossia borghi e paesini in cui sostenibilità e riqualificazione si incontrano e creano benefici su diversi livelli. Vediamo quali.

Cosa sono gli smart village

Già nel 2015 si discuteva in Europa di ridistribuzione della popolazione presso le zone rurali. Un fenomeno, quello della deurbanizzazione dei borghi, che accomuna tutto il Vecchio Continente. È però nel 2020 che – con l’incremento dello slow tourism e del turismo locale – si riprende a piena voce la tematica.

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Il cambio di rotta (dalle città ultra popolate ai borghi) corre dunque su un doppio binario: da un lato secondo gli esperti bisogna iniziare a rendere più autonomi i paesi, dall’altro progettare una decrescita della città. Gli smart village saranno tali solo se dotati di banda larga, produzione e distribuzione locale di energia alternativa, diminuzione dell’impatto ambientale nel settore alimentare (attraverso la valorizzazione della produzione locale del cibo), e mediante la diminuzione del consumo di suolo. Non costruire ex novo, quindi, ma piuttosto riqualificare ciò che già è presente nel luogo.

La rivitalizzazione delle aree rurali e delle comunità

La differenza tra smart village e smart city va però al di là del potenziale sostenibile e digitale. Risiede nella popolazione. Sì, perché il vantaggio dei paesi è proprio quello di contenere una comunità in grado di cooperare più facilmente rispetto a quella di una città. E questa è la più grande risorsa, se sfruttata bene.

Alle parole chiave ‘innovazione’ e ‘sostenibilità’ va aggiunta una terza, forse la più importante: ‘comunità partecipativa’. Esempi di smart village che all’estero si classificano come modelli da prima del Covid sono Vuolenkoski in Finlandia, Betzdorf-Gebbarshain in Germania e Mull & Lona in Scozia.

Tre paesi divenuti smart village diversi tra loro, ma con in comune l’intervento consapevole e virtuoso degli abitanti (insieme all’importanza dei fondi pubblici). Tra le iniziative principali adottate dai tre modelli su citati troviamo quelle di promuovere la riduzione dell’impatto ambientale, come nel caso del paese scozzese che ha acquistato un’idro-turbina in grado di generare energia elettrica per 280 abitazioni; il coinvolgimento delle scuole, come nel caso finlandese con l’organizzazione di laboratori e manifestazioni cittadine per creare senso di cooperazione e rivitalizzazione dei luoghi; in ultimo, il caso tedesco altrettanto importante per aver creato una piattaforma di negozi online i cui prodotti –provenienti dalle aziende locali –adottano un servizio di consegna a domicilio gestito da volontari.

I casi in Italia: Santa Flora (GR) rinasce con lo smart working

Santa Flora in provincia di Grosseto è un comune di circa 2600 abitanti, situato presso il Monte Amiata in Toscana. Il borgo, dal fascino tutto italiano, è dal 2020 uno smart working village grazie all’iniziativa promossa dall’amministrazione comunale. Il progetto ha infatti promosso incentivi sugli affitti e introdotto la banda larga nel paese, dando possibilità ai lavoratori di ripopolarlo e creare una nuova cittadinanza attiva.

La cultura innovativa del lavoro agile ha infatti avviato queste tipologie di recupero dell’urbanistica rurale, ma non solo. Come abbiamo visto l’anno scorso nasce un’idea di turismo nuova: il turismo degli smart worker.

Turismo in smart working e nuova economia

Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare molto di turismo lento e turismo in smart working. Entrambi sono nuovi modi di intendere il viaggio e la permanenza in luoghi da scoprire e riscoprire. Queste tipologie stanno letteralmente modificando il settore dell’accoglienza sotto vari aspetti. Inoltre si allacciano bene al concetto di rigenerazione urbana, portando popolazione ed economia in aree sottosviluppate o che hanno subito la deurbanizzazione. Importante è stato l‘intervento di mappatura dell’UNCEM ( Unione Nazionale Comuni e Comunità Enti Montani) che ha regalato al Paese la prima mappa completa dei borghi alpini e appenninici.

Grazie al turismo in smart working, aree come borghi e cittadine periferiche d’Italia hanno accolto lavoratori da remoto e rivalutato antichi casali e abitazioni d’epoca. Si parla dunque di smart village in termini vantaggiosi anche sotto questo aspetto.

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Martina Tolaro

Martina Tolaro

Martina Tolaro, curator ed editor freelance. Ho collaborato con imprese culturali creative nazionali e artisti internazionali. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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