I dati biometrici sono delle caratteristiche fisiche o comportamentali uniche che permettono l’identificazione automatica delle persone. Nell’era digitale il focus principale sta nel riconoscimento informatico biometrico al quale ognuno di noi è praticamente sottoposto quotidianamente. DNA, impronta digitale, riconoscimento del viso per lo sblocco dello smartphone, il timbro e la tonalità della voce per dare ordini ad Alexa o Siri, ne sono solo alcuni esempi.

Il più comune tra i dati biometrici

Uno dei dati biometrici più usati, da decenni ormai, è il riconoscimento facciale. Si tratta dello stesso parametro sul quale si basano le indagini delle forze dell’ordine nel mondo da oltre 150 anni. L’immagine del nostro viso viene continuamente catturata da foto e video per poi essere archiviata in database che in base alla geometria (biometria) ci identifica e memorizza. Esistono molte criticità legate all’utilizzo delle tecnologie del riconoscimento facciale come sostiene il Garante europeo della protezione dei dati, Wojciech Wiewiórowski. Non da ultimo anche l’assenza di una regolamentazione forte a riguardo.

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Per risolvere questi problemi nasce l’idea di produrre un tessuto in maglia che riproduce dei pattern i quali grazie a un algoritmo impediscono la raccolta dei dati biometrici di chi li indossa. Senza bisogno di coprirsi il viso.

L’idea di rendere invisibili i dati biometrici

A Rachele Didero, studentessa di fashion design, viene l’idea nel 2019 a New York e lo scorso anno la brevetta con il Politecnico di Milano. La tecnologia dei capi sviluppati da Cap_able permette di confondere l’algoritmo che permette il riconoscimento facciale in tempo reale. Chi indossa i vestiti con tale tecnologia non viene identificato come “persona”, bloccando quindi il processo di analisi biometrica fin dal principio.

Ovviamente non si tratta del mantello dell’invisibilità, infatti risulta inefficace contro i metodi che garantiscono la sicurezza pubblica che sono stati usati fino a oggi (es. metal detector e alle telecamere di sicurezza). Quindi non costituisce un problema per le forze dell’ordine che continuerebbero a riconoscere chi commette illeciti.

Dati biometrici come difenderli ‘vestendosi’

Un’immagine che mostra come funziona il test sulla tecnologia di schermatura dei dati biometrici.

La tecnologia in difesa dei dati biometrici

L’innovazione tecnologica di questo progetto sta nell’obiettivo di creare un sistema in grado di generare immagini (chiamate adversarial patches) lavorate a maglia che possono essere utilizzate per ingannare i rilevatori di persone. Questo progetto incorpora gli adversarial patches nella texture in modo da garantire una perfetta vestibilità, senza perdere la loro efficacia e fondendosi perfettamente con il corpo.

Il tessuto sviluppato da Cap_able è stato testato con YOLO, il più comune e veloce sistema di rilevamento di oggetti in tempo reale. Le persone che indossano questi capi non sono riconosciute come tali dal software che invece individua all’interno del tessuto gli animali.

La tecnologia alla base è studiata appositamente per capi in maglia realizzati con tessitura in jaquard, che permettono di elaborare pattern complessi dando volume all’immagine.

Dati biometrici come difenderli ‘vestendosi’

I capi della Collezione Manifesto.

Risvolti futuri della tecnologia

Il prossimo settembre è previsto il lancio di una campagna crowdfunding che finanzierà la produzione della Collezione Manifesto. All’inizio di questo 2022 il progetto ha ricevuto la Targa Giovani all’ADI Design Index. Recentemente selezionato per concorrere al prossimo premio Compasso d’Oro (giugno 2022). Un’innovazione tecnologica interessante che ha attirato l’attenzione anche di altri Paesi. Infatti sarà presente a Techtextil 2022 a Francoforte e all’International Conference on Applied Human Factors and Argonomics di New York.

“Crediamo fermamente che questo progetto possa essere un veicolo di sensibilizzazione sui temi legati alla protezione della privacy e dei diritti umani, come la libertà di espressione, di aggregazione, di movimento…” afferma la cofondatrice dell’azienda, Federica Busani. “Il nostro obiettivo è portare una maggiore consapevolezza anche in Italia e in paesi che ancora fanno fatica a comprendere l’importanza di affrontare conversazioni di questo tipo”, conclude.

Un passo importante nella tutela e nella privacy dei nostri dati biometrici. Così almeno potremo renderci ‘invisibili’ e qualora qualcuno volesse il nostro viso, potremo sempre scegliere di venderlo al miglior offerente, come fatto da un barista di Tel Aviv.

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Riccardo Pallotta

Riccardo Pallotta

Laureato in comunicazione e marketing con una tesi sul brand journalism. Attore e speaker radiofonico in Italia e all'estero. Social media manager. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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