L’influencer marketing è un settore inflazionato a tal punto da essersi evoluto nel suo opposto: una fazione parallela di content creator che sconsigliano in rete prodotti e marchi. Come riporta Forbes, il deinfluencing è un trend in espansione, volto a esortare il pubblico all’evitare il consumo eccessivo. Il de-influencer punta a dissuadere dall’acquisto di prodotti in genere popolari e quotati online – ma che in realtà rischiano di non essere all’altezza delle aspettative – arrivando anche a proporre alternative. Innumerevoli persone infatti cadono vittime delle tendenze sui social media.

L’evoluzione delle strategie di marketing

Nel 1957 Vance Packard pubblicò un libro, “Persuasori occulti”, che aprì uno squarcio nelle coscienze dei consumatori sul potere condizionante dei media e marketing. Nel tempo, le strategie e le tattiche di marketing messe in atto dalle imprese hanno dovuto aggiornarsi. Perché non è più così facile per le aziende avere un approccio performante one-to-many (cosiddetto marketing di massa): i consumatori sono diventati diffidenti nei confronti del classico approccio pubblicitario. Dalla crisi del 2008 in poi, si è così materializzata la figura degli influencer. Se prima erano seguiti in primis per i consigli pratici su tendenze e prodotti da acquistare, oggi trattano temi della sfera personale e spirituale come la finanza personale, la politica, la spiritualità o la religione.

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Ne fa una trattazione approfondita Emily Hund nel suo recente saggio “The Influencer Industry: la ricerca dell’autenticità sui social media”. Dalle ultime espressioni del fenomeno, come i micro-influencer di LinkedIn su carriera e life balance o i guru relazionali che promettono di aiutare a ritrovare la polarità perduta nelle relazioni sentimentali, è ormai chiara una forma pervasiva a livello sociale di dette personalità.

 

Deinfluencing

Deinfluencing: il movimento contro il consumismo dell’influencer marketing

La saturazione del mercato dell’influencer marketing

Oggi, a distanza di un decennio dalla nascita dei primi blog, qualcuno si sta invece ribellando e sta diffondendo il nuovo verbo: è ora di “de-influenzarsi”, e cioè non cadere più vittima delle sponsorizzazioni aggressive. I numeri del fenomeno? 322,4 milioni. Ecco quante volte l’hashtag #deinfluencing è stato visualizzato su TikTok. I prodotti Olaplex, il Dior Lip Oil o il maglione con la bandiera americana di Ralph Lauren sono esempi di micro tendenze che hanno fatto sold out in poche ore per poi scomparire nel nulla nel giro di qualche settimana.

C’è però, un sottogruppo della nuova generazione di consumatori – più attenta all’impatto etico e ambientale dei propri acquisti – cerca di discostarsi da questo modello, dando così il via al contro-movimento del deinfluencing, autoproclamandosi antidoto al marketing iperaggressivo dell’app cinese. Una fazione di critici ha però accusato questo movimento di essere una banale azione di rebranding da parte dei creatori: sarebbero solo alla ricerca di un’immagine più autentica e fresca, più politically correct, in linea con il diffuso clima di attivismo incentrato su un consumo maggiormente consapevole e la sostenibilità.

@alyssastephanie

I love deinfluencing ❤️ #deinfluencing #deinfluencergang #cultproduct

♬ original sound – Alyssa ✨

 

Il controverso mondo dei dupe

Dupe sta per duplicato e per diversi aspetti questi rappresentano un’industria-ombra, il lato oscuro del deinfluencing. Se si considera che l’audience media del social in questione sono teenagers e giovani adulti – in genere non indipendenti economicamente o comunque con finanze limitate – ecco che si sviluppa la tendenza a cercare la copia a basso prezzo.

La cultura del duplicato non è una novità, viene fatta sotto gli occhi di tutti. È molto diffusa anche nel mondo della moda, dove giganti del fast fashion come Shein, Zara e Fashion Nova fabbricano e vendono imitazioni a basso costo dei marchi delle fashion week. La Gen Z rappresenta un bacino enorme di consumatori amanti dei micro-trend e delle estetiche di nicchia, ma non possedendo il potere d’acquisto necessario a comprare dei prodotti dai prezzi spesso gonfiati, sceglie di ricorrere dunque al controverso mercato parallelo dei dupes.

Tra aspetti positivi e negativi, il fenomeno del deinfluencing è ancora un movimento da scoprire: parallelamente a quello dell’influencing, che è in continua evoluzione, anche questo cambia e si evolve. Non resta che scoprire come i giovani e il mercato lo plasmeranno in futuro.

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Virginia Allegra Donnini

Virginia Allegra Donnini

Con un background di studi ed esperienze lavorative a cavallo tra economia, marketing e moda scrivo di tendenze, pop culture, lifestyle. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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