Il 3 maggio è la Giornata dell’informazione costruttiva: un diritto che non sempre viene rispettato, in primis dai media. Vediamo quali sono le conseguenze e come combattere la cattiva informazione.

I media fanno male alla salute

Ne avevamo il sospetto, ora ne abbiamo anche la certezza: i media fanno male alla salute, soprattutto quella mentale. Il modo in cui la maggior parte dei media (giornali, siti online, televisione, radio e social network) divulgano le notizie è dannoso per il nostro cervello. Assistiamo impotenti a una sfilata di notizie, una più catastrofica dell’altra, senza riuscire ad arrestare il flusso. Lo subiamo, anzi, passivamente facendo doomscrolling, scorrendo velocemente le informazioni via smartphone. Questa abitudine, unita al tono catastrofico con cui sono date le notizie, causa depressione, ansia e sfiducia nel futuro.

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Ora all’ansia causata dalle notizie sulla pandemia si è aggiunta anche quella dovuta alla guerra in Ucraina. I dati riferiti a questo fenomeno non sono ancora usciti, ma quelli legati alla pandemia sono allarmanti. Secondo una ricerca pubblicata su Lancet lo scorso ottobre, ci sarebbero almeno 53 milioni di casi in più di depressione maggiore causata dalla pandemia, con un aumento del 28%. I nuovi casi di disturbi d’ansia sono 76 milioni, con un aumento del 26% e sono anch’essi determinati dalla pandemia.

Nel nostro Paese i dati non sono più entusiasmanti: l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato i risultati di due studi, condotti tra il 2018 e il 2020. Il primo studio, condotto su 55.000 persone tra il 2018 e il 2020, mostra come il bimestre marzo-aprile 2020 avesse avuto un incremento di sintomi depressivi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel secondo studio, condotto su 5008 persone, l’88% di loro aveva dichiarato di aver sofferto di stress psicologico durante il lockdown e il 50% di depressione.

Questi dati sono da attribuirsi unicamente all’evento pandemico o i media hanno una qualche responsabilità?

Media, notizie e polarizzazione delle opinioni

La sensazione di impotenza che molti descrivono quando raccontano perché hanno smesso di leggere il giornale (-4,5% di lettori nel 2019 rispetto al 2018) è dovuta proprio al modo in cui i media raccontano le notizie. Non si cerca più di dare un’informazione costruttiva, oggettiva e imparziale e di mettere il lettore nelle condizioni di sviluppare una propria opinione. I giornalisti cercano, invece, di orientare le opinioni dei lettori, mandando implicitamente il messaggio “o sei con noi, o sei contro di noi”.

A questo si aggiunge il fatto che, da quando l’informazione passa soprattutto attraverso il web e i social, la velocità e i titoli ad effetto hanno sostituito la ricerca delle fonti e l’oggettività. Il risultato è che anche le grandi firme, spesso e volentieri, incappano in fake news o si fanno scappare titoloni allarmistici o gonfiati, per attrarre più click. A rimetterci, oltre alla salute mentale dei lettori, è l’informazione costruttiva: cosa fare per sconfiggere questa spirale di disinformazione che genera ansia?

Tutto deve partire da coloro che generano questo caos comunicativo, nel quale a fare le spese è l’informazione costruttiva: gli stessi giornalisti. L’ansia di arrivare per primi, di dare la notizia prima di chiunque altro e la tentazione di condire il tutto con un titolo ad effetto sono vizi che si trasferiscono direttamente dalla pagina all’inconscio del lettore. Come ha spiegato lo psicologo Alessandro Ciardi in questo articolo, chiunque ha diritto a un’informazione costruttiva, oggettiva e imparziale. La smania di arrivare per primi e di plasmare le opinioni dei lettori porta a deformare la realtà. Il giornalismo deve tornare a essere un esercizio di divulgazione, non un palcoscenico per l’ego di chi scrive.

Informazione costruttiva: si può fare

Anche i lettori possono tutelarsi in prima persona dall’ansia e dalla depressione causate dai media. Innanzitutto, è necessario rimanere strettamente ancorati alla realtà, come raccomanda la psicoterapeuta Elena Benvenuti. “Evitiamo la sovraesposizione a dati e notizie negative e cerchiamo di compensarle con notizie neutre o positive. Informarsi è importante, ma bisogna anche tutelarsi. Evitiamo di diventare noi stessi diffusori di cattive notizie e fake news e approcciamoci agli altri in maniera empatica”. Secondo la psicoterapeuta, è importante pensare a come diventare in qualche modo protagonisti e non più semplici spettatori passivi. “Informiamoci su come aiutare, sulle raccolte di cibo, vestiti e medicinali per la popolazione ucraina. Cercare soluzioni pratiche ci mette in uno stato di proattività positiva”.

Quando il doomscrolling e l’assuefazione ai social diventano una dipendenza, è utile imparare a governarla: ecco cosa consiglia il neuro scienziato Adam Gazzaley. “Dobbiamo stabilire quanto tempo dedicare alla lettura delle notizie, ovvero su cosa informarci e quando farlo. A questo punto, pianifichiamo la giornata, magari organizzandoci con reminder o notifiche. Ci si sente da subito meno oppressi dal bisogno di leggere le news e più in equilibrio con noi stessi e in controllo delle nostre giornate”. 

Per sfuggire ai meccanismi polarizzanti e fruire di un’informazione il più possibile costruttiva è importante sviluppare una sorta di “filtro mentale”. Prediligere soprattutto i siti o i giornali che forniscono molti dati, in modo da analizzare le notizie da una prospettiva il più possibile oggettiva. Nel confronto con gli altri, soprattutto a mezzo social, utilizzare un tono conciliante e aperto al dialogo anziché il cosiddetto “lessico da guerra”, come spiega Alessandro Ciardi in questo articolo. Fondamentale, sia per i giornalisti che per i lettori, è domandarsi sempre quali possono essere le soluzioni, stimolando la ricerca e l’elaborazione di contenuti costruttivi. L’informazione costruttiva è necessaria e possibile: dobbiamo solo chiederci, come giornalisti e come lettori, se è ciò che realmente vogliamo.

Questo articolo è stato scritto per la Giornata Nazionale dell’Informazione Costruttiva 2022 #GNIC2022

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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