Finita la settimana della Fashion Revolution (la settimana della moda a favore della sostenibilità e dell’etica) il movimento in realtà non si ferma. A Milano, il 5 maggio, presso il D-house, si terrà un’altra manifestazione: il FashRev Lab. Voluto da Fashion Revolution Italia, l’evento ha l’obiettivo di poter interagire con i designer impegnati nell’applicazione di alcune delle tecnologie più avanzate nel settore tessile.

All’inaugurazione della manifestazione saranno presenti la senatrice Emma Pavanelli, membro della Commissione Ambiente e Marina Spadafora, coordinatrice di Fashion Revolution Italia. Verranno presentati i recenti sviluppi avvenuti in ambito legislativo per garantire la giustizia sociale e ambientale nel settore moda e sugli obiettivi raggiunti con le campagne Fashion Revolution.

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Fashion Revolution Week è andata in scena dal 18 al 24 aprile 2022 in 92 Paesi. Evento annuale più importante dedicato alla moda sostenibile, il suo scopo è quello di sensibilizzare il maggior numero di persone sull’importanza di una moda più rispettosa del pianeta e delle persone, mettendo un freno alla sua insostenibilità e ai dannosi avvenimenti di cui è responsabile il comparto tessile nei confronti dei suoi lavoratori.

Fashion Revolution Week: i dettagli dell’edizione 2022

Si è da poco conclusa la nona edizione della Fashion Revolution Week. Il motto di quest’anno è “Money fashion power”. Secondo Fashion Revolution, non può esistere una moda sostenibile senza una retribuzione equa.

Con questo messaggio si è voluto sottolineare, denunciare, ma anche ricordare che, nell’industria tradizionale della moda, il potere e il profitto prevalgono su tutto e sono a vantaggio di pochi. In questo modo la salvaguardia dell’ambiente e la garanzia di un luogo di lavoro sicuro per i dipendenti pagati con un salario minimo, passano in secondo piano.

Le giornate della manifestazione sono state caratterizzate da numerosi eventi in varie città. A Bergamo si è discusso se il colore naturale possa essere un’alternativa valida per una produzione più ecocompatibile. Roma ha ospitato invece la sfilata della Cooperative Collection di On Earth che unisce diverse realtà italiane produttrici di capi nel rispetto degli individui e dell’ambiente.

A Firenze è stato invece pianificato un workshop per imparare a fare un orlo senza l’utilizzo della macchina da cucire. Infine a Napoli l’Accademia di Belle Arti di Napoli ha organizzato un incontro per sensibilizzare studenti universitari, docenti e politici, cittadini e rappresentanti del comparto moda sull’impatto che la moda provoca sull’ambiente e su come contrastare il fast fashion.

La nascita della Fashion Revolution Week

La Fashion Revolution Week, come dicevamo, rappresenta la settimana della moda a favore della sostenibilità e dell’etica nel settore del tessile. L’evento, alla nona edizione, ha lo scopo di diffondere i valori del rispetto del pianeta e di tutti i lavoratori coinvolti nella filiera.

La manifestazione è nata dopo la tragedia del Rana Plaza, avvenuta a Dacca, in Bangladesh, il 24 aprile 2013. Il crollo strutturale del fabbricato, sede di note aziende tessili, ha comportato 1.134 vittime e 2.515 feriti. A seguito del  drammatico incidente, sono venute alla luce le condizioni disumane dei dipendenti locali costretti a ritmi di produzione incessanti. Condizioni dettate dalla necessità di ridurre i costi e aumentare la produzione nonché i margini di profitto.

 

Fashion Revolution Week

Laboratorio che utilizza tessuti ecosostenibili

Gli obiettivi del movimento Fashion Revolution per una moda sostenibile

A seguito del tragico evento, Orsola de Castro e Carry Somers hanno fondato il movimento di Fashion Revolution  per poi istituire il Fashion Revolution Day. Ogni anno viene celebrato nella data del giorno del disastro per commemorare le vittime. La manifestazione è stata poi estesa a una settimana per sensibilizzare ancora di più aziende e consumatori in merito alla necessità di una moda più sostenibile. Tanti gli eventi in programma accomunati dallo slogan: “Chi ha fatto i miei vestiti?”

Le aziende del settore moda devono cambiare la relazione con il cliente attraverso un’informazione che permetta di conoscere le origini del capo che acquisterà e restituire così dignità alla catena produttiva.

Marina Spadafora, coordinatrice di Fashion Revolution Italia ha sottolineato, durante l’intervista rilasciata a Teleambiente.it, come i dipendenti della filiera del fashion abbiano un salario molto basso, oltre a non avere una garanzia di sicurezza e neanche di contratto nel luogo di lavoro.

In più Spadafora ha precisato che sono i grandi marchi che si riforniscono dai produttori nei paesi più poveri a dover chiedere loro di garantire paghe più alte ai propri dipendenti.

Il nemico della moda sostenibile: il fenomeno del fast fashion

Dagli anni 2000 a oggi la produzione delle aziende tessili è aumentata in maniera esponenziale superando la crescita della popolazione mondiale. In parallelo a eventi come quello della Fashion Revolution Week a sostegno della causa etico ambientale, il fenomeno del fast fashion continua a essere diffuso. Si tratta della moda veloce, imposta dalle grandi catene di abbigliamento che propongono collezioni low cost a cadenza settimanale.

A questo si aggiunge lo shopping online che abbatte i costi sia del personale sia dei locali. Questo permette ai colossi del settore di spedire i propri abiti ovunque, raggiungendo così un numero sempre più elevato di consumatori.

Seconda industria più inquinante, il settore d’abbigliamento risulta essere responsabile di circa l’8-10 per cento delle emissioni globali con 190mila tonnellate di gas serra, contribuendo all’accumulo di oltre un terzo delle microplastiche negli oceani. Inoltre l’industria del fast fashion provoca il 20 per cento della contaminazione industriale dell’acqua in tutto il pianeta e genera più di 92mila tonnellate annue di rifiuti tessili, considerando anche gli abiti invenduti.

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Elisabetta Majocchi

Elisabetta Majocchi

Elisabetta Majocchi, laureata in Informazione ed Editoria ho collaborato con testate scrivendo di cultura, costume e società. Appassionata di attualità, politica e sostenibilità, oggi scrivo per BuoneNotizie.it grazie al Laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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