Oltre 300 africani in Kenya hanno scelto di cacciare medaglie olimpiche piuttosto che leoni, in via di estinzione. Lo hanno fatto partecipando ai Giochi Olimpici Masai, che prendono il nome dalla  riserva vicino al Monte Kilimangiaro. I Giochi si sono conclusi il 10 dicembre 2022. In questo stesso giorno un Paese africano, il Marocco, entra per la prima volta in semifinale ai Mondiali di calcio Fifa Qatar 2022. Ovunque il mondo arabo ha festeggiato una vittoria che ispira le nuove generazioni. Così lo sport cambia l’Africa: dalle Olimpiadi Masai ai Mondiali in Qatar, che siano competizioni locali o globali, promuovendo l’inclusione sociale, la salvaguardia dell’ambiente e non solo.

Così lo sport cambia l’Africa in difesa dell’ambiente

Negli anni 70 del secolo scorso, solo in Kenya si contavano oltre 30.000 leoni. Oggi in tutto il continente africano, ne sono rimasti 23.000, poco più di 2.000 in Kenya, e la cifra sta diminuendo. Per questo nel 2012, i leader della comunità keniota e il gruppo di conservazione Big Life Foundation, organizzazione per la conservazione dell’ambiente, hanno creato le Olimpiadi Masai nella riserva di Kimana, vicino al Monte Kilimangiaro. A volte i leoni attaccano il bestiame, così la Fondazione assicura un risarcimento agli allevatori. Tom Hill, il co-fondatore di Big Life, assicura che:

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Le Olimpiadi Masai hanno ridotto l’uccisione dei leoni quasi a zero

Avvolti in costumi colorati e perline, i 160 partecipanti, tra cui 40 donne, hanno preso parte alla quinta edizione dell’evento, preferendo la corsa a cronometro alla caccia. Altre competizioni sono state adattate alle usanze locali: bastoni di legno conosciuti come ‘rungus’ e usati per allontanare le iene sono usati al posto dei dischi nei lanci.
Mutano così le tradizioni delle tribù locali. Per generazioni, i guerrieri Masai hanno dovuto uccidere un leone come parte del rito “Olamayio” per dimostrare le loro abilità, identificare i loro capi e attrarre fidanzate. Così lo sport cambia l’Africa, ma le Olimpiadi Masai non sono il solo esempio: ci sono anche i Mondiali in Qatar.
Olimpiadi Masari 2022-Kenya

Olimpiadi Masari 2022-Kenya

Dalle panchine per la salute alla convenzione contro i genocidi

Trentadue panchine sono state disseminate attorno ai Sette nuovi stadi sono stati costruiti a Doha e dintorni per ospitare le 64 partite della Coppa del mondo. Ognuna rappresenta una squadra che partecipa ai Mondiali in Qatar. Sono “panchine per la salute mentale” esportate dallo Zimbawe dove un professore di psichiatria, Dixon Chibanda, le ha installate nei parchi. Le persone si siedono e ricevono cure gratuite da parte di operatori sanitari laici, chiamati mbuya (nonne).

La panchina dell’amicizia ha contribuito a colmare una carenza di operatori sanitari professionali nello Zimbabwe, che ha solo 14 psichiatri, 150 psicologi clinici e meno di 500 infermieri psichiatrici al servizio di una popolazione di 16 milioni di persone.

Ma l’Africa usa lo sport anche contro il genocidio. Il Piano di gioco è un piano d’azione per contrastare l’incitamento all’odio attraverso l’impegno nello sport. Presentato dalle Nazioni Unite in occasione della Giornata Internazionale contro il genocidio, il 9 dicembre 2022, è un modo per sensibilizzare i Paesi Membri a sottoscrivere la Convenzione sulla prevenzione e punizione del crimine del genocidio. Su 193 Stati membri dell’ONU, 153 paesi di tutto il mondo hanno ratificato la Convenzione sul genocidio.In Africa, 18 si sono rifiutati. Così è lo sport il mezzo virale per destare le coscienze.

Un’Africa globalizzata ai Mondiali in Qatar

È un’Africa globalizzata e moderna quella che invece emerge nei Mondiali in Qatar e che usa lo sport per rilanciare la sua immagine.
Lo fa con il calciatore marocchino Sofiane Boufal che, dopo la vittoria contro il Portogallo, balla insieme con la madre in campo. Come spiega Ahmed Charai, consigliere di amministrazione del Consiglio Atlantico, quella immagine è simbolo di  integrazione, liberalismo e accettazione “di una identità stratificata, lievitata con la tolleranza, nel nostro mondo globalizzato“.
Il Marocco ha dovuto raggiungere un complicato equilibrio per la formazione della propria squadra. Nella nazionale molti sono i giocatori nati e vissuti in Olanda, Francia, Belgio e altre nazioni europee. Figli di immigrati cresciuti imparando i valori della tolleranza, lavorando a fianco di persone con fedi e lingue diverse.
La cooperazione tra calciatori nati e cresciuti in Marocco e i giocatori di nazionalità marocchina immigrati di seconda generazione è tutt’altro che scontata. Ai molti definiti “immigrati di seconda generazione” viene concessa la cittadinanza del paese dove si è nati a condizione di rinunciare al passaporto di provenienza dei genitori. Così molti atleti o professionisti afro-arabi di successo rescindono i legami con madri e padri. Ecco che quell’abbraccio in mondovisione diventa simbolo di inclusione e tolleranza.
La squadra del Marocco è la prima squadra afro-araba a portare l’Africa alle semifinali dei Mondiali di calcio 2022. Non ha portato la Coppa a casa, ma di certo ha segnato la storia.
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Anna Restivo

Anna Restivo

Editor e creator freelance nel motorismo sportivo e storico.  Ho collaborazioni in F1 dal 2014, passando anche dalla Motogp, e dal 2019 in manifestazioni di auto e moto d'epoca. Mi piace raccontare il motorismo e le sue connessioni con società, arte, ambiente, creando format e progetti. Attualmente collaboro con BuoneNotizie.it, grazie al quale ho avuto l'opportunità di conoscere il giornalismo costruttivo.

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