Il benessere fisico della musicoterapia attraverso la musica classica.

Il campo che gravita intorno alla salute dell’individuo si allarga man mano che aumentano le nostre conoscenze sul funzionamento del corpo umano. La musicoterapia si inserisce nell’indagine del rapporto tra l’individuo e la musica in maniera attiva (quando il soggetto “fa musica”) o passiva (con l’ascolto). Molti input, scambi chimici e molecolari vengono regolati dal cervello ed è in questo step che l’ascolto della musica classica sembra incidere e produrre benefici di tipo psichico e fisico. La medicina si concentra sulla neurochimica della musica: attraverso precise vibrazioni, cioè, la musica riuscirebbe ad agire sulla chimica umana modificandone gli squilibri.

Gli effetti positivi più facilmente riscontrabili si riferiscono a patologie di ansia, stress e insonnia. In questo caso, a fare la differenza sarebbe la produzione dell’ossitocina (ormone riconducibile a una sensazione di relax) e la riduzione di cortisolo (ormone dello stress). Non solo, ma è stato rilevato anche un miglioramento del sistema immunitario grazie all’aumento dell’immunoglobulina A. L’ascolto produrrebbe parallelamente un aumento dei linfociti, fondamentali per combattere “minacce esterne”.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Un antidolorifico a portata d’orecchio

Interessante è il contributo che la musicoterapia riesce a dare in veste di antidolorifico. In alcune cliniche viene usata per ridurre la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e i livelli di intensità del dolore di oltre il 50%. L’ascolto di un brano classico si configura così come un’ottima alternativa agli oppioidi e una strategia per ridurre l’uso di farmaci più forti.

Una ricerca dell’Università dello Utah, negli Stati Uniti, avanza questi risultati ma non fornisce reali spiegazioni su come avvenga il fenomeno. Una delle ipotesi riflette sul fatto che i brani di Mozart coinvolgano il tono parasimpatico, i livelli di cortisolo, le citochine pro-infiammatorie, il sistema dopaminergico e i recettori oppioidi. Tutte aree che intervengono nel regolare la percezione del dolore fisico.

La musica come chiave per la memoria nei malati di Alzheimer

La demenza porta via con estrema indifferenza parte dell’identità degli individui. La musicoterapia offre un approccio alternativo mirato principalmente a fissare i ricordi più importanti. Si legge di un Nietzsche che si ergeva a superuomo, forte e sicuro, ma anche di un filosofo affranto dalla demenza che nei momenti dedicati al pianoforte e all’ascolto della musica non tratteneva le lacrime e ritrovava se stesso.

A consigliare l’intervento della musicoterapia per migliorare le attività mnemoniche del cervello e ridurre i disturbi legati all’Alzheimer è stata l’American Accademy of Neurology nel 2001. Grazie agli studi condotti sono stati riconosciuti gli effetti benefici della musica classica nella riduzione dei sintomi depressivi e del carico assistenziale del caregiver per i malati di Alzheimer. Ha avuto esiti positivi anche per chi è affetto dal morbo di Parkinson fornendo uno stimolo emotivo positivo, riducendo la tensione e semplificando le attività motorie. Questo avviene perché il tempo della musica sconfigge il deficit di ritmo interno.

Musicoterapia: l’Effetto Mozart e Vivaldi

Ma i vantaggi di questo approccio nel campo della memoria non sono una novità. Erano già stati avanzati nel 1993 dai fisici Fran Rauscher e Gordon Shaw con il rinomato Effetto Mozart. Secondo questo studio, le melodie del genio musicale interverrebbero nella creazione di nuove sinapsi (connessioni neurali). Ciò favorirebbe l’apprendimento, il ragionamento spazio-temporale e il decorso di vari disturbi neurodegenerativi.

L’Effetto Vivaldi invece concerne soltanto la memoria. Le opere del noto compositore si basano spesso su un ritmo di 60 battiti al minuto. La musicoterapia in questo caso si avvale proprio di questo andamento tranquillo, che aiuterebbe l’attivazione simultanea dell’emisfero destro e sinistro del cervello. Nel momento del riascolto dovrebbero anche tornare alla mente le informazioni recepite durante il primo ascolto.

Leggi anche:

Studiare musica: un antidoto contro la dislessia

La musica fa bene a tutti. Perfino alla birra

Alzheimer: la poesia può riaccendere i ricordi

Naturopatia per la felicità, il benessere va oltre il corpo

Condividi su:
Mara Auricchio

Mara Auricchio

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici