Guardando al futuro, il food in Italia richiama tutte le questioni più complesse con cui fare i conti: la crisi delle materie prime, il cambiamento climatico, la sovrappopolazione mondiale.

Ci si domanda quindi che direzione prenderà nel 2023 uno dei due settori italiani più iconici, insieme alla moda. In quest’ottica, alcuni esperti dell’agroalimentare, in varie vesti, hanno delineato i trend da intercettare per l’anno che verrà in occasione dei Wired Trends 2023, il ciclo di incontri che Wired Italia organizza ogni anno in collaborazione con Ipsos.

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Il futuro del cibo secondo i consumatori

I dati presentati da Enrica Tiozzo, senior client officer Ipsos, rilevano alcuni “territori” da cui si delineano i trend – territorio, climate change, globalizzazione, salute, lifestyle – all’interno dei quali convivono direzioni plurali.

Vediamo qualche esempio. La metà del campione sceglie prodotti locali (57%) e quasi altrettanti vogliono variare e assaporare i sapori delle cucine internazionali (43%). Allo stesso modo, c’è una metà (46%) che acquista cibo sostenibile qualunque sia il costo contro un’altra (54%) che dichiara di acquistare ciò che può permettersi. La dicotomia tra locale e globale è in equilibrio: un ritorno al made in Italy dopo la pandemia per supportare l’economia italiana (82%) ma anche il desiderio del viaggio per gustare nuovi sapori, abituati dalla globalizzazione (73%).

Nuove tendenze anche sul fronte scienza e tecnologia: non solo quelle sfruttate in pandemia – app di food delivery, virtual cooking o elettrodomestici smart di cucina – ma anche adaptive food (cucina personalizzata  sul monitoraggio di alcuni valori) e le vertical farm, orti di agricoltura urbana per la raccolta intensiva di cibo primario. Questa soluzione è rivoluzionaria in ottica di approvvigionamento delle materie prime e poco impattanti: le serre indoor filtrano l’aria scacciando agenti nocivi e quindi non richiedono pesticidi e risparmiano il 90% dell’acqua.

Il trend più compatto sul food in Italia è sicuramente quello verso l’attenzione allo spreco (94%) e l’acquisto di prodotti che rispettino l’economia circolare (88%).

I food trend secondo le aziende

Antonio Cellie, amministratore delegato di Fiere di Parma, ha delineato le nuove tendenze dell’innovazione agroalimentare a partire da quanto emerso nella fiera CibusTec, dopo la recente edizione di ottobre scorso. Intanto un ritorno al passato, grazie alla ricerca della filiera corta; quindi modelli di approvvigionamento più discontinui ma prossimi. Si registra inoltre il trend di sostituire alla vecchia “produzione massiva”, piccoli cicli di produzione ottimizzati per privilegiare prodotti customizzati, ovvero riadattati sulle esigenze del consumatore. Non a caso, “il prossimo CibusTec si dedicherà proprio a come ridurre i consumi durante il ciclo produttivo, attraverso ad esempio le macchine termiche”, aggiunge Cellie.

All’adattamento climatico del settore sarà dedicato il prossimo appuntamento, a marzo 2023. Infatti l’esposizione di Cibus Connecting Italy metterà per la prima volta al centro l’ortofrutta, ragionando sulle varietà ortofrutticole che potranno resistere al cambiamento climatico e come, grazie alle nuove tecnologie. A tal proposito, il contributo della scienza è fondamentale ma potrebbe essere più ampio.

L’innovazione genetica del food in Italia

“Da circa dieci anni circolano sempre più tecniche di miglioramento genetico”, assicura la ricercatrice della Statale di Milano Vittoria Brambilla. Il genome editing, così viene definita la pratica per modificare dei tratti molto circoscritti di geni nelle specie vegetali, consentirebbe di avere piante resistenti ai patogeni naturali, che non necessitano di agrofarmaci e dunque fanno meglio alla nostra salute e al nostro ambiente.

La tecnica più famosa e accessibile, anche in termini economici, è la Crispr-Cas, che sfrutta gli strumenti del sistema immunitario dei batteri per modificare il Dna, potenzialmente di qualsiasi organismo, e prevenirne o curarne le malattie. Il limite materiale però è il vuoto nella legislazione europea, che a oggi è ferma e assimila il genome editing agli Ogm, entrambi vietati in Italia. “Le norme andrebbero differenziate, posto che gli Ogm non hanno mai creato problemi di salute documentati alle persone. C’è un preconcetto figlio delle campagne mediatiche di inizio anni duemila in cui è stata fatta disinformazione”, conclude Brambilla.

Un esempio concreto di quanto si svolge all’estero lo racconta Antonio Grifoni del Ventures team di Plug and Play Italy, del settore foodtech: “Produrre proteine alternative con la fermentazione micellare, che riproduce il contenuto proteico e la consistenza della carne, o la tecnica del molecular farming, diffusa in Israele, in cui si modificano geneticamente le piante di patate per dar vita a nuove proteine arricchite”. Ancora, la carne sintetica prodotta da Umami Meats a Singapore, una delle start up di Plug and Play, che investe sulla scalabilità di questi modelli di business.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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