Le nuove tecnologie hanno dato origine a un inedito ecosistema che richiede l’acquisizione di nuove consapevolezze e competenze digitali che associazioni e istituzioni promuovono e diffondono. La competenza digitale, stando a quanto affermano i documenti dell’Unione Europea, “consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC (n.d.r. Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione)“.

In questi anni, è cresciuta l’attenzione di governi e opinione pubblica verso i temi del digitale. Nel 2021, i dati forniti da Eurostat in materia di competenze digitali di base segnano un miglioramento per l’Italia, sulla base della media europea, di otto punti percentuali in più rispetto al 2019.

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Competenze per lo sviluppo della cittadinanza e della persona

Inserite dall’Unione Europea, nel 2006, tra le otto competenze chiavi, le competenze digitali sono ritenute fondamentali per lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Nel 2017 l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), le ha suddivise in tre livelli: competenze digitali di base,  specialistiche, di e-leadership. Attualmente il 46% della popolazione italiana possiede almeno quelle di base.

Negli ultimi anni, l’Italia ha sviluppato una serie di iniziative sul fronte del digitale, sforzi che sono stati incentivati anche dalla Strategia nazionale per le competenze digitali e che sono confluiti, poi, nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). È sempre più evidente che l’impegno della politica necessita anche della spinta di movimenti che dal basso animano la vita sociale e culturale delle realtà locali. L’esigenza è quella di intrecciare le istanze che provengono dal mondo istituzionale, dell’impresa e dei cittadini, così come suggerito durante il Digital Ethics Forum promosso da Sloweb.

Nonostante l’attuale interesse per le competenze digitali, resta il problema del digital divide, cioè del gap tra le diverse fasce della popolazione circa l’accesso alle nuove tecnologie dovuto a motivi generazionali, linguistici e culturali, di accessibilità e sociali. Secondo il Desi – The Digital Economy and Society Index – l’Italia è tra gli ultimi Paesi per competenze digitali, ma pian piano sta colmando il divario rispetto alla media europea.

Dalla competenza alla consapevolezza

Tuttavia, non basta essere competenti, è necessario anche essere consapevoli: lo sviluppo delle competenze digitali non si riduce all’acquisizione delle cosiddette hard skill, abilità tecniche, ma necessita di una continua presa di coscienza delle implicazioni dell’utilizzo della tecnologia.

Il World Economic Forum del 2016 ne ha individuate otto. Prima, essere consapevoli della propria presenza online, gestire la propria reputazione (in gergo web reputation) e tutto ciò che contribuisce a formare la digital identity. Seconda, la capacità di utilizzare dispositivi e sistemi differenti, definita come digital use. Terza, la digital safety, consiste nell’abilità di riconoscere ed evitare i rischi connessi all’uso del web, come il cyberbullismo, la radicalizzazione, la violenza e la pornografia.

Un aspetto molto importante è tutto ciò che è connesso alla digital security, cioè ai pericoli di hacking, truffe, malware e sicurezza, per comprendere come proteggere i propri dati e i propri device. Si parla anche di empatia digitale o digital emotional intelligence, cioè lo sviluppo dell’intelligenza emotiva che permette di approcciarsi con consapevolezza all’altro anche dietro ad uno schermo. Tra le competenze digitali da acquisire rientra anche la stessa capacità di comunicare, collaborare e farsi capire attraverso l’uso di tecnologia e media.

Molto importanti sono gli aspetti legati all’alfabetizzazione digitale, cioè la capacità di trovare informazioni on line, valutarne la credibilità, creare propri contenuti e condividerli nel modo migliore. Per concludere, non va dimenticato tutto ciò che riguarda i diritti digitali connessi alla libertà di parola e di pensiero, la tutela della privacy, della proprietà intellettuale e dell’ancora discusso diritto all’oblio.

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Giacomo Capodivento

Giacomo Capodivento

Insegno religione dal 2012. Laureato in Comunicazione e Marketing e studente in Comunicazione e innovazione digitale. Per me occuparmi di comunicazione è una questione politica. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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