La consapevolezza dei benefici derivanti dal legame uomo-animale è nota dal 1750 circa, secolo in cui hanno visto la luce alcune forme embrionali di interventi assistiti con gli animali (I.A.A.), più comunemente noti come Pet Therapy. Gli I.A.A., così come sostenuto dal Ministero della Salute, hanno “valenza terapeutica, riabilitativa, educativa e ludico-ricreativa e prevedono l’impiego di animali domestici (pet); le specie maggiormente impiegate sono: cane, cavallo, asino, coniglio e gatto“.

Cosa sono gli Interventi Assistiti con gli Animali e come sono nati?

Gli Interventi Assistiti con gli Animali sono interventi rivolti principalmente a persone in situazioni di disagio o handicap che, grazie all’inserimento in equipe della figura dell’animale con il suo conduttore, permettono agli operatori (psicologi, psicomotricisti, logopedisti, medici, insegnanti, educatori…) di sfruttare l’apertura di canali emozionali preferenziali nei fruitori per rendere più efficace la loro azione.

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Dal 1700-1800, quando furono realizzati i primi progetti con i cavalli rivolti a persone con difficoltà, le attività proseguirono con ricerche ed esperimenti informali sulla riduzione dei livelli di ansia e stress nei pazienti psichiatrici, fino a che nel 1953 il dottor Boris Levinson, neuropsichiatra infantile, osservò che la maggior parte dei suoi giovani pazienti sembrava essere molto più propensa a relazionarsi con il suo cane, presente durante le sedute, piuttosto che con lui. Da qui, ebbe la grande intuizione di comprendere che se il cane, o altri animali, possono aprire un canale di relazione, è importante coglierlo ed entrarci con delicatezza.

Interventi assistiti con gli animali: la relazione al centro

La formalizzazione degli Interventi Assistiti con gli Animali

Ci vollero decenni affinché il mondo scientifico avallasse queste scoperte, che portarono poi al riconoscimento dei programmi assistiti quali parte integrante delle odierne pratiche terapeutiche. Nel 1981 fu fondata negli USA la Delta Society, Associazione di riferimento per gli I.A.A. In Italia solo nel 2009 venne istituito il Centro di Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali e Pet Therapy con successiva approvazione delle “Linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (I.A.A.)”.

Il valore degli I.A.A. e alcuni fraintendimenti

C’è qualcosa però che oggi crea confusione e difficoltà nel proporre e utilizzare gli I.A.A. in maniera corretta. “Che l’animale faccia bene quando è vicino a noi perché ci rilassa, perché è bello vederlo…tutto questo è un conto, ma da qui, pensare che questo possa migliorare le nostre condizioni di vita, è un errore. È importante che all’interno dei programmi assistiti, ci siano delle equipe multidisciplinari strutturate, con operatori specializzati, perché sono loro che avendo le competenze, sono in grado di migliorare le condizioni di vita della persona. Non è l’animale che fa miracoli, è la relazione che si andrà a stabilire tra il fruitore e l’animale a fare la differenza”, sottolinea Marcello Galimberti, conduttore, formatore I.A.A. e Presidente di AIUCA, Associazione che si occupa da oltre 30 anni di I.A.A., di istruzione degli animali e del pet partner.

Il valore portato dagli animali negli Interventi Assistiti con gli Animali – continua Galimberti – sta nella spontaneità, elemento essenziale per far emergere tutti gli aspetti positivi che nascono in una relazione non manipolata tra uomo e animale”.

Interventi assistiti con gli animali: la relazione al centro

Un’equipe formata fa la differenza: la figura del conduttore

Le figure che partecipano ai programmi assistiti devono essere formate in maniera professionale. Si tratta di un lavoro d’equipe, dove ognuno deve essere in grado di mantenere il proprio ruolo. Il conduttore è colui che ha la responsabilità della gestione dell’animale coinvolto in un programma assistito e deve fare una formazione specifica riferita alla specie con la quale vuole lavorare e imparare a conoscere e gestire molto bene il proprio animale. “Tra i compiti più difficili – spiega Galimberti – c’è quello di accettare il proprio animale per quello che è, uscendo dal giudizio buono o cattivo. Non ci sono animali buoni o cattivi, è il contesto a fare la differenza”.

Il conduttore deve favorire l’interazione tra animale e utente, che può avvenire nel momento in cui l’animale è sereno e rilassato. “I benefici nella relazione con l’animale e quindi anche in un intervento assistito – continua Galimberti – non nascono dal perché l’animale fa qualcosa, ma perché l’animale è qualcosa”. L’animale non è critico, ci accetta per quello che siamo e non avendo pregiudizi è molto più diretto nella relazione. “L’animale non guarisce, ma crea una situazione tale da permettere all’operatore di poter intervenire attraverso canali empatici privilegiati”.

L’importanza della comunicazione e della relazione

Spesso oggi l’animale domestico si trova a ricoprire un ruolo che non gli spetterebbe, ovvero quello di compensare mancanze e difficoltà che viviamo con noi stessi e nei rapporti; capita così di travisare frequentemente i comportamenti degli animali in cerca di conferme e rassicurazioni rispetto ai nostri stati d’animo. “Comprendere l’indole dell’animale e le dinamiche del suo modo di comunicare è essenziale – spiega Galimberti – nel momento in cui non comprendiamo la comunicazione, non comprendiamo quello che è lo stato d’animo dell’animale e quindi tutto si sposta sul piano dell’interpretazione personale”.

Un’azione fondamentale di sensibilizzazione potrebbe essere quella di integrare queste tematiche nei percorsi scolastici: “la formazione sul comportamento degli animali e sulle sfumature delle relazioni, dovrebbe rientrare ufficialmente nei programmi educativi fin dall’asilo, proprio per renderci conto di quanto siamo diversi l’uno dall’altro e abituarci a non pensare che l’uomo sia al centro del mondo”. Un discorso oggi molto diffuso, ma forse non ancora interiorizzato.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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