Lo smart working cambierà il volto delle città. Una rivoluzione work in progress che sta già toccando realtà diverse. Vediamo quali.

La pandemia che ha caratterizzato l’ultimo anno, ha rivoluzionato il mondo del lavoro con un aumento considerevole dello smart working, che avrà un impatto notevole anche sullo spazio delle città. Infatti, il Covid ha portato a un utilizzo massiccio del telelavoro da parte delle aziende e della Pubblica Amministrazione. Anche la Commissione Europea si sta muovendo in questo senso. Il Commissario Europeo per il Bilancio e l’Amministrazione ha infatti annunciato che entro il 2030 è prevista la chiusura del 50% degli uffici UE a Bruxelles. Il diffondersi dello smart working, però, comporta anche un modo diverso di concepire lo spazio urbano. Città costruite a misura d’uomo. Pensate in base alle nuove esigenze di cittadini e smart workers.

Lo smart working alla Commissione Europea e non solo

La Commissione Europea programma di chiudere un numero significativo di uffici entro il 2030. L’obiettivo è rendere la città di Bruxelles più verde, sostenibile e digitale. Mantenere lo smart working anche dopo il Covid porta benessere ai lavoratori e porta a una nuova visione della città. Negli ultimi anni alcune realtà hanno già iniziato a introdurre lo smart working come una nuova forma di lavoro. Un esempio è dato dall’Inail, che nel 2018 ha implementato lo smart working e il processo di digitalizzazione. Con 9.000 dipendenti in digital working, l’Ente ha ridotto notevolmente i costi di gestione e allo stesso tempo ha riscontrato maggiore produttività e qualità nei servizi erogati. Inoltre, la qualità della vita dei dipendenti è migliorata sensibilmente. Flessibilità nell’orario e luogo di lavoro, più tempo libero e benessere, ma anche maggiore autonomia e responsabilità dei dipendenti.

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In quest’ottica si muove anche “La città dei 15 minuti”, di cui Roma è un modello.  Secondo questa filosofia ogni quartiere dovrebbe essere pensato, affinché i servizi basilari siano raggiungibili in 15 minuti. Educazione, salute, cibo, divertimento, lavoro e domicilio dovrebbero essere raggiungibili in un quarto d’ora. Grazie allo smart working si limitano gli spostamenti e il pendolarismo causato dal lavoro. La conseguenza è la necessità di ridisegnare lo spazio urbano e ripensare la politica edilizia. Infatti, uffici e edifici aziendali possono essere riconvertiti in spazi legati alla socialità, all’educazione e alla salute. Utilizzare gli spazi che rimarranno vuoti per potenziare la medicina territoriale risulta per esempio fondamentale in quest’ultimo anno legato alla pandemia. Inoltre, anche le abitazioni devono essere pensate e arredate secondo le nuove modalità di lavoro.

Esempi di smart working: Bucarest e il Sud Italia

Lo smart working può avere effetti positivi sulle città, che si basano sul fatto di ripensare lo spazio urbano, promuovere la digitalizzazione e la vivibilità. Secondo la classifica britannica di “Remote Working Index Report” la città migliore al mondo per lo smart working è Bucarest, capitale della Romania, pioniera nella creazione di spazi di co-working. Bucarest vanta una banda larga illimitata a un costo di 15,00 € al mese e un numero considerevole di aziende hi-tech. Infatti, molti professionisti che hanno studiato all’estero sono ritornati in patria per sfruttare le loro competenze. In questo senso, lo smart working si rivela anche una carta vincente per far ritornare in Italia molti dei nostri cervelli in fuga.

In quest’ottica è nato in Italia il progetto “South  working – Lavorare al Sud”, per promuovere lo smart working nei luoghi d’origine del sud Italia. Tra gli obbiettivi, la digitalizzazione del sud Italia e il ripopolamento di borghi e territori che spesso venivano abbandonati per la mancanza di opportunità di lavoro o servizi. Il progetto è positivo non solo per la nuova modalità di lavoro ma anche perché porta con sé nuove possibilità per le comunità locali. Con il ritorno dei lavoratori, si creano nuove opportunità di lavoro per i residenti e la necessità di potenziare i servizi. Una modalità di economia circolare che porta benessere fisico ed economico alle persone.

I benefici dello smart working e del cambiamento dello spazio urbano

Con il diffondersi dello smart working le città devono cambiare prospettiva. Non essere pensate per le auto, ma per le persone, per i loro cittadini. E’ necessario aumentare gli spazi verdi, le piste ciclabili, i percorsi pedonali. La conseguenza diretta è una notevole riduzione dell’inquinamento dell’aria e acustico, meno traffico, meno stress e città più vivibili. I cittadini non vivrebbero più la città di corsa nel tragitto casa-lavoro. Le persone avrebbero la possibilità di riscoprire le città come turisti residenti. Inoltre, non va dimenticata l’opportunità di vivere lunghi periodi di smart working in vacanza, magari in piccoli borghi digitali per scoprire le bellezze nascoste e trascurate del proprio Paese.

La rivoluzione lavorativa permette di ridimensionare gli orari, i luoghi di lavoro e il tempo libero. Non ci sarebbero più zone residenziali, spesso in periferia, che vivono di notte e distretti del lavoro che si animano di giorno e la notte diventano spesso zone vuote e a rischio criminalità. La città diventerebbe un nuovo mondo inclusivo, da vivere in ogni momento della giornata. Un luogo a misura di bambini e famiglie, attento ai bisogni degli sportivi e degli anziani. Le città diventa sinonimo di benessere, dove al centro ci sono i suoi abitanti e i loro bisogni più veri. Una città digitale, con abitazioni pensate con nuovi spazi dedicati. Non luoghi di scontro, ma di incontro e contaminazione.

 

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Silvia Dallafior

Silvia Dallafior

Silvia Dallafior, amo viaggiare in luoghi insoliti e mi piace raccontarli su BuoneNotizie.it, dove frequento il laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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