Qual è l’impatto della pandemia sulla Gig Economy? L’ultima sentenza del tribunale di Torino riflette una linea di tendenza mondiale.

E’ recente la notizia della causa vinta da 10 rider di Uber Eats contro il colosso del delivery. Stiamo parlando della Gig Economy, un termine che riunisce tutti quei lavori non “tradizionali” e quasi non regolamentati, come per l’appunto i rider. Il tribunale del lavoro di Torino ha loro riconosciuto un rapporto lavorativo di tipo subordinato. La società citata in giudizio è collegata a Uber Italy, che ora dovrà versare a ciascuno dei 10 rider il totale della retribuzione e delle indennità relative al periodo di assunzione.

Cos’è la Gig Economy e quali lavori comprende?

Siamo nell’era del digitale. Per Gig Economy si intendono tutti quei contesti lavorativi che si basano sulla figura del freelance, con o senza l’uso di un’applicazione. Si pensa comunemente ai rider, ma in realtà entrano in questa categoria tutti i lavoratori autonomi senza orari prestabiliti, anche con diverse competenze professionali.

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La Gig Economy abbraccia svariati settori: dal rider ai fattorini del food delivery, dai traduttori (senza contratto stabile, ma a chiamata) ai dog sitter, dagli avvocati a chi si occupa di telemedicina e così via.

Negli anni del Covid-19, l’istituzione di tante restrizioni (in special modo durante il lockdown) ha portato a una proliferazione della Gig Economy alimentando anche il dibattito sulla tutela di questa tipologia di lavoratori. Non esiste ancora un preciso inquadramento professionale, trattandosi di ruoli non “tradizionali”.

L’impatto della pandemia sulla Gig Economy.

Molte persone hanno perso il proprio lavoro a causa della pandemia e delle conseguenti restrizioni. In molti hanno quindi cercato di trovare nuove fonti di reddito lavorando a distanza. Dal diffondersi di questo modello lavorativo, è nata l’esigenza di una regolamentazione in tutto il mondo.

I governi, le autorità e i tribunali del lavoro si sono occupati sinergicamente della questione cercando delle soluzioni di volta in volta. L’obiettivo è stato garantire una copertura minima in relazione alla salute, alla sicurezza e al trattamento economico. Riguardo agli stipendi, si è dovuto comunque tener conto di un approccio molto flessibile al lavoro, specialmente per quanto riguarda l’utilizzo delle piattaforme online.

Le azioni legislative in Italia e in Europa

A livello legislativo, fino ad ora, le riflessioni sono state portate avanti anche in Europa. In Spagna, ad esempio, esiste una rider-law che inquadra i corrieri come dipendenti ordinari. Invece in Inghilterra i lavoratori della Gig Economy beneficiano solo di una porzione delle tutele complessive dei dipendenti. Lo scorso aprile l’America di Biden ha fissato il minimum wage a 15 dollari all’ora per gli appaltatori federali.

Intanto a Bruxelles la Commissione Europea comincia ad intavolare un dibattito sulla regolamentazione di un salario minimo nel campo della Gig Economy. Una direttiva nazionale risolverebbe diversi problemi creando un canovaccio comune a tutte le nazioni europee e garantendo una migliore sostenibilità sociale di questa nuova forma organizzativa del lavoro.

Per l’Italia l’importanza di una direttiva non si riferisce tanto al rapporto tra tariffa e paga oraria, ma all’estensione dei diritti normativi. Si pensa quindi alla protezione previdenziale, malattia, ferie, discriminazioni, trasparenza per quanto concerne gli algoritmi ecc.

La posizione della legislazione italiana in merito.

In Italia la questione è di più recente portata e la Cgil si dichiara in attesa di una linea guida europea a riguardo. Per adesso il verdetto del tribunale di Torino nei confronti dei 10 rider di Uber Eats è sicuramente un passo importante verso la tutela del lavoratore.

Attualmente, a seconda delle effettive modalità di lavoro, nella Gig Economy i lavoratori sono classificati come subordinati o collaboratori etero-organizzati. Nel primo caso rientra chi utilizza piattaforme su ordine di un datore di lavoro. Il secondo caso riguarda chi assicura prestazioni continuative, personali e organizzate dal committente (può anche trattarsi direttamente di una piattaforma digitale).

Ecco che i corrieri vengono considerati lavoratori subordinati, con tutti i benefici e le tutele del caso. Ciò vale anche per i corrieri autonomi, che decidono spontaneamente se, quando e come lavorare, avendo come unica limitazione il dover garantire al committente la prestazione richiesta. Tra i diritti del lavoratore subordinato della Gig Economy, dovrebbe rientrare quindi anche un compenso minimo, l’assicurazione obbligatoria contro gli incidenti sul lavoro e altre tutele inerenti la sicurezza.

Il dibattito però è ancora aperto e la regolamentazione è in stato embrionale. Si tratta d’altronde di un settore ancora in evoluzione ed espansione.

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Mara Auricchio

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