Il welfare di comunità è un modello di sviluppo locale, basato su azioni che hanno come protagonisti soggetti diversi dalle istituzioni pubbliche, grazie all’intervento di privati ma soprattutto di reti amicali, familiari e associazioni intermedie. Lo scopo è quello di creare coesione sociale e promuovere un’etica della responsabilità e sviluppare il senso della comunità.

Welfare. A che punto siamo?

Il sistema di welfare, che coinvolge particolarmente il Terzo Settore, è in continua evoluzione.  Il “Bilancio di welfare delle famiglie italiane 2022” elaborato da Cerved, rileva che nel 2021 è cresciuto il numero di famiglie che ha rinunciato a misure di assistenza, sanitaria o sociale. Sebbene il dibattito pubblico identifichi le cause nelle difficoltà economiche delle famiglie o all’eccessivo costo delle prestazioni disponibili sul mercato, la verità potrebbe essere un’altra come evidenzia Ezio Manzini, Presidente della DESIS, network dedicato al design per l’innovazione sociale e la sostenibilità.

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Secondo l’esperto, all’origine può esserci un vuoto di offerta rispetto ai bisogni delle famiglie e il luoghi in cui vivono, carenza che il welfare di comunità aiuterebbe a colmare. Ad esempio le persone anziane e bisognose di aiuto queste preferiscono restare nel loro contesto domestico, piuttosto che spostarsi per usufruire di servizi assistenziali. Questo perché il loro domicilio è l’insieme di una serie di elementi – rapporti, conoscenze, affetti – che infonde sicurezza e favorisce la qualità della vita, ragion per cui è difficile sperarsene.

Il fattore distanza cesserebbe di essere un problema in un sistema di welfare di comunità: per realizzarlo è necessario innanzi tutto creare comunità, in primo luogo attraverso il riavvicinamento tra servizi e persone in una determinata area locale. Successivamente bisogna creare le opportunità affinché le persone possano riavvicinarsi, incontrarsi e dialogare. Infine bisogna rafforzare il rapporto con il territorio dove si radicano le interazioni tra individui e la cui prossimità è all’origine di qualsiasi processo di innovazione sociale.

Welfare di comunità tra turismo, sport e condivisione

Esempi di welfare di comunità sono già attivi, come “La bottega del possibile” nata nel 1994 a Torre Pellice in provincia di Torino, proprio per diffondere la cultura della domiciliarità, ossia dei servizi erogati in funzione della nicchia ecologica che la propria abitazione è per l’individuo, fonte di serenità e sicurezza. Il cohousing sociale invece è una forma di abitazione condivisa per coniugare i vantaggi del vivere insieme e il sostegno in caso di bisogno, come nel caso del progetto “Ca.Za.” nato a Brindisi nel 2019.

Tra le buone pratiche c’è anche il turismo sociale portato avanti da gruppi che vogliono dar valore alle proprie realtà territoriali attraverso un’offerta di contenuti educativi, sociali, culturali ed esperienziali: è il caso della cooperativa “La Paranza” che, dal 2006, ha ridato speranza ad un quartiere difficile, come il Rione Sanità di Napoli, proprio attraverso la valorizzazione dei beni storico-artistici.

Forme di welfare di prossimità sono anche i servizi per il tempo libero come il “Calciosociale”, una“scuola di calcio nata nel 2005 che, attraverso le regole del gioco, promuove valori quali l’accoglienza, il rispetto della diversità e lo sviluppo della persona in quartieri dove dominava il degrado.

Questa presa di coscienza permetterebbe di generare risposte lì dove le istituzioni, anche per scarsità di mezzi a disposizione, non arrivano. Inoltre i rapporti di solidarietà e di reciprocità sono connessi alla produzione di beni relazionali, ossia che risiedono nelle relazioni interpersonali e che sono alla base della felicità condivisa e del bene comune. Il welfare di comunità è un nuovo orizzonte verso cui spiegare le vele dell’innovazione sociale.

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Giacomo Capodivento

Giacomo Capodivento

Insegno religione dal 2012. Laureato in Comunicazione e Marketing e studente in Comunicazione e innovazione digitale. Per me occuparmi di comunicazione è una questione politica. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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