Il calcio abbandona uno dei cliché più radicati di sempre: se giochi non studi. Negli ultimi anni, infatti, la conciliazione fra sport e cultura ha sottolineato un fenomeno tanto in crescita quanto in rapida diffusione tra i professionisti.

Un vecchio cliché

Il gioco più popolare del pianeta si apre a nuovi orizzonti. Lo sport amato da quasi quattro miliardi di persone in tutto il globo, infatti, sembrerebbe aver imboccato una strada tanto inattesa quanto di rottura nei confronti del passato. Il vecchio cliché secondo cui, se giochi non studi, pare demolirsi di fronte a dati e numeri che evidenziano un contrario non troppo clamoroso. Il luogo comune dei “privilegiati in grado di saper dare solo due calci ad un pallone”, scompare dinnanzi ad un cambiamento che racconta di ragazzi intenti nell’approfondire il proprio sapere. In uno scenario esplicito, dopotutto, il movente implicito appare evidente: pensare anche al futuro.

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Ovviamente, a causa degli stipendi più bassi, la categoria italiana col più alto tasso di laureati e iscritti a un corso universitario è quella di Serie C. Eppure, l’analisi condotta dall’Associazione Italiana Calciatori nel 2022, ha portato alla luce numeri e dati che raccontano di un fenomeno in rapida espansione anche nelle categorie superiori del nostro movimento calcistico nazionale. Alla base di quest’evoluzione radicale, dopotutto, sembrerebbe esserci la consapevolezza della conoscenza. La ricerca di una sicurezza basata su un domani migliore, che passa attraverso lo studio, è forte come non mai. Il calcio, insomma, non è più solo terra di sportivi “ignoranti”.

I numeri dell’inversione di rotta

Volendo indagare ancor più nello specifico questo cambiamento epocale, sempre tenendo conto dei dati raccolti nell’analisi condotta dall’Associazione Italiana Calciatori nel 2022, troviamo il 4.8% dei calciatori in possesso di una laurea tra Serie A, B e C. Da queste statistiche, dunque, emerge come ogni squadra abbia almeno un laureato in rosa, e sommando coloro che hanno terminato il percorso universitario con quelli in procinto di farlo, ecco che il dato precedentemente citato sale al 16.2%. Insomma, un trend in netto aumento nonostante un cliché radicato nel percepito quotidiano.

Andando ancor più in profondità coi dati emersi dalla ricerca condotta dall’Associazione Italiana Calciatori nel 2022, scopriamo come il numero dei laureati in Serie A equivale al 2% totale dei calciatori presenti. Le scelte di studio, poi, sembrerebbero ricadere su corsi universitari come Economia o Scienze Motorie. Inoltre, la percentuale di giocatori professionisti iscritti a un corso di studio e facenti parte della massima categoria, raggiungerebbe il 5%. L’1.8%, tanto per avvalorare quanto detto poc’anzi, sarebbe iscritto appunto a Scienze Motorie, l’1.3% ad Economia, lo 0.9% a Scienze Politiche e lo 0.5% a Giurisprudenza e Sport Management.

Calcio e futuro

Per confutare in maniera diretta quanto discusso sino ad ora, giusto citare qualche esempio. Fra i professionisti in grado di conciliare calcio e studio, infatti, ecco Giorgio Chiellini e Giacomo Raspadori. L’ex capitano della Juventus e della Nazionale italiana, dopotutto, è tra i massimi esponenti di un trend in rapida crescita fra i professionisti del settore. Certi tabù, come ripetuto più volte, sono finalmente sfatati. I giocatori del nostro tempo, insomma, hanno preso coscienza di un domani non troppo lontano. Un futuro caratterizzato da una carriera post campo e contraddistinto dalla qualità del proprio bagaglio culturale.

Laureato in Economia e Commercio e in Business Administration con 110 e lode, Giorgio Chiellini è stato fra i primi a rendersi conto dell’importanza dello studio. Oltre al difensore dei Los Angeles FC, però, giusto citare anche Giacomo Raspadori. L’attaccante del Napoli infatti, già in possesso di un diploma di liceo scientifico, ha intrapreso un percorso universitario in Scienze Motorie. L’ennesimo capitolo, dunque, di una storia non più alternativa. La cultura, oramai, rappresenta un valore aggiunto anche nel calcio.

A ragion veduta, le dichiarazioni rilasciate dal classe 2000 qualche tempo fa a Rai Sport, delineano al meglio lo scenario: “Calcio e studio? Penso sia molto importante riuscire ad affiancare entrambe le cose. Anche se tutto va benissimo, la carriera del calciatore ha breve durata e bisogna avere qualcosa di pronto per il dopo. Come alleniamo i muscoli, infatti, bisogna allenare la mente. Credo possa andare tranquillamente di pari passo. Invito tutti i giovani che fanno come me, ad inseguire questo sogno e credere in entrambe le cose“. Insomma, il tabù del calciatore “ignorante” non è più accettabile. In una società come quella di oggi, la sicurezza di un futuro migliore passa attraverso lo studio. Studio che mette l’ignoranza in fuorigioco.

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Antonio Di Bello

Antonio Di Bello

Studente universitario con esperienze lavorative in ambito comunicativo e giornalistico. Amo raccontare tutto ciò che circonda il mondo del calcio, della pallavolo e della Formula Uno. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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